Se fosse un problema solo fisico sarebbe preoccupante, ma non così grave.
Se invece è un fatto psicologico, allora la cosa è più grave.
Per toglierci la curiosità basterà aspettare la partita di domenica sera.
Intanto però evitiamo i processi, in questo momento non servirebbero.
Bisogna però che si sveglino, i più bravi in testa, a cominciare da Montolivo (inguardabile), Gilardino e pure Gamberini, che ha commesso un errore che se l’avesse fatto Dainelli ci sarebbe stata un’invasione di campo.
Terrei fuori ovviamente Frey, straordinario su Miccoli prima del gol, e anche Mutu, che almeno si è buttato, sbgliando molto, però ci ha provato.
Siamo ancora quarti ed davvero l’unica cosa buona della giornata.

E’ difficile trovare un mondo più maschilista del calcio, un mondo dove le donne sono accettate in prima battuta solo perché grandi “gnocche” (scusate per la brutalità del concetto, ma rende l’idea), ma devono stare zitte, non fare troppe domande e dire sempre sì, in tutti i sensi.
Certo, nessuno vi dirà mai che è così, ed invece vi assicuro che l’arrivo in massa dell’altra metà del cielo ha destabilizzato l’ambiente.
Io l’ho vissuta da dentro questa invasione, perché quando nel 1978 ho cominciato a frequentare gli spogliatoi le conduttrici e le vallette non esistevano e di giornaliste sportive, almeno a Firenze, ce n’erano solo due, molto in gamba: Gabriella Lescai e Manuela Righini.
La seconda da mesi, direi da anni, si sta prendendo vagonate di insulti solo perché racconta il suo punto di vista senza fare sconti a nessuno, e ho sempre pensato che se si fosse chiamata Manuele Righini qualche epiteto se lo sarebbe risparmiato.
Io a volte non sono d’accordo con lei, ce lo siamo detti di persona, in televisione e in radio, ma questo c’entra relativamente.
Si dà il caso che oggi in conferenza stampa Cesare Prandelli abbia sentito il bisogno di ringraziarla pubblicamente per quello che aveva scritto sul Corriere Fiorentino.
Di più: le ha mandato un sms di complimenti.
E ora come la mettiamo con quelli che la volevano lapidare sulla pubblica piazza o con chi l’accusa da tempo di essere in malafede?
Secondo me qualcuno c’è rimasto male, molto male…

Trovate voi le parole, io non ci riesco

Bimba di 9 anni stuprata abortisce
l’arcivescovo scomunica i medici

CITTA’ DEL VATICANO – Imbarazzo, rabbia, dolore, pietà, ma anche una sola incrollabile certezza: “Abortire è peccato. Sempre”.
Queste le prime reazioni “a caldo” colte in Vaticano alla notizia che la Chiesa cattolica brasiliana ieri ha scomunicato i medici che qualche giorno fa hanno autorizzato l’aborto ad una bambina di 9 anni rimasta incinta in seguito alle violenze sessuali subite dal patrigno da quando aveva 6 anni.
“E’ una tragedia grandissima, specialmente per quella povera bambina, ma la pena della scomunica andava sanzionata perché lo prevede espressamente il Codice di Diritto Canonico di fronte ad un palese caso di aborto procurato”, spiegano riservatamente alla Pontificia Accademia per la Vita.
Una posizione del tutto in linea con quanto deciso il monsignore brasiliano Josè Cardoso Sobrunho, arcivescovo di Recife, il quale, nello specificare che il provvedimento non riguarda la bambina, puntualizza che il “peccato” d’aborto ricade esclusivamente sui medici e “chi lo ha realizzato – si è augurato il presule spiegando i termini del provvedimento – si spera che, in un momento di riflessione, si pentano”.
Mentre un gruppo di avvocati cattolici ha denunciato il caso alla giustizia.
Il patrigno della bambina, un uomo di 23 anni di cui non è stato dato il nome, si trova in stato d’arresto da giorni in un carcere dell’entroterra del Pernambuco, in seguito alla confessione di aver stuprato la piccola – la prima volta tre anni fa – e di aver abusato anche della sorella invalida di 14 anni.
Alla bambina di 9 anni vengono attualmente somministrati medicinali per indurre un aborto farmaceutico alla gravidanza di due gemelli in seguito agli abusi, ricorda la stampa locale, che da giorni sta seguendo il caso. La vicenda della piccola ha diviso tra l’altro anche i suoi genitori, visto che il padre si è detto contro l’aborto, la madre invece a favore.

