Secondo me ci stiamo un po’ troppo caricando da soli e la stiamo facendo un po’ meno difficile di quanto sarà in realtà.
Forse è una mia impressione, ma è come se pensassimo che l’Inter sia ripiombata nei casini di qualche anno fa e quindi, proprio per questo, ci concederà qualcosa.
Temo che non sarà così e farci conto vorrebbe dire partire col piede sbagliato.
Ovviamente sto parlando di ambiente esterno alla squadra, non di quello che succede nello spogliatoio.
E veniamo al fatto tattico.
A me pareva che Jorgensen vice Santana non avesse demeritato e che Melo come vertice basso avesse trovato, pur con lo scadente stato di forma delle ultime gare, un proprio equilibrio.
Sinceramente non capisco il motivo dell’inversione di ruolo tra i due e sono curioso di vedere se poi questo cambio avverrà davvero tra due giorni a San Siro.

Qui si tratta di essere obiettivi, al di là dell’antipatia per tutti i favori che il Palazzo le sta facendo da anni, di Carnevale e delle invasioni barbariche nelle loro trasferte fiorentine.
Ragazzi, a me sarebbe piaciuto vedere la Fiorentina giocare una partita come quella della Roma di ieri sera.
Una partita di altri tempi per abnegazione, con Totti che per 120 minuti ha corso con una gamba sola, Juan azzoppato che segna il gol della vittoria, Pizzarro stirato eppure sempre in campo, Aquilani mezzo rotto che entra lo stesso, Montella che gioca 30 secondi e segna in quel modo il rigore (ma Vucinic l’avranno frustato nello spogliatoio?).
Avrebbero sinceramente meritato di passare il turno e sono stati gli unici ad esserci andati veramente vicini, perché, al di là delle occasioni avute dall’Inter, il Manchester era veramente di un’altra categoria nei 180 minuti, e la Juve è sembrata inferiore al Chelsea.
Ai rigori ho tifato Roma, lo confesso, e non solo per interesse personale, cioè viola, ma perché hanno, come si diceva una volta, veramente gettato il cuore oltre l’ostacolo.

Non ho capito bene perché venga proposta, e probabilmente concessa, la cittadinanza onoraria di Firenze al signor Englaro, il padre di Eluana.
Mi sfugge il senso della vicenda, che credo meriti molto rispetto e mi pare di aver già scritto sulle nefandezze pronunciate da Berlusconi e da altri “autorevoli” esponenti del Governo nei giorni della morte di Eluana.
E però, nonostante il parere contrario di mia moglie, io credo che sul caso specifico sarebbe molto meglio far scendere il silenzio, fermo restando i sacrosanti diritti del signor Englaro di difendere le proprie posizioni in tutti i modi possibili.
Ma la cittadinanza onoraria si dà per particolari meriti acquisiti e qui io vedo solo un dolore lancinante e inestinguibile.
Mi pare anche un modo per non rispettare chi la pensa in modo opposto al mio (che ero e sono favorevole alla decisione del padre di Eluana), insomma quasi una provocazione.
Dice: sì, ma gli altri che fanno? Non danno spallate tutti i giorni contro la laicità dello Stato?
Può darsi, ma non voglio mettermi sullo stesso piano.
Insomma, non se ne poteva fare a meno?
Che cosa porta di contributo continuare a rimestare la polemica su una morte così dilaniante?

Ogni tanto mi viene in mente quello che disse Frank Sinatra quando gli chiesero che cosa pensasse della televisione che cominciava a muovere i primi passi.
“E’ bellissima – rispose – basta chiudere gli occhi ed è come ascoltare la radio”.
Io adoro la radio: fin da bambino non mi perdevo una punata di “Gran varietà”, “Hit parade” e “Batto quattro”, lasciando da parte lo straordinario “Tutto il calcio minuto per minuto”, che seguirei ancora oggi se non fosse che da 27 anni sono un po’ impegnato durante le partite…
Tutto questo per spiegare la difficoltà con cui ho detto sì all’idea del travolgente Pestuggia di andare sul web con il Pentasport, a cominciare stasera dal “Sullivan show”.
Ebbene sì, sono un purista della radio e questa contaminazione televisiva attraverso il web la considero una sorta di passaggio obbligato alla multimedialità.
Ovviamente sono curioso e mi auguro che funzioni tutto bene, poi magari mi appassiono come è successo col blog che state leggendo.
Mi fa piacere che Radio Blu sia la prima a fare questo esperimento e vi invito ad esprimere liberamente le vostre opinioni.
Per venire a “vederci” bisogna andare su violanews.com (a proposito, gli ultimi rilevazioni del sito, in cui, lo ribadisco, io non c’entro niente, sono state straordinarie in termini di utenti e pagine viste) e cliccare sull’apposita icona.
Poi, forse, si replica venerdì col sottoscritto ed il filo diretto.

