Boeri non può criticare la manovra di Governo sulle pensioni perché, pur essendo il presidente dell’INPS, non è stato eletto.

Chi mandò l’avviso di garanzia a Salvini per Acquarius si prese una grave responsabilità perché il malcapitato magistrato non era stato eletto.

Sinceramente era più originale Berlusconi, che nel 1994 si chiese chi mai fosse quel tale Spaventa che concorreva contro di lui per un seggio alla Camera e che “non aveva mai vinto una Coppa dei Campioni”, non fosse altro perché vincerla è certamente più difficile di occupare un posto in Parlamento.

E comunque, estremizzando il concetto così caro al nostro Governo, è deputato a parlare solo chi è stato votato e comanda:  ma chi poi esce dalla cabina di regia, promette di tacere fino a quando non tocca di nuovo a lui?

…rivedo tutta la mia vita e sono soddisfatto.

Errori, scelte sbagliate per superficialità, i miei difetti a cui da un po’ di tempo cerco di porre seriamente rimedio: tutto vero e tutto giusto, ma la vita è altro.

Anzi, è soprattutto altro: è l’empatia delle persone che ti vogliono bene, è l’amore della donna che ha deciso di condividere la sua vita  con te, sono i figli per cui sei costantemente in ascolto, è la creazione sul lavoro di qualcosa che ogni giorno si realizza attraverso quella magnifica invenzione che è la radio.

Essere diversamente giovane, avere 58 anni,  alla fine è proprio questo: saper assaporare il bello e il buono di ogni giorno, anche in mezzo alle battaglie e facendo rosicare chi prova a farti del male.

Mettiamola così: avremmo dovuto prendere tre punti tra Inter, Atalanta e Lazio e tre punti alla fine sono stati, ma resta l’amarezza.

Profonda e cocente.

Non si possono sbagliare quattro gol all’Olimpico e passi per Sottil, che ha avuto il braccino del quasi esordiente, ma da Benassi, Simeone ed Edimilson si deve pretendere di più, lasciando da parte il tiro murato all’impalpabile Pjaca in apertura.

Giochiamo nettamente meglio della passata stagione e non la mettiamo dentro, poi è ovvio che si paghi pegno e che magari un gol si prenda, anche perché stiamo svezzando calcisticamente Lafont, con tutti i rischi del caso.

Peccato, davvero peccato, perché come a Milano siamo stati più forti e più brillanti  e magari ci potremmo anche arrabbiare per un molto presunto fallo da rigore su Simeone, ma dovremmo prendercela prima di tutto con noi stessi.

Cominciò De Laurentis con Lucarelli, dicendo che aveva fatto bene a scegliere il Napoli perché il viola porta male.

Ha proseguito  lo scorso anno il signor Mirabelli (a proposito: dov’è finito?), per fare il simpatico con il neo-acquisto milanista Kalinic minacciò di rimandarlo a Firenze se non avesse fatto bene.

Infine, Allegri. Dopo un errore di Bernardeschi urla alla sua panchina che “qui non siamo alla Fiorentina”.

Troppo interesse, signori, lasciateci perdere.

E da parte nostra…non ti curar di loro, ma guarda e passa.

Si è alazato il livello dello scontro dialettico, ma soprattutto si è alzato a dismisura lo spread, che alla fine ci costerà più di una manovra.

Siamo sul Titanic e non ce ne accorgiamo?

Eppure se oggi si andasse a votare, credo che i partiti di governo uscirebbero ancora più forti del 4 marzo, pur non essendo accaduto nulla di quanto promesso e senza che nessuno sappia davvero cosa potrebbe succedere se accadesse quanto ampiamente reclamizzato (reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione della Fornero).

La Lega che appoggia il reddito di cittadinanza mi sembra un ossimoro politico, ma a questo siamo arrivati e non certo per un colpo di Stato.

I Toninelli e anche i Casalino sulla cabina di comando li abbiamo mandati noi e ci si possiamo anche prendercela con chi c’era prima, ma almeno per me  è una ben magra consolazione.

Ci faranno pagare il rigore di ieri, ci potrei mettere la firma.

E non daranno a Chiesa quello che è e che sarà di Chiesa, che dovrà considerare il problema e mettere quindi il pilota automatico nella testa quando sente il contatto dell’avversario.