A Corvino, che dice che il 50% dei giornalisti ce l’ha con la Fiorentina a prescindere, e che lui queste cose le ha capite quattro anni prima di Prandelli.
A Prandelli, che ha sollevato un casino esagerato per una critica dovuta nel 95% dei casi a due sostituzioni inopportune, e che oggi esalta quei media nazionali che hanno massacrato la Fiorentina da Calciopoli al gol di mano di Gilardino.
A tutti i miei colleghi (compreso il sottoscritto), che sono andati in paranoia perché pensavano che Prandelli ce l’avesse proprio con loro.
A tutti quei colleghi, che ci sono rimasti male perché Prandelli non ce l’aveva con loro semplicemente perché neanche sapeva cosa avessero detto e/o scritto.
A tutti quei colleghi (colleghi?), che considerano l’uso corretto dell’italiano un dettaglio secondario e che aizzano, riferiscono, malignano e sguazzano felici nel brodo primordiale del tutti contro tutti, dal basso della loro condizione di emarginati dell’informazione.
A tutti quei colleghi, che hanno trasformato il proprio rapporto lavorativo con la Fiorentina in una guerra personale con questo o quel personaggio.
A tutti quei tifosi, che considerano i giornalisti una casta pericolosa da eliminare o da rieducare secondo metodi mutuati dall’Arcipelago Gulag.
A tutti quei tifosi, “che è sempre colpa dei giornalisti”.
A tutti quei tifosi, che bramano di avere il proprio quarto d’ora di celebrità, oppure anche solo un minuto, cioè il tempo necessario per sparare a zero con una telefonata in diretta o con un sms.
A tutta questa brava gente io chiedo di darsi una regolata, di pensare che stiamo parlando di calcio.
E di ricordarsi che la Fiorentina viene oltre mille giorni felici, e che stiamo discutendo della squadra di Firenze, cioè di una città che è la patria della tolleranza e del rispetto reciproco.
Ragazzi, calmatevi.

P.S. La Fiorentina esiste da 82 anni e, sembrerà strano, ma giocava e faceva palpitare anche senza Corvino, Prandelli, Guetta, Sandrelli, Righini, Rialti, Ferrara e tutti gli attuali giornalisti (perfino quelli dei siti!).
E ci sono, pare, ottime possibilità che possa continuare a farlo anche tra una decina di anni, quando di tutte le irla di questi giorni non resterà che un vago ed indistinto ricordo.

E’ un po’ come quando ti sei lasciato con una fidanzata a cui volevi molto bene, che era pure carina, ma che proprio non funzionava.
La rivedi dopo un paio di mesi e lei ha cambiato il modo di vestire, la pettinatura, lo sguardo: è diventata super.
E tu, certo, sei contento per lei, ma ti chiedi perché mai l’hai mollata e non ti ricordi più il motivo.
Il discorso ovviamente vale anche al contrario per le gentili signore e signorine che frequentano questo blog e vale, mi pare, con Giampaolo Pazzini.
Sono molto contento ogni volta che segna, e gliel’ho pure detto la scorsa settimana, però se continua così la sua cessione ci regala inevitabilmente un retrogusto amaro.
Eppure, davvero, qui non poteva restare, basta dare un’occhiata all’archivio del blog per leggere degli insulti che si prendeva lui e che un po’ mi prendevo anch’io perché accusato di difenderlo troppo.
E meno male che là davanti continuano a segnare con regolarità, provate un po’ a pensare se Mutu e Gilardino fossero incappati in un periodo nero…

Il primo anno fu un’umiliante sconfitta a Torino per 4 a 1 con la Juve straripante e la sicura promessa Brivio preso a pallate tra Nedeved e Zambrotta.
Il secondo, un ceffone al primo turno col Genoa in B e una gara imbarazzante dell’esordiente in viola Liverani.
Il terzo, una doppia sconfitta contro una Lazio assolutamente battibile con annesse amnesie di Lupatelli.
Il quarto, la vergogna di dicembre, in diretta televisiva nazionale, pochi intimi allo stadio e il Torino che sbanca il Franchi.
Ecco, queste sono le nostre ultime esibizioni in Coppa Italia.
Quella stessa competizione per cui siamo andati in trentamila allo stadio nel maggio del 1996 per una partita che non c’era e che mi fece palpitare alla radio nel giugno 1975, quando battemmo il Milan nella finale secca all’Olimpico.
Ci pensavo ieri vedendo la Lazio che rischia di andare in finale: ma a noi ci fa proprio schifo cercare di alzarla per la settima volta nella nostra storia questa Coppa, che tra l’altro mi sono tenuto a casa per una notte?