BISTRITA
Mai visto in vita mia un posto così desolante. A distanza di sette anni dalla “mitica” trasferta di Kiev, tornavamo all’Est, ma che differenza! Le ragazze che scaricarono davanti al nostro albergo non profumavano affatto di erotismo, ma solo di tristezza. Una tristezza senza vie d’uscita. Bistrita è una piccola piazza, due alberghi più o meno fatiscenti, una povertà impossibile da riscattare. In soli due giorni di permanenza, e nonostante tutte le precauzioni alimentari prese, riuscirono ad intossicare metà dei giornalisti. Io cominciai a sentirmi male il pomeriggio della partita e conclusi la radiocronaca solo grazie alla mia forza di volontà, che si moltiplica quando si tratta di trasmettere. Poi, nelle due ore di pullman che ci separavano da Bucarest, cominciò il calvario. Stavo sempre peggio e meno male che nel volo di ritorno in Italia venni “liberato” dall’ottimo dottor Manzuoli: se non trovavo la porta del bagno aperta, Batistuta e Rui Costa avrebbero pagato a caro prezzo la loro fissazione di stare sempre nell’ultima fila dell’aereo…

IL PEZZO CON COIS
Sandro Cois è sempre stato un simpatico figlio di buona donna, fino a quando non ha esagerato, o, inevitabilmente, non ha cominciato a cedere sul piano atletico. Aiutato da un fisico straordinario, si è sempre allenato poco, fidando sul fatto che tanto, male che andasse, sarebbe stato almeno alla pari con gli altri. Insomma, un Massaro prima maniera, con la sfortuna di non aver mai incontrato Sacchi sulla propria strada. Ci provò Ranieri a farlo cambiare, prendendolo anche a muso duro, ma alla fine si arrese anche lui. Avrebbe voluto farlo cedere, solo che invece di Cois, uno dei preferiti di Cecchi Gori, se ne andò il tecnico. Straordinarie comunque le sue prestazioni fuori dal terreno di gioco, dove ha sempre dimostrato un’invidiabile continuità di rendimento.
Avevo cominciato a collaborare con La Nazione e spesso si poneva il problema di chi chiamare per un parere o un’intervista al volo che avrebbe dovuto riempire la pagina. «Non c’è problema – rispondevo – provo a sentire Sandrino se mi dice qualcosa», e per anni siamo andati avanti così. Io e Alessandro Rialti eravamo rimasti gli unici a conoscere il suo numero di cellulare (cambiato una volta l’anno), e se vado a rivedere le collezioni del giornale c’è da vergognarsi. Mancava solo che Cois desse il suo parere sullo sexi-scandalo di Clinton e poi sarebbe stato interpellato su tutto. Ogni volta veniva fuori di riffa o di raffa il suo attaccamento alla maglia viola, il suo amore per il popolo viola, eccetera eccetera. Questa melassa di buoni sentimenti era generosamente annaffiata da un contratto folle di cinque miliardi lordi l’anno, voluto espressamente da Luna. Al termine della sua esperienza fiorentina, Cois girava ormai con la guardia del corpo per paura di incontrare qualche tifoso arrabbiato e non completamente convinto delle sue giustificazioni per le continue assenze. Però, proprio alla fine, Sandrino ebbe un guizzo di spirito, come ai vecchi tempi. Fu quando Marzio Brazzini, un geniale esponente della Vecchia Guardia, gli consegnò la “maglia della vergogna”, preparata per lui appositamente a maniche lunghe perché «non prendesse freddo e non si ammalasse». Mentre i suoi compagni scapparono, Cois si presentò subito davanti a Brazzini, prendendo l’omaggio e ringraziando per il pensiero.

