Marzo 2009


Prima domanda all’odierna conferenza stampa di Mourinho: “Come mai non ha fatto giocare in Champions Crespo e Cruz, che di solito la buttano dentro?”
Che sarebbe come chiedere a Prandelli oggi, a tre settimane di distanza da Amsterdam, il perchè del doppio cambio Almiron-Jorgensen.
E ancora: “Cosa pensa del fatto che il Liveropool ha fatto quattro gol al Manchester in una sola partita e voi neanche uno in due?”
Che sarebbe come chiedere a Prandelli dell’eliminazione dell’Ajax ad opera del Marsiglia in Uefa?
Ditemi voi cosa sarebbe successo se una conferenza stampa del genere, che a Milano è normale, fosse andata in scena al Franchi invece che ad Appiano Gentile.

“A ottobre ci siamo divertiti…”, ha raccontato oggi Monolivo, chiudendo definitivamente la polemica sulle dichiarazioni autoreferenziali di qualche mese fa.
Bene, ora si volta pagina: Riccardo Montolivo torna ad essere mediaticamente un giocatore come tutti gli altri, sperando che sia diverso solo in campo, dove può dare una mano decisiva.
Conoscendo la sua determinazione, che a volte sfiora la cocciutaggine, mi sento di dire che non c’è alcun consigliere dietro questo abbassamento dei toni, che comprende tra l’altro l’ammissione di più che evidente abbassamento di rendimento.
Bravo Riccardo.

P.S. Mi sono accorto ora che questo è il post numero 1000, una cifra che mi pareva significativo sottolineare.
Grazie a chi mi segue pazientemente fin dal primo intervento e a coloro che sono entrati in cosa.

Domani parla Riccardo Montolivo e, andando contro ogni interesse giornalistico, io mi auguro che non ci siano i consueti fuochi di artificio.
Così raccomanderò ai miei di non fare domande banali e/o provocatorie, perché di tutto abbiamo bisogno in questo moento tranne che di polemiche stucchevoli sulla stampa che non capisce niente o sul talento indubitabile autocertificato dell’ormai ex ragazzo di Caravaggio ora calciatore nel pieno della carriera.
Dirò invece alla squadra di Radio Blu di provare a parlare di calcio, perfino di moduli, cercando di entrare un po’ più in profondità.
Poi però le risposte migliori di Montolivo le vorrei davvero vedere in campo domenica pomeriggio, perché nell’ultimo mese era troppo anonimo per essere lui.

Ammenda di € 12.000,00: alla Soc. FIORENTINA per avere suoi sostenitori, nel corso della gara, intonato cori costituenti espressione di discriminazione razziale nei confronti di un calciatore della squadra avversaria; entità della sanzione attenuata ex art. 13 comma 1 lettere a) e b) e comma 2 CGS per avere la Società adottato idoneo modello di organizzazione e concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi; recidiva specifica.

Eravamo a vantarci giustamente di avere una curva senza coloriture politiche, nonostante i tentativi di qualche testa rasata di infilarsi dentro per far casino.
Parlavamo di terzo tempo e di fair play, concetti fondamentali della fisolofia dei Della Valle.
Ora invece siamo qui a dire che non è vero, che altri sono più razzisti di noi, che Balotelli è un provocatore, che i buu e i “mangia la banana” sono un modo per aiutare la squadra.
Complimenti davvero a tutti questi idioti, continuate pure a farvi e a farci del male.