P.S. Viste le tante richieste, vi spiego la storia della Coppa Italia tenuta a casa mia in una notte del giugno 2001.
Ero il responsabile dello sport di Canale Dieci e per mantenere fede all’impegno preso venne ospite in studio Enrico Chiesa con la Coppa appena conquistata.
Alle 22.30, quando il Ring dei Tifosi chiudeva, in società non c’era più nessuno e lui non aveva alcuna voglia di portarla a casa.
Così la presi io (pesava tra l’altro parecchio) e arrivai dalla famiglia Guetta con questa Coppa in mano neanche fossi un giocatore vero…
Ovviamente feci un filmino con Valentina di neanche sei anni accoccolata accanto alla Coppa, mentre Camilla, che aveva due anni e mezzo, dormiva fregandosene completamente di quello che sarebbe stato l’ultimo trofeo.
Il giorno dopo, alla mattina presto, non volevo lasciarla in macchina e così la portai in ufficio: operatività completamente azzerata e processione di funzionari e dirigenti in adorazione.

1996/97
Formidabili quegli anni, formidabili davvero. Ci sono i soldi e ci sono i sogni. Ranieri sa ormai come gestire Cecchi Gori: gli dice sempre di sì e poi agisce come gli pare. Una nuotata insieme nel mare di Sabaudia per farsi suggerire che Robbiati avrebbe dovuto sempre giocare e due palleggi col piccolo Marietto, che «da grande diventerà il bomber della Fiorentina». Che gioia e che rifrullo di gente importante intorno al senatore, nel frattempo rieletto senza nemmeno ricorrere ai resti. E anche a Canale Dieci si pensa in grande, ormai è tutta una frenesia per andare a Telemontecarlo, dove ci sono più inviati e capiredattori che giornalisti semplici. Se poi stipendi e rimborsi spese sforano il budget, pazienza, qualcuno provvederà. Ci sono anche deliri di onnipotenza fiorentini di piccoli giornalisti che si sentono candidati al premio Pulitzer. «Torna subito qui – urlò uno di loro al povero Selvi uscito a comprare l’inchiostro per la fotocopiatrice – ma ti rendi conto che non ho più nessuno sotto!». Erano in due in redazione.
Sono i tempi della ciliegina e del Ciclone. Rita Rusic diventa la donna più intelligente del cinema mondiale, il marito la guarda languido ed orgogliosamente pensa: «in fondo l’ho creata io. Sono molto meglio di Berlusconi, che ha pure perso le elezioni>. Hai ragione Vittorio, sei tu il più grande, spendi per noi e vai felice in balaustra.

LA PRESENTAZIONE
Ogni tanto però qualcuno in Fiorentina pensava bene di risparmiare qualcosa e così a luglio decisero che la presentazione ufficiale per la nuova stagione l’avrei fatta io. Gratis, naturalmente. Poco dopo aver detto di sì, ripensai con terrore ai tempi delle elementari, quando mi vergognavo moltissimo a recitare le poesie davanti ad una trentina di bambini. Ora avrei avuto davanti almeno diecimila persone dentro lo stadio e non potevo sbagliare. Certo, avevo dalla mia l’esperienza radiofonica e televisiva, ma con tutta quella gente in curva Fiesole era davvero tutta un’altra cosa. Preparai la scaletta nei minimi particolari e, grazie soprattutto all’entusiasmo generale dopo la vittoria in Coppa Italia, venne fuori una bella giornata, anche perché evitai lungaggini che avrebbero stancato la gente. L’unico momento di imbarazzo fu quando presentai Robbiati, che si prese una sonora fischiata perché non voleva rinnovare il contratto con la Fiorentina. Rientrando negli spogliatoi provai inutilmente a consolarlo.

IRINA TE AMO
La verità è che a San Siro non mi sono assolutamente accorto del grido d’amore di Batistuta per la moglie, dopo il secondo decisivo gol nella Supercoppa italiana. Ero troppo impegnato ad urlare, non mi sembrava possibile che si potesse battere il Milan stellare di Baggio e Savicevic. In quella partita Gabriel ci prese per mano e ci portò in Paradiso. Tutti si ricordano della punizione e della dichiarazione ad Irina, ma secondo me il primo gol è stato ancora più bello. Quel dribbling aereo su Baresi e la susseguente botta al volo sono roba da palati sopraffini, e nel rivedere l’azione il capitano del Milan deve aver pensato per la prima volta in carriera di essere arrivato al capolinea. Fu una serata eccezionale: il 25 agosto 1996, il giorno prima del settantesimo compleanno viola.