Al netto delle polemiche, la vittoria contro l’Atalanta è uno di quei successi che mi fanno riassaporare il calcio di una volta, quello che mi ha fatto innamorare del pallone.

Abbiamo giocato male, a sorpresa, forse eravamo stanchi, mentalmente e fisicamente, però abbiamo vinto e ora siamo terzi, una posizione che nemmeno il più ottimista tra gli ottimisti poteva immaginare.

Un grande Veretout, un ottimo Pezzella e qualche lampo di Chiesa sono bastati in una domenica di grande sofferenza, ma, almeno per me, di enorme soddisfazione.

Cinquanta anni fa cominciava a Roma il campionato del secondo scudetto, con un gol preso dopo un minuto dal povero Taccola.

Racconteremo tutto quanto alla radio nel Pentasport con Ruben Lopes Pegna, che all’epoca dei fatti aveva (come oggi) sei anni più di me è quella stagione l’ha sofferta e gioita  da grande tifoso quale è stato.

Io ho dei ricordi vaghi, il più bello di tutti è quello dell’ultima col Varese con le vetrine viola, ma anche Ferrante che si taglia la chioma  alla Domenica Sportiva con Enzo Tortora.

Mezzo secolo dopo è ancora emozionante ripensare a quei giorni.

Quanti anni mi sento davvero?

Sicuramente meno di 58, che mi pare in assoluto un bel numero, anche se un po’ troppo vicino ai 60….

L’energia è la stessa dei tempi migliori, temprata dall’esperienza e dal relativizzare (finalmente) quello che mi sembrava spesso impossibile da affrontare o superare.

Più che altro mi pare incredibile che siano passati decenni da alcuni momenti che invece spuntano dentro di me come se fossero accaduti la scorsa settimana.

Per esempio 42 anni di radio, olre 15000 giorni, roba da non credere.

Se penso a quanto non sopportavo le attese, a quanto contassi le ore che mi separavano da una data, da un evento o da un appuntamento mi pare di raccontare di un’altra persona: quanto vivevo male e quanta energia, tempo e vita ho sprecato per cose e situazioni inutili e idiote.

So anche a chi devo in gran parte questo cambiamento e alla fine di un faticoso percorso durato più o meno mille giorni sono tornato al punto di partenza, cioè a quello che pensavo prima che la giostra cominciasse a girare vorticosamente: sono un uomo fortunato.

 

C’entra tutto: Mazzoleni, la sfortuna e anche l’incapacità di concretizzare la nostra superiorità nel secondo tempo.

Venti minuti bellissimi, però senza segnare e alla fine questo conta moltissimo.

Aggiungiamoci che quando prendiamo reti è come se ci avesse tradito la moglie e ci sgonfiamo perché colpiti allo stomaco non reagendo mai, almeno per un lasso di tempo un po’ troppo lungo.

Resta la prestazione, raramente così convincente a San Siro, e resta l’immagine di un Chiesa superlativo, ormai consacrato su livelli altissimi: giochiamo bene, a tratti molto bene.

Ottima l’uscita di Cognigni a fine gara, anche questo aiuta a compattare l’ambiente e se anche uno come Antognoni alla fine si arrabbia forse è il caso di porsi qualche domanda sulla direzione arbitrale, al di là delle prese per i  fondelli di Spalletti.

Sarà il passare del tempo, saranno le tempeste che ho felicemente attraversato negli ultimi tempi, oppure chi lo sa?

Il fatto è che rispetto a qualche anno fa sono diventato molto più sensibile a tutto e per questo mi ha quasi commosso l’abbraccio di Federico a Lorenzo, due fratelli che di cognome fanno Chiesa e che in tribuna avevano mamma, babbo (uno che aveva giocato discretamente a calcio) e sorella.

Non avevo mai visto qualcosa del genere e mi si è increspata la voce in radiocronaca, perché tutto è stato di una bellezza e di una spontaneità uniche.

Un po’ come la Fiorentina, che adesso non fa più discutere, ma sognare.

Ci stiamo dimenticando di parecchie cose perché questa squadra, questo gruppo nato sulla più assurda delle disgrazie, ci sta spingendo parecchio più in là.

E non ci viene nemmeno la voglia di chiederci dove stiamo andando.

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