1997/98
La voglia di novità aveva preso il sopravvento su tutto. La scopa nuova, si sa, pulisce molto meglio di quella vecchia, e così tutto quello che faceva Malesani ci sembrava straordinario. Com’era sorpassato Ranieri, con il suo brutale buonsenso e la sua proverbiale freddezza. «Facci l’ultimo miracolo: sparisci!», scrissero (ingenerosi) i tifosi su uno striscione, e furono davvero in pochi a rimpiangerlo nel momento dell’addio. Sandrelli intanto era diventato anche responsabile delle relazioni esterne della Fiorentina e, incredibile ma vero, era arrivato perfino un addetto stampa. L’inevitabile scelta era caduta su Vincenzo Macilletti, da anni raccoglitore degli umori presidenziali, dentro e fuori la telecamera. Rimasto a spasso dopo la chiusura di Teleregione, sponsorizzato da Rialti e dalla Righini, Macilletti è stato in verità più un addetto dei giocatori, soprattutto di Batistuta e Rui Costa, ma non ha mai fatto danni particolarmente gravi.
Dopo quattro anni di penitenze a Roccaporena, la Fiorentina tornò in ritiro in Toscana, ad Abbadia San Salvatore, e fu lì che conobbi per la prima volta Alberto Malesani, Alby per gli amici.

LA GUERRA
L’inizio del conflitto con Alby è di uno stupido, che più stupido non si può. Ottobre 1997, Morfeo chiede di andarsene al Lecce del suo antico maestro Prandelli, e Malesani viene in sala stampa a commentare la vicenda. Maledettamente Ceccarini si dimentica la cassetta e così rimaniamo senza le parole del tecnico, che viene comunque interpellato telefonicamente per mandare gli auguri a Kanchelskis, infortunatosi in settimana. Per rimediare alla mancanza dell’intervista su Morfeo, chiedo a Malesani di commentare in diretta le parole del suo giocatore e lo sento scocciato e sbrigativo. La settimana dopo vado al campo per fissare quando sarebbe venuto in radio per un’ora di programma e mi risponde che lui era già stato nostro ospite, che ne avremmo riparlato semmai nella stagione successiva. Faccio notevoli sforzi per non arrabbiarmi e chiedo a Cinquini di intercedere. Niente da fare. Malesani è incavolato nero perché si è sentito messo in trappola con la storia della domanda a sorpresa su Morfeo. Incasso masticando fiele il definitivo rifiuto, e attendo che il “nemico” passi sulla riva del fiume. L’occasione me la dà l’indimenticabile Edmundo, che Malesani, a dispetto della sua classe purissima, impiega col contagocce per non alterare gli equilibri della squadra. La Nazione mi affida un’inchiesta sul brasiliano, e fra i pareri raccolti ce n’è uno di Chiarugi, allora fuori dalla Fiorentina, ma sempre a libro paga, piuttosto critico sull’operato del tecnico. Lascio inalterato il senso del discorso e forzo leggermente sulle parole. Il pomeriggio dopo mi chiama Luciano e mi chiede se posso andare al campo di allenamento per spiegare a Malesani che lui quelle cose lì non le aveva dette.
«Come Luciano non le avevi dette? Ti ricordi quello che hai dichiarato?»
«Sì, David, io sono dalla parte di Edmundo e di Cecchi Gori (che spingeva per vederlo in campo), ma non volevo attaccare Alberto, che è arrabbiato nero con me. Cerca di capirmi…».
Lo capisco e mi presento ai campini, dove accade un fatto storico nella carriera di Malesani: per la prima volta in quindici anni di panchina lascia la conduzione dell’allenamento al suo vice Malatrasi e si apparta con me e Chiarugi. E’ livido di rabbia.
«Allora, come sta questa cosa dell’intervista?»
«Beh, è vero, ho appesantito le parole di Luciano, che non ti voleva mettere sotto accusa»
«Ti devi vergognare per il male che fai alla Fiorentina. Vergogna, vergogna, vergogna!».
Ho sempre avuto il rammarico di non avergli risposto che «vergogna, vergogna, vergogna!» avrebbe dovuto gridarlo a quella santa donna di sua madre. Rimasi invece in silenzio sotto lo sguardo interrogatorio del migliaio di tifosi presenti all’allenamento e della ventina di colleghi che aspettavano a pochi metri da noi.
Da quel momento le cose precipitarono. Malesani fece chiaramente capire a Luna che la mia presenza a Canale Dieci non era affatto gradita, io sfogai la mia rabbia in lunghi e ripetitivi attacchi radiofonici che determinarono tra noi una frattura sempre più profonda. Chiamai addirittura Ranieri e gli dissi: «scusami Claudio, noi abbiamo avuto dei dissapori e sono stato contento quando te ne sei andato, ma non sapevo cosa stava per succedermi».
Sbagliammo tutti e due: esagerai io ed esagerò lui, lo abbiamo capito tre anni più tardi. Fu Mino Malatrasi, con cui avevo avuto un violento scontro al loro primo anno di Parma, a fare da paciere. Si era già scusato qualche mese prima per il suo comportamento, e quando lo chiamai per fargli i complimenti per il nuovo ingaggio a Verona, mi disse: «perché non telefoni ad Alberto, gli farebbe piacere…»
«Ma sei sicuro? Guarda che non ci parliamo da anni»
«Vai tranquillo, abbiamo nostalgia di tutto ciò che abbiamo vissuto a Firenze, anche delle litigate con te».
Sembrava che fossimo stati a cena insieme la sera prima, il ghiaccio era sciolto e poi, mi dicono, lui è molto cambiato. Forse il terribile incidente che ha avuto in auto, forse perché si invecchia tutti, chissà.

