Tocchiamo pure ferro, ma non dover andare a Catania la prossima settimana è un vantaggio non indifferente per il passaggio del turno e per le ripercussioni nella domenica successiva contro il Genoa.
E’ vero che adesso hanno cambiato l’allenatore e che magari potrebbero essere più motivati, ma rimangono gli ultimi della classe e quindi considero l’eventuale pareggio domenica un risultato non positivo.
Gli unici che tifavano per i siciliani ieri pomeriggio erano Sardelli e Zoccolini, che sarebbero andati in Sicilia al posto mio, perché così avevamo concordato (vabbeh, è un eufemismo: così avevo deciso…).
Ammetto di aver sofferto molto per un successo del Siena per la seconda volta in meno di otto mesi, evento che mi pare a suo modo clamoroso.
Non esiste occasione più ghiotta per arrivare in fondo e provare a riportare a casa la Coppa che manca dal 2001 e che finalmente darebbe qualcosa di concreto al regno dei Della Valle, che adesso comincia a diventare tra i più lunghi dell’intera e comunque gloriosa storia viola.

Lo so che è arrivato Matri e che sta per arrivare Anderson, ma noi maschietti da qualche giorno siamo divorati da una domanda che ognuno si è inevitabilmente posto (non fate i furbi: lo avete fatto, sì che l’avete fatto).
Vorrei essere illuminato per la risposta da qualche fanciulla o signora del blog e credo che la superba penna di Massimo Gramellini, per giunta granata doc, non avrebbe saputo descrivere meglio l’incresciosa situazione.

Chiedo scusa per la futilità dell’argomento, ma i traffici sentimentali del presidente Hollande (pronuncia: Olaond, con bocca storpiata in una smorfia parigina di fastidio) suscitano in noi, maschi banali e insensibili alle grandi questioni geopolitiche, una vibrante e insopprimibile curiosità: come fa? Come fa, dico, un ometto dal viso di meringa occhialuta a saziare e straziare legioni di cuori femminili? E non si sta parlando di suffragette libro-repellenti, incantabili da una collana di lapislazzuli o dal miraggio di una scodinzolata in tv. Le donne che quel signore senza carisma – ogni volta che apre bocca sembra il vicepresidente di se stesso – è riuscito a sedurre vantano fascino e personalità da vendere, oltre che una dose ubriacante di puzza sotto il naso. Eppure la statista raffinata e la giornalista unghiuta hanno baccagliato come tigri al momento della sua incoronazione, una di loro è in ospedale a curare lo smacco del tradimento, mentre la favorita del momento – un’attrice, ma naturalmente un’attrice impegnata – si è battuta per lui in campagna elettorale. E questo per limitarsi alla lista di dominio pubblico.
Come fa? Le ipnotizza con il suo irresistibile sguardo da sogliola alla mugnaia? O le conquista con uno di quei comizi che hanno fatto russare davanti alla televisione milioni di francesi? Al confronto Sarkozy è Johnny Depp. A proposito, non è che anche madama Bruni ha incontrato Hollande davanti a una tisana e… No, impossibile, e comunque non lo voglio sapere.

Se davvero prendiamo Matri e Anderson, facciamo uno sforzo notevole per cercare di non perdere il treno per la Champions.
Conosco pochissimo il secondo, nel senso che ho vaghi ricordi delle sue prestazioni e certamente è una scommessa, ma di quelle intriganti che piacciono molto a Firenze.
Su Matri credo che si faccia un po’ di confusione sui suoi presunti recenti fallimenti.
Ha toppato solo al Milan, forse per troppa voglia di dimostrare che avevano sbagliato nel scaricarlo quando era solo un ragazzo, e comunque ditemi chi sta facendo bene da quelle parti.
La sua esperienza alla Juve è stata invece per me positiva, perché ha dato un notevole contributo al primo scudetto ed era davanti a Quagliarella nelle gerarchie della passata stagione, tutto questo nella squadra (ahimé!) più forte d’Italia.
Ha 29 anni, è discretamente incazzato con il mondo e non è che potessimo andare comprare Drogba o Torres per tamponare un’emergenza.
Aspettiamo buone notizie in giornata.

…ho lo stesso l’amaro in bocca, perché quelli di ieri era una partita che potevamo vincere, con un po’ più di cattiveria, decisione e fortuna.
E magari con una punta vera in campo, invece dei cinque minuti più recupero concessi a Matos.
Tutto parte dalla grandezza di Montella, che ha saputo ricostruire la squadra senza Rossi: abbiamo giocato un ottimo primo tempo, anche con un uomo in meno, perchè Ilicic non era niente, vagava per il campo in cerca di una posizione e temo anche della forma.
Nell’ultima mezz’ora invece è come se avessimo smesso di crederci e non capisco il perché, visto che il Torino era sempre lo stesso: chiusura a centrocampo e contropiede di Cerci.
Non sono riuscito a comprendere Iakovenko invece di Matos e anche Ambrosini al posto di Mati, un cambio che era un segnale di arrendevolezza all’ineluttabilità del pareggio.
Prendiamoci questo punto e il perdurare dell’imbattibilità dell’ottimo Neto e aspettiamo notizie dal mercato.
E a proposito: io non voglio Rolando Bianchi, dico solo che in mezzo a tanti nomi di scarto, e tra questi non metto Matri, che prenderei subito, preferirei lui, tutto qui.