LA GIACCA E’ MIA!
Proseguivano intanto con molte sconfitte i miei settimanali combattimenti per cercare di avere gli ospiti in televisione. Il fatto che Canale Dieci fosse di proprietà della madre del presidente della Fiorentina non era un vantaggio, ma al contrario costituiva un’aggravante per i giocatori viola. «Ma cosa ci dai? Come? Solo questo?». Conclusi un’estenuante trattativa collettiva con i “rappresentanti delle maestranze” Padalino e Carnasciali, e mi accordai sulla base di un kit composto da un radioregistratore, una cassetta della Cecchi Gori home video ed un buono per due cene.
Ogni tanto capitava che gli sponsor chiamassero i giocatori per l’inaugurazione di nuovi punti vendita ed io, che ormai ero del “ramo”, sapevo come districarmi tra omaggi e “marchette”. Una volta, per un cliente di Scandicci, ebbi però la pessima idea di inserire tra gli invitati anche Giovanni Piacentini. Al termine della serata, lui e Cois ottennero in omaggio un buono per un vestito, ma Piacentini era palesemente deluso e mi chiese se non si sarebbe potuto fare qualcosa in più. Lasciai cadere la cosa pensando che fosse finita lì, ma qualche giorno dopo mi capitò di incontrarlo da Mastrobulletta, il ristorante dove andavano a mangiare quasi tutti i calciatori viola. Testimone attendibile del dialogo, Nick Ceccarini.
«Allora David, hai sentito da quel negozio di Scandicci se mi dà qualche altra cosa?»
«Ma… Giovanni, veramente mi sembrava che un buono da un milione fosse sufficiente per il disturbo»
«E dai, che se vuoi ci riesci. Ecco, per esempio, questa bella giacca che hai addosso… Non si potrebbe avere una cosa del genere?»
«Giovanni, se vuoi ti do la mia! Provala, credo che ti stia larga, ma se ti andasse bene, prendila pure. Tra l’altro non piace nemmeno a mia moglie»
«No, è troppo grande, dai impegnati per una taglia più piccola. Fammi sapere qualcosa in settimana».
Caro vecchio Piacentini: ti ho pensato intensamente quando due anni fa Letizia mise la mia bellissima giacca marrone fra gli indumenti da regalare in beneficenza.

LULU’
Fu l’acquisto di grido di un mercato giustamente in tono minore: la squadra andava già bene così e non c’era bisogno di stravolgerla. Con lui arrivarono anche Falcone, Pusceddu e, nonostante il Ring dei Tifosi, Firicano. A febbraio, grazie ai soldi de “Il Ciclone”, la ciliegina Kanchelskis. Luis Airton Barroso Oliveira adesso è un tranquillo signore con ben cinque figli (un record nella categoria dei calciatori e non solo), che spende i suoi ultimi spiccioli di classe in giro per l’Italia, ma quando arrivò a Firenze era convinto di aver finalmente dato una svolta alla sua carriera. Aveva segnato quindici reti nell’ultimo anno di Cagliari e avrebbe voluto fare l’attaccante, ma si trovò sempre davanti Batistuta e Baiano. La sua ottima tecnica si annacquò quindi nelle rincorse sui portatori di palla avversari e alla fine Ranieri lo schierò addirittura come laterale di centrocampo.
Fuori dal tappeto verde Lulù era uno spettacolo: sempre allegro, l’unico modo per farlo arrabbiare davvero era ricordargli il suo passato ed il suo presente da cascatore. Altrimenti aveva ben chiaro da dove veniva e la povertà che lo circondava da bambino, per questo non faceva mai pesare la sopraggiunta agiatezza. E anche quando Edmundo gli fece la guerra, Oliveira disarmò il “nemico” con qualche battuta, ma senza cattiveria. Il suo finale a Firenze fu piuttosto triste. Se ne andò quasi di nascosto, a novembre, nel secondo anno del Trap, dimenticato un po’ da tutti. Come si dice a scuola per quei ragazzi simpatici, intelligenti e un po’ svogliati: avrebbe certamente potuto fare di più, ma non fu solo colpa sua.