LE ILLUSIONI DI COPPA
Eravamo ormai arrivati al termine del ciclo targato Ranieri. Il tecnico romano aveva rotto con parte dei giornalisti, fra cui soprattutto Sandrelli e la Righini, e anch’io sarei stato tutto sommato contento se non avesse onorato il contratto in scadenza l’anno successivo. Mediocre in campionato, la squadra si esaltava in Coppa delle Coppe, una competizione tradizionalmente favorevole ai viola. Superato il primo turno nella desolazione di Bistrita, ci volle un miracolo di Sant’Anselmo da Lecco per eliminare lo Sparta Praga. Poi arrivò il Benfica e fu tutto un tuffarsi nelle splendide nostalgie di Rui Costa, acclamato come un eroe dai suoi vecchi tifosi. E a Lisbona Batistuta fece capire a tutti chi fosse il leader indiscusso dello spogliatoio.

STUPIDI
Così il Corriere dello Sport-Stadio titolò la prova dei viola il 17 febbraio 1997. Il motivo? L’ennesima sconfitta esterna a Verona, con rete presa su punizione all’ultimo minuto. Spinta soprattutto da Bati, la squadra entrò in silenzio stampa, uno dei più “stupidi”, tanto per rimanere in tema, degli ultimi anni. Per oltre un mese si assistette a scene comiche, con giocatori che parlavano e cronisti che riportavano il pensiero illuminato ed illuminante dei nostri eroi senza poter virgolettare niente. La situazione sembrò sbloccarsi a Lisbona, alla vigilia della partita di andata dei quarti di finale di Coppa. Cinquini aveva provato a fare da mediatore, ottenendo che, in caso di successo, i giocatori viola avrebbero ritrovato l’uso della lingua. La Fiorentina si impose per due a zero, giocando fra l’altro un’ottima partita, impreziosita dal gol di Baiano e da quello splendido di Batistuta. Qualche “informatore” dello spogliatoio si era già prenotato per intervenire alla radio, quando arrivò improvviso il contrordine: “ragazzi tutti zitti!”. Era stato Batistuta a decidere così, nessuno ha mai saputo il perché, ma forse lo avrà spiegato almeno a Rui Costa, prenotato invano da una decina di colleghi portoghesi.

BARCELLONA
Quella fu anche la stagione viola peggiore di Bati, che però si tolse la straordinaria soddisfazione di zittire il Camp Nou. La postazione che mi avevano dato a Barcellona era da grande inviato, avevo addirittura il monitor e fu solo grazie al replay che vidi il gesto del dito al naso di Gabriel. «Vi ho lasciato senza parole», sembrava volesse urlare il capitano, dopo che per giorni i quotidiani spagnoli si erano divertiti a sottolineare la presunta superiorità di Ronaldo nei suoi confronti. Di quella partiva vanno ricordati altri due episodi: l’ammonizione troppo severa proprio a Batistuta, che lo costrinse a saltare la gara di ritorno, e il fischio finale che fermò Robbiati lanciato da solo verso Vitor Baia.
Il ritorno fu preparato male e giocato peggio, come è purtroppo nella tradizione della Fiorentina quando incontra le grandi squadre in scontri decisivi. Prima Couto e poi Guardiola infransero il sogno della finale e qualcuno cominciò a prendersela assurdamente con Toldo. Francesco avrà sbagliato sì e no dieci partite in otto anni, solo che tre di queste capitarono una di fila all’altra. Nel volo di ritorno dalla trasferta di Napoli, a maggio, Robbiati mi prese da una parte e mi disse: «non ti sembra il caso di fare qualcosa per aiutare Toldo, che è il miglior portiere d’Italia?». Sì, era il caso, ma che potevo fare? Di più e meglio fece Maldini, il Commissario Tecnico azzurro, che lo convocò lo stesso in Nazionale.