SOLO ATTACCANTI
Batistuta, Oliveira, Edmundo, Morfeo, Robbiati, Dionigi, Kanchelskis, più Baiano ad allenarsi a parte: bastano come potenziale offensivo di una squadra che non doveva neanche giocare le coppe europee? La sindrome cecchigoriana di onnipotenza che ci avrebbe portato alla distruzione cominciò ad avvertirsi proprio nell’ossessiva ricerca dell’attaccante. A Vittorio piacevano le punte, c’era forse qualcuno che poteva contraddirlo? E così succedevano cose curiose, tipo il misterioso ingaggio di Morfeo, in pratica il clone di Robbiati, che l’anno prima era stato decisivo con i suoi undici gol. Meno male che il modulo tattico di Malesani contemplava almeno tre attaccanti, che però dovevano tornare a centrocampo. Quando arrivò Edmundo, se ne fregò degli schemi del tecnico e si mise a giocare come se fosse ancora sulla spiaggia di Copacabana. Figurarsi se i fiorentini non si innamorarono subito di uno che valeva tecnicamente almeno quanto Rui Costa, solo che, non correndo a coprire, aveva più fiato negli ultimi trenta metri. Al ventesimo dribbling in allenamento Malesani lo mise in panchina e da lì, malinconicamente, Edmundo cominciò la sua breve avventura italiana.

IL RICATTO
Cominciavano intanto ad arrivarmi strani segnali di inquietudini sul versante Cecchi Gori. Alla prima partita in casa di campionato mi venne negato il solito passaggio per le interviste in tribuna d’onore, i suoi fedelissimi mi guardavano sempre di più in cagnesco. Cosa fosse successo lo scoprii qualche giorno più tardi. Qualcuno, credo Poggi, aveva snocciolato a Vittorio i nomi dei collaboratori del Pentasport, e fra questi c’era chi il presidente non gradiva affatto. Il solito Frati, Aldo Agroppi e, chissà mai perché, Manola Conte. Cominciarono quindi delle pressioni più o meno velate perché li eliminassi. Ero di fronte ad un bivio: Cecchi Gori ci faceva molto comodo perché le sue interviste in esclusiva con noi andavano su tutti i giornali, e poi c’era sempre la storia delle radiocronache “fuorilegge”, ma accettare il diktat avrebbe voluto dire consegnarsi manie piedi a Vittorio e al suo gruppo.
Dissi di no, ribadii che Frati, Agroppi e Manola avrebbero continuato a parlare a Radio Blu e mi preparai a subire le conseguenze, che non tardarono ad arrivare. Venne infatti messa su in quattro e quattr’otto una radio concorrente, che prima chiese di ingaggiarmi e poi mi fece la guerra organizzando una trasmissione che andava in contemporanea su Canale Dieci. Fu un periodo caotico, ma alla fine l’insuccesso dell’operazione fu palese. Le frequenze di quella radio, che avrebbe dovuto trasmettere sempre e comunque notizie sulla Fiorentina, vennero vendute ad un network nazionale e Vittorio tornò spesso a parlare solo con me. Purtroppo.