La prima cosa che ho fatto stamani è stata leggere le novità su Pepito: siamo tutti coinvolti emotivamente.
Ora sto ascoltando Manzuoli a Radio Blu, che mi ha confortato: non è più gravo del previsto e quindi potrebbero essere rispettati i tempi di lunedì, che a me in verità erano sembrati ottimistici.
Metterei ancora la firma per i tre mesi, che vorrebbe dire riavere Rossi per le ultime sette, otto giornate di campionato.
E a quel punto speriamo che la fibrillazione su Mario Gomez sia solo un lontano ricordo…

Non esiste limite al pudore: pare che Delio Rossi voglia i soldi del contratto in scadenza 2013, contestando il licenziamento per giusta causa, e anche qualcosa in più per danni di immagine.
La sua.
Non quella della Fiorentina, sputtanata a livello mondiale da una delle più vergognose scene mai viste su un campo di calcio.
Sono proprio curioso di vedere come andrà a finire la battaglia giudiziaria tra la società e l’ex allenatore, che non solo non si è pentito mai veramente delle botte rifilate a Ljajic, ma che considera quanto accaduto il 2 maggio 2012 un fatto normale, qualcosa che rientra nella consueta dialettica tra un tecnico e un giocatore.
Quanto ci siamo sbagliati tutti quanti, io per primo, nell’invocare Delio Rossi come soluzione di una Fiorentina che stava scomparendo!
Nel suo piccolo, tralasciando il giudizio su quanto visto in campo, molto, ma molto meglio come uomo Sinisa Mihajlovic e sono curioso di vedere chi afferma il contrario.

Ma quanto è bravo Montella!
Ieri sera era una prova di maturità non da poco e il Chievo se l’è giocata almeno fino al gol di Joaquin.
Nessuno si è pianto addosso per le assenze pesantissime e non era affatto facile vincere, specialmente in quel modo, con un dispendio di energie che può essere considerato soddisfacente.
Il secondo tempo è stato infatti poco più che un allenamento e a Torino, sotto questo punto di vista, non dovremmo pagare chissà quali pedaggi.
Sul piano strettamente qualitativo non avere i tre titolari in attacco conta molto anche se qualcosa si intravede in Rebic e Matos, mentre speriamo che Joaquin e Mati si ricordino del loro livello internazionale e aiutino, come è avvenuto col Chievo, a tamponare le falle.
Siamo comunque alla seconda vittoria consecutiva di gennaio, il mese peggiore di Montella..

Vorrei che fosse chiaro un concetto: quella di stasera è davvero la Fiorentina bis, ovviamente meno forte della prima e per questo da seguire con maggiore affetto.
Al di là delle valutazioni che farà Montella, mancheranno i tre titolari dell’attacco: Cuadrado, Mario Gomez e Rossi, più certamente Aquilani e vorrei vedere quale squadra non risentirebbe di assenze di questo calibro.
In più il Chievo è una buona squadra, con cui abbiamo faticato (con Rossi e Cuadrado) a Verona, quando loro erano ancora in piena crisi.
Mi fa molta paura questa partita, anche perché continuo a vedere intorno un sostanziale disinteresse per la Coppa Italia e sarebbe perfino stucchevole stare qui a ripetere i soliti discorsi sull’importanza di questa competizione.
Vediamo quanta gente andrà allo stadio e già da quello si capirà che aria tira.

E’ vero, ci sono stati commenti fuori dalle righe e me ne scuso, ma alla fine vince sempre o quasi il mio essere per la libertà di espressione.
Vi assicuro che ne ho tagliati molti di commenti folli, ma non è questo il punto.
Il punto è che io non mi iscrivo alla guerra di religione tra Firenze e Livorno ed è anche per questo che ho organizzato lo scambio di idee tra Nardella ed il sindaco Cosimi.
Perché ci sono cose molto più importanti del calcio, questo è bene che se lo mettano in testa tutti.
Sul web circolano fesserie e frattaglie da denuncia alla polizia postale, ma io mi chiedo: se nemmeno dieci anni fa c’erano stati incontri conclusivi per suggellare il gemmellaggio tra tifosi, da dove nascerebbe questo odio che sembrerebbe antico?
Altra cosa è il giudizio sul fatto calcistico, che riassumerei così: il fallo era cattivo ed intenzionale, da arancione, cioè a metà tra ammonizione ed espulsione, ma si è visto di peggio.
Il punto di non ritorno è stato l’atteggiamento di Rinaudo, quella reazione da invasato con Pepito a terra a urlare di dolore e lì, pensandoci a freddo, sarebbero dovuti intervenire Biagianti e Luci: uno se ne è fregato, l’altro ha attizzato ancora di più il fuoco.
Nicola si è dimostrato inesperto e insensibile a fine gara, ma il mio ulttimo pensiero prima di chiudere la vicenda va alle 30 famiglie che hanno in casa una persona afflitta dalla FOP.
Per loro quella di ieri sera è stata la peggiore delle serate possibili: speravano di avere visibilità e sono stati oscurati dalla violenza del campo.

Perché é Pepito, ma non solo per quello.
Non si possono fare falli di quella intensità in quella zona del campo.
Non è tollerabile la reazione del signor Rinaudo, che non solo non si è scusato, ma si è pure messo a protestare, ritenendo eccessivo il cartellino giallo.
Non si possono accettare, proprio no, le parole fuori luogo di Nicola a fine gara.
Non parlatemi per favore della mia simpatia per il Livorno, questa sera non è il caso.
Abbiamo vinto, ma è una delle vittorie più amare che ricordi: come col Genoa nel 1981, come con la Sampdoria nel 1984 e ogni volta c’era Antognoni di mezzo.
Pepito non è il capitano, non ci sono paragoni da fare in questo senso, ma questa è una serata amara come poche altre.

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