LA PAZZIA DI RUI
All’ultima Fiorentina di Ranieri rimaneva ancora un traguardo, la qualificazione in Coppa Uefa. La squadra era stanca, qualcuno voleva andarsene, altri giocavano in condizioni precarie. Come Rui Costa, che da settimane si trascinava un infortunio muscolare. Qualsiasi giocatore dotato di buonsenso non avrebbe giocato a Perugia ed io mi allarmai molto quando lo vidi in campo ad allenarsi da solo. Conoscendolo, temevo che facesse una pazzia. Ed infatti alla fine Rui decise di rischiare. Rimase in campo per 82 minuti, fino a quando non si strappò definitivamente: fuori per due mesi, addio Nazionale portoghese e addio Fiorentina. Sicuramente non ne valeva la pena, ma… that’s amore.

CORI
Fallita la qualificazione Uefa, la Fiorentina si trovò a giocare le ultime partite in un clima di generale disarmo. Fu forse per questo che nel congedo casalingo contro la Reggiana i tifosi della Ferrovia, non sapendo probabilmente più cosa inventare, cominciarono ad intonare un paio di cori in mio onore. Ero imbarazzato, non sapevo più cosa dire in radiocronaca, ma traboccavo d’orgoglio: ero l’unico giornalista a cui veniva riservato un tale trattamento. Solo quattro anni più tardi i tifosi tornarono ad occuparsi di me, ma in modo leggermente diverso…
E Vittorio? Lo avevamo un po’ dimenticato, ma dopo aver bleffato ed essere stato scoperto sulla storia dei diritti televisivi prenotati e mai pagati si prendeva le sue brave soddisfazioni. Si cominciava a parlare di sette sorelle e grazie a Cecchi Gori nel gruppo c’era anche la Fiorentina. Tutte le domeniche in casa voleva parlare solo con me e la società aveva inventato un lasciapassare che mi permetteva di arrivare alla tribuna d’onore, dove raccoglievo il verbo presidenziale. Per questo trattamento privilegiato la mia simpatia fra i colleghi scese ai minimi livelli, ma cercavo di barcamenarmi in qualche modo e lo stesso accadeva con Canale Dieci. Infatti, chissà perché, Vittorio preferiva esternare a Radio Blu piuttosto che alla televisione di famiglia. Tante parole, qualcuna in libertà, ma tutto sommato non peggio di altri padroni del vapore.

SEMPRE COLPA DI GUETTA
A maggio Cinquini ed Antognoni riuscirono a realizzare un ottimo colpo di mercato: la cessione di Amoruso ai Rangers di Glasgow per ben undici miliardi in contanti. Luca Speciale intervistò per Canale Dieci Pasquale Bruno, che aveva giocato un paio di anni in Scozia, proprio per raccontare la differenza fra i due modi di intendere il calcio. Il vecchio picchiatore del Torino sconsigliava Amoruso dal tentare l’avventura scozzese ed io ripresi l’intervista in un pezzo per La Nazione.
La mattina successiva ricevetti le telefonate allarmate ed allarmanti del buon Fanetti e di Sandrelli che mi annunciavano (tanto per cambiare) un Luna imbufalito con me a causa di quell’articolo. Lucianone nostro era stato opportunamente aizzato dal gatto e la volpe (così chiamavamo Cinquini ed Antognoni), che da tempo conducevano una loro battaglia personale contro Sandrelli, e quindi a seguire contro Canale Dieci. Aggiungiamoci pure che non è che io fossi ai primi posti della loro classifica di gradimento ed il gioco era fatto. Venni in pratica accusato di ostacolare la cessione di Amoruso, con tutti i danni economici che ne sarebbero conseguiti. E l’intervista di Speciale mandata in onda la sera prima? Boh, ignorata completamente, come se non fosse mai esistita. Nei due mesi successivi in cui Luna mi tolse il saluto, ebbi dei seri dubbi sui nostri dati d’ascolto televisivi.

ADDIO RANIERI
«Se ne è andato!», mi soffiò felice Sandrelli al telefono in una tarda serata di giugno.
«E chi viene al suo posto?», gli chiesi, sollevato anch’io dell’abbandono del tecnico viola più vincente degli ultimi anni.
«Ancora non si sa, probabilmente Malesani del Chievo».
Accidenti, sapevo pochissimo di lui e facevo un tifo indiavolato per uno di casa nostra, Ulivieri, che però Gazzoni a Bologna non aveva voluto liberare. Pazienza, mi sarei documentato.

