Maggio 2014


“In merito a quanto accaduto all’Olimpico sabato sera, volevamo esprimere il nostro dispiacere per la situazione di tensione creatasi in Curva Sud e per non aver incitato la squadra come meritava. Ci è oltretutto costato tantissimo non mettere in scena la spettacolare coreografia che avevamo accuratamente preparato durante tutto il pomeriggio; poteva essere una bella serata per tutti, così non è stato. Il clima allo stadio era surreale, le comunicazioni interrotte e tutto ci potevamo aspettare tranne che una sparatoria di cui abbiamo faticato a capire la dinamica. Ci sono giunte informazioni confuse e distorte, abbiamo dovuto decidere in fretta e abbiamo valutato male la situazione che in seguito ci è sfuggita di mano. Noi ci siamo sempre presi le nostre responsabilità e lo facciamo anche adesso”.

Io non conosco i nuovi rappresentanti della Fiesole: a loro non interessa avere rapporti con la stampa e ognuno quindi fa il suo, senza dimenticare che la Fiorentina per me non è solo tifo, ma lavoro, mentre per loro è unicamente passione: se hanno alzato le mani, la condanna è senza se e senza ma.
Conosco invece per motivi anagrafici alcuni dei “vecchi”, pur non essendomi mai occupato delle loro beghe, dei bilanciamenti di potere tra persone e/o gruppi, e a parte qualche caso deprecabile di razzismo nei miei confronti devo dire di essere sempre stato libero di raccontare e fare quello che volevo.
Quando non sono piaciuto, me lo hanno detto, hanno fatto cori contro e poi si è ripartiti.
Tutto questo per dire che ciò che è accaduto all’Olimpico in casa nostra e in Curva Sud (e siamo infinitamente meglio del tifo napoletano, ma dirlo mi pare quasi un esercizio di retorica) deve rappresentare il punto di non ritorno e al tempo stesso di ripartenza per una coesione del tifo viola che deve avere due aspetti fondamentali: no alla violenza e no alla contaminazione politica di qualsiasi colore.
Il comunicato di ieri dei ragazzi più giovani mi pare un atto di coraggio, perché chiedere scusa e ammettere i propri errori è sempre difficile: ora si può ripartire.

Ragazzi, io col cuore capisco la grande incazzatura di sabato sera e fossi stato in Curva Sud ragionerei come molti di voi: Cosimo ha pianto per tre quarti d’ora e ora, a sette anni, è convinto che esista un’associazione tra i colpi di pistola e una partita di calcio.
Ma premesso che non sono mai stato iscritto ad un viola club, che non sopporto lo squadrismo in ogni settore della vita e quindi anche in curva, che non ho nulla a che spartire con il Gruppo 1926, mi spiegate come vorreste andare avanti?
Facciamo una bella rissa prepartita ad ogni gara interna della Fiorentina, con qualche puntatina in trasferta?
No, spiegatemelo, perché la realtà dei fatti è questa: in Curva Fiesole loro ci sono e pare anche, per quello che ho capito, che “facciano opinione”.
Attendo idee illuminanti.
Certo, al prossimo episodio intollerabile io farei scattare la protesta della maggioranza silenziosa, ma al momento non vedo altre soluzioni che un tentativo di convivenza in nome della Fiorentina.

Premessa numero uno: massimo rispetto per chi ha opinioni diverse dalla mia. Qui avrà sempre spazio, a patto di non offendere o essere razzista.
Premessa numero due: ho sempre relativizzato il calcio, nel senso che lo considero una componente della mia vita, non LA VITA.
Ci sono cose molto più importanti nell’esistenza di un uomo e di una donna e anche su questo ogni opinione deve essere accettata.
Detto tutto questo, mi chiedo e vi chiedo: si può rifiutare l’appartenenza ad una Nazione per dei torti arbitrali, per una gestione penosa del potre calcistico, per una vergognosa serata di silenzi all’Olimpico?
Se la risposta è sì, fischiate pure l’inno del vostro Paese, solo che per coerenza uno si dovrebbe chiedere se non sia più giusto andare a vievere da qualche altra parte.
Io l’inno non lo fischio e non lo fischierò mai perché mi sento italiano al cento per cento, con tutti i difetti e i pregi della Nazione che amo.