Nel settembre 2006 un imbecille andò da Prandelli a riferirgli una balla colossale, e cioè che avevo detto dopo la partita persa a Livorno che il suo credito con la Fiorentina e i tifosi era scaduto.
Era vero il contrario: avevo piuttosto invitato tutti, alla seconda sconfitta consecutiva e a meno 19 in classifica, a fare quadrato intorno a lui.
Era l’epoca dello sfogo contro quelli che Prandelli pensava si comportassero in un modo ed invece lo tradivano alle spalle, per un mese notai che era visibilmente nervoso nei miei confronti e stavo per cominciare ad innervosirmi anch’io.
Fui fortunato: al ritorno dalla trasferta di Udine (persa immeritatamente) lo trovammo per caso in un autogrill, parlammo cinque minuti e chiarimmo l’equivoco.
Perché io sono uno di quelli che non ha problemi ad entrare in rotta di collisione con altri per difendere ciò che penso, ma mi incavolo tremendamente se all’origine del malinteso c’è la volontà di crearmi problemi, soprattutto con persone che stimo.
Ho raccontato questo retroscena per spiegare che da sabato mi stavo chiedendo se per caso non fosse coinvolta pure Radio Blu nello sfogo prandelliano, pur sapendo di esssere in perfetta buonafede, perché noi i messaggi che arrivano li dividiamo ad argomenti e poi li leggiamo.
Però non si sa mai, il nostro mondo è pieno di gente strana, tipo quello degli sms senza acca nel verbo avere, o alcuni ignoranti tirapiedi di rozzi megalomani conduttori…
Ieri sera, all’aeroporto di Reggio Calabria, ho fermato al volo Cesare che si stava imbarcando e gli ho chiesto se ce l’aveva con noi.
“Assolutamente no”, è stata la sua risposta, e mi sono sentito sollevato, perché mi sembrava strano che non si potesse dire che la doppia sostituzione in Olanda non l’avrei fatta.
Sarebbe stato grave che Prandelli pensasse ad una ad una mistificazione del programma, con certe cose lette ad arte per attaccare questo o quello.

Non cambio idea, per me Prandelli è il migliore allenatore italiano.
Sono stato mezz’ora ieri al Pentasport a ribadirlo rispondendo alle telefonate, anche se mi raccontano che oggi in sala stampa uno che mi scriveva gli sms con il verbo avere senza acca e che oggi fa miracolosamente il giornalista non ha capito come al solito nient, sostenendo fantasiose ricorstruzioni della trasmissione.
Ho fatto questo intervento perché giovedì sera, in una serata di grandissimo ascolto, siamo stati sommersi dagli sms e dalle email (oltre 200, contro il solito centinaio) che nel 70% dei casi ce l’avevano con Prandelli.
Sarà stata l’amarezza dell’ingiusta eliminazione, sarà stato qualche amico di allenatore che vuol venire a Firenze, sinceramente non saprei dire.
Fatto sta che questi messaggi c’erano e non erano certamente dei giornalisti, che, forse non lo immaginate, stimano enormemente Prandelli, mentre magari va un po’ meno di moda Corvino, ma questo è un altro discorso.
Io sinceramente non ho capito perché Cesare si sia così arrabbiato oggi e mi auguro che tutta questa energia serva alla Fiorentina per arrivare terza, così ci togliamo di mezzo anche il discorso preliminari che ad agosto sarà certamente più complicato che nel 2008.
Una cosa però voglio ribadirla: il quinto posto, o perfino il sesto, sarebbero risultati buoni in condizioni normali, ma vogliamo dire che le nostre esperienze nelle Coppe sono state fortemente negative sul piano dei risultati, oppure dobbiamo davvero essere contenti se il Bayern vince la Champions dopo averci eliminato?
Ecco perché considero il quarto posto prioritario, per rimediare alle Coppe (e ci metto anche la Coppa Italia, il punto più basso della stagione).
Se poi invece arriviamo quinti o sesti non credo sia da farne un dramma e vorrei fortemente continuare con Prandelli e Corvino, perché può capitare che una stagione su quattro non riesca completamente.
Ma voi, se a luglio vi avessero detto che si arrivava quinti, che ci buttavano fuori dalla Champions alla penultima giornata, dall’Uefa e dalla Coppa Italia subito, sareste stati contenti?
Io no, ma forse pretendo troppo dalla Fiorentina

Non raccontiamoci balle: a questo punto, se non arriviamo quarti, la stagione sarà negativa.
Le Coppe sono andate malissimo, anche se Prandelli e Corvino cercano di raccontarcela diversamente.
Può succedere, nessun dramma, il valore dello staff tecnico e dirigenziale viola resterebbe di assoluta eccellenza, ma non si può nascondere la testa sotto la sabbia.
Non sarebbe una stagione fallimentare, ma, ripeto, negativa certamente sì, perché il nostro campionato comincia in pratica domani, senza più gli “intralci” delle coppe e partendo davanti a tutti.
Non si vedono quindi controindicazioni sul fatto che si “debba” a questo punto centrare l’obiettivo.
E sono d’accordo con Manuela Righini sul fatto che si possa puntare anche al terzo posto perché il Milan è a tre punti ed in caduta libera.
Riparti per favore Fiorentina.

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