Se fosse un problema solo fisico sarebbe preoccupante, ma non così grave.
Se invece è un fatto psicologico, allora la cosa è più grave.
Per toglierci la curiosità basterà aspettare la partita di domenica sera.
Intanto però evitiamo i processi, in questo momento non servirebbero.
Bisogna però che si sveglino, i più bravi in testa, a cominciare da Montolivo (inguardabile), Gilardino e pure Gamberini, che ha commesso un errore che se l’avesse fatto Dainelli ci sarebbe stata un’invasione di campo.
Terrei fuori ovviamente Frey, straordinario su Miccoli prima del gol, e anche Mutu, che almeno si è buttato, sbgliando molto, però ci ha provato.
Siamo ancora quarti ed davvero l’unica cosa buona della giornata.

E’ difficile trovare un mondo più maschilista del calcio, un mondo dove le donne sono accettate in prima battuta solo perché grandi “gnocche” (scusate per la brutalità del concetto, ma rende l’idea), ma devono stare zitte, non fare troppe domande e dire sempre sì, in tutti i sensi.
Certo, nessuno vi dirà mai che è così, ed invece vi assicuro che l’arrivo in massa dell’altra metà del cielo ha destabilizzato l’ambiente.
Io l’ho vissuta da dentro questa invasione, perché quando nel 1978 ho cominciato a frequentare gli spogliatoi le conduttrici e le vallette non esistevano e di giornaliste sportive, almeno a Firenze, ce n’erano solo due, molto in gamba: Gabriella Lescai e Manuela Righini.
La seconda da mesi, direi da anni, si sta prendendo vagonate di insulti solo perché racconta il suo punto di vista senza fare sconti a nessuno, e ho sempre pensato che se si fosse chiamata Manuele Righini qualche epiteto se lo sarebbe risparmiato.
Io a volte non sono d’accordo con lei, ce lo siamo detti di persona, in televisione e in radio, ma questo c’entra relativamente.
Si dà il caso che oggi in conferenza stampa Cesare Prandelli abbia sentito il bisogno di ringraziarla pubblicamente per quello che aveva scritto sul Corriere Fiorentino.
Di più: le ha mandato un sms di complimenti.
E ora come la mettiamo con quelli che la volevano lapidare sulla pubblica piazza o con chi l’accusa da tempo di essere in malafede?
Secondo me qualcuno c’è rimasto male, molto male…

Trovate voi le parole, io non ci riesco

Bimba di 9 anni stuprata abortisce
l’arcivescovo scomunica i medici

CITTA’ DEL VATICANO – Imbarazzo, rabbia, dolore, pietà, ma anche una sola incrollabile certezza: “Abortire è peccato. Sempre”.
Queste le prime reazioni “a caldo” colte in Vaticano alla notizia che la Chiesa cattolica brasiliana ieri ha scomunicato i medici che qualche giorno fa hanno autorizzato l’aborto ad una bambina di 9 anni rimasta incinta in seguito alle violenze sessuali subite dal patrigno da quando aveva 6 anni.
“E’ una tragedia grandissima, specialmente per quella povera bambina, ma la pena della scomunica andava sanzionata perché lo prevede espressamente il Codice di Diritto Canonico di fronte ad un palese caso di aborto procurato”, spiegano riservatamente alla Pontificia Accademia per la Vita.
Una posizione del tutto in linea con quanto deciso il monsignore brasiliano Josè Cardoso Sobrunho, arcivescovo di Recife, il quale, nello specificare che il provvedimento non riguarda la bambina, puntualizza che il “peccato” d’aborto ricade esclusivamente sui medici e “chi lo ha realizzato – si è augurato il presule spiegando i termini del provvedimento – si spera che, in un momento di riflessione, si pentano”.
Mentre un gruppo di avvocati cattolici ha denunciato il caso alla giustizia.
Il patrigno della bambina, un uomo di 23 anni di cui non è stato dato il nome, si trova in stato d’arresto da giorni in un carcere dell’entroterra del Pernambuco, in seguito alla confessione di aver stuprato la piccola – la prima volta tre anni fa – e di aver abusato anche della sorella invalida di 14 anni.
Alla bambina di 9 anni vengono attualmente somministrati medicinali per indurre un aborto farmaceutico alla gravidanza di due gemelli in seguito agli abusi, ricorda la stampa locale, che da giorni sta seguendo il caso. La vicenda della piccola ha diviso tra l’altro anche i suoi genitori, visto che il padre si è detto contro l’aborto, la madre invece a favore.