Mi vergogno di vivere in un Paese come questo, in cui Genny la carogna tiene in ostaggio sessantamila persone, tra cui mia moglie e mio figlio a cui cercavo con difficoltà di dare notizie nel buio telematico dell’Olimpico.
Mi vergogno di aver sempre vissuto onestamente in un ambiente come quello del calcio in cui c’è bisogno di un accordo tra sedicenti capi tifosi per dare il via ad una partita attesa da una vita e che era la vetrina del nostro mondo in decine di Nazioni.
Mi vergogno di aver dovuto spiegare a Cosimo di 7 anni il nesso tra un assalto di delinquenti ad un fioraio finito a pistolettate e un incontro di calcio: da ieri sera a lui la cosa sembrerà normale ed è questa la sconfitta peggiore.
Mi vergogno di essere avere la stessa cittadinanza di chi ha fischiato il nostro inno nazionale e non me ne frega niente se siano stati tifosi della Fiorentina o del Napoli.
Mi vergogno per non aver fatto o detto di più in passato contro i Genny la carogna che ho visto sul mio cammino: anche se sono stato il giornalista più insultato e minacciato dagli anni novanta ad oggi per via delle mie posizioni (Heysel, simboli nazisti di altre tifoserie messi insieme alle bandiere viola, tentativi di contaminazione politica in Fiesole), anche se non me ne è mai fregato niente di tutte le beghe della curva, a volte ho girato la testa dall’altra parte per maggiore tranquillità mia e della mia famiglia.
Perché non sono certo un eroe, non ho mai avuto l’ambizione ad esserlo, sono solo una persona normale, perbene, che vorrebbe lavorare in un Paese civile.
Stamani, ancora più di ieri sera, ho il voltastomaco e non c’entra niente la Coppa Italia persa, quella la vinceremo nei prossimi anni.
La nostra dignità invece temo che non la riprenderemo più, a meno di non chiedere il permesso a Genny la carogna.

Non ho mai commentato una finale secca di Coppa Italia, una di quelle cose in cui ti giochi tutto in una sera, da lasci o raddoppia (il godimento).
L’unico precedente, anzi gli unici,ma il secondo è meglio dimenticarlo, è la Supercoppa del 1996 a San Siro, ma era tutta un’altra cosa, meno importante direi, anche se fu una goduria incredibile schiantare con l’immenso Bati il Milan di Baresi e Costacurta.
Qui c’è tutto il contorno che emoziona, il clima da evento che ti rende orgoglioso di essere lì a giocartela.
Nelle altre finali che ho raccontato c’era la speculazione sul risultato o la speranza del ritorno ed era diverso, almeno per me molto diverso.
Via via che ci avviciniamo scompaiono molte cose, a cominciare dall’idea di essere inferiori: vai Fiorentina, giocatela e regalaci una serata indimenticabile.

E’ una speranza, ovviamente, che però trae fondamento dal fatto che per una partita come quella di dopodomani si possa rischiare qualcosa, con qualche paura in più per Neto, che è però troppo importante per non buttarlo dentro.
Cero che una vigilia di finale così io proprio non la ricordo, sembra la trama di uno di quei film americani in cui tutto sembra andare alla rovescia fino all’inevitabile riscatto con vittoria tra le lacrime di presenti e assenti.
Qui purtroppo però non siamo al cinema ed il Napoli è veramente forte, io proverei a non far troppo caso alla colossale colata di sfiga che si è abbattuta su Firenze negli ultimi mesi e cerchereii di trovare l’orgoglio per compiere quella che pare sinceramente un’impresa.
Sarà divertente ascoltare domani Montella in conferenza stampa.

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