A Corvino, che dice che il 50% dei giornalisti ce l’ha con la Fiorentina a prescindere, e che lui queste cose le ha capite quattro anni prima di Prandelli.
A Prandelli, che ha sollevato un casino esagerato per una critica dovuta nel 95% dei casi a due sostituzioni inopportune, e che oggi esalta quei media nazionali che hanno massacrato la Fiorentina da Calciopoli al gol di mano di Gilardino.
A tutti i miei colleghi (compreso il sottoscritto), che sono andati in paranoia perché pensavano che Prandelli ce l’avesse proprio con loro.
A tutti quei colleghi, che ci sono rimasti male perché Prandelli non ce l’aveva con loro semplicemente perché neanche sapeva cosa avessero detto e/o scritto.
A tutti quei colleghi (colleghi?), che considerano l’uso corretto dell’italiano un dettaglio secondario e che aizzano, riferiscono, malignano e sguazzano felici nel brodo primordiale del tutti contro tutti, dal basso della loro condizione di emarginati dell’informazione.
A tutti quei colleghi, che hanno trasformato il proprio rapporto lavorativo con la Fiorentina in una guerra personale con questo o quel personaggio.
A tutti quei tifosi, che considerano i giornalisti una casta pericolosa da eliminare o da rieducare secondo metodi mutuati dall’Arcipelago Gulag.
A tutti quei tifosi, “che è sempre colpa dei giornalisti”.
A tutti quei tifosi, che bramano di avere il proprio quarto d’ora di celebrità, oppure anche solo un minuto, cioè il tempo necessario per sparare a zero con una telefonata in diretta o con un sms.
A tutta questa brava gente io chiedo di darsi una regolata, di pensare che stiamo parlando di calcio.
E di ricordarsi che la Fiorentina viene oltre mille giorni felici, e che stiamo discutendo della squadra di Firenze, cioè di una città che è la patria della tolleranza e del rispetto reciproco.
Ragazzi, calmatevi.

P.S. La Fiorentina esiste da 82 anni e, sembrerà strano, ma giocava e faceva palpitare anche senza Corvino, Prandelli, Guetta, Sandrelli, Righini, Rialti, Ferrara e tutti gli attuali giornalisti (perfino quelli dei siti!).
E ci sono, pare, ottime possibilità che possa continuare a farlo anche tra una decina di anni, quando di tutte le irla di questi giorni non resterà che un vago ed indistinto ricordo.

E’ un po’ come quando ti sei lasciato con una fidanzata a cui volevi molto bene, che era pure carina, ma che proprio non funzionava.
La rivedi dopo un paio di mesi e lei ha cambiato il modo di vestire, la pettinatura, lo sguardo: è diventata super.
E tu, certo, sei contento per lei, ma ti chiedi perché mai l’hai mollata e non ti ricordi più il motivo.
Il discorso ovviamente vale anche al contrario per le gentili signore e signorine che frequentano questo blog e vale, mi pare, con Giampaolo Pazzini.
Sono molto contento ogni volta che segna, e gliel’ho pure detto la scorsa settimana, però se continua così la sua cessione ci regala inevitabilmente un retrogusto amaro.
Eppure, davvero, qui non poteva restare, basta dare un’occhiata all’archivio del blog per leggere degli insulti che si prendeva lui e che un po’ mi prendevo anch’io perché accusato di difenderlo troppo.
E meno male che là davanti continuano a segnare con regolarità, provate un po’ a pensare se Mutu e Gilardino fossero incappati in un periodo nero…

« Pagina precedentePagina successiva »