FURTO A SAN SIRO
Ci presentammo a Milano contro l’Inter a punteggio pieno, appaiati a loro in testa alla classifica. La voglia di primato e di paragoni era così alta che azzardai su La Nazione un impossibile raffronto tra Amoroso e Ronaldo, nati ad un solo giorno di distanza l’uno dall’altro. Malesani, lavorando ossessivamente sulla tattica, aveva costruito un’ottima squadra: tutti sapevano cosa fare e la condizione atletica, almeno a settembre, era brillante.
Il fattaccio avvenne al trentaseiesimo del primo tempo, quando West fece un’entrata folle su Kanchelskis. Roba da stroncargli la carriera e non a caso da quel giorno “Cancello”, come lo chiamavamo a Firenze, non fu più lui. Graziano Cesari, “l’arbitro alla lampada” che adesso sproloquia contro il gioco duro ogni settimana dai canali Fininvest, tirò fuori fra l’incredulità generale solo il cartellino giallo. Passammo lo stesso in vantaggio per due a uno, ma poi l’Inter pareggiò e a otto minuti dalla fine un disgraziato passaggio all’indietro di Batistuta mandò in gol Djorkaeff. Già il pareggio sarebbe stato stretto, figuriamoci la sconfitta. Le illusioni di primato si infransero in quel luminoso pomeriggio autunnale e arrivarono in fila altri due rovesci che resero la posizione di Malesani molto poco stabile.

…dieci partite perse in campionato, e quattordici in stagione, sono troppe, comunque la vogliamo girare.
Di fronte a partite come quella di Milano non sai cosa dire, perché a toppare sono stati i migliori: Mutu, soprattutto, ma sinceramente un po’ pure Frey.
Non ho rivisto il primo gol dell’Inter, dal vivo l’impressione è stata quella dell’incertezza di Sebastien, insieme a mezza difesa.
Mutu mi ha ricordato Baggio a Torino nella prima finale Uefa, tu non puoi credere che uno così bravo non la metta dentro davanti al portiere (peraltro eccezionale sul primo intervento), eppure è andata così: uno così bravo sbaglia e alla fine perdi la partita.
Segnalo sommessamente che le ultime notizie di Montolivo risalgono ai primi giorni di febbraio, alla partita col Bologna in trasferta.
Da allora si è inabissato e nessuno sa spiegarne il perché.
Gli fa compagnia Kuzmanovic, che sta giocando la sua peggiore stagione in viola, mentre ha funzionato il cambio di posizione tra Jorgensen e Melo.
Bene anche Vargas, che non ha fatto rimpiangere Pasqual e Comotto, ma, ripeto, perdere dieci partite su ventotto in campionato è davvero troppo.
E il quarto posto non ce lo regaleranno per i meriti acquisiti in passato.

Secondo me ci stiamo un po’ troppo caricando da soli e la stiamo facendo un po’ meno difficile di quanto sarà in realtà.
Forse è una mia impressione, ma è come se pensassimo che l’Inter sia ripiombata nei casini di qualche anno fa e quindi, proprio per questo, ci concederà qualcosa.
Temo che non sarà così e farci conto vorrebbe dire partire col piede sbagliato.
Ovviamente sto parlando di ambiente esterno alla squadra, non di quello che succede nello spogliatoio.
E veniamo al fatto tattico.
A me pareva che Jorgensen vice Santana non avesse demeritato e che Melo come vertice basso avesse trovato, pur con lo scadente stato di forma delle ultime gare, un proprio equilibrio.
Sinceramente non capisco il motivo dell’inversione di ruolo tra i due e sono curioso di vedere se poi questo cambio avverrà davvero tra due giorni a San Siro.

Qui si tratta di essere obiettivi, al di là dell’antipatia per tutti i favori che il Palazzo le sta facendo da anni, di Carnevale e delle invasioni barbariche nelle loro trasferte fiorentine.
Ragazzi, a me sarebbe piaciuto vedere la Fiorentina giocare una partita come quella della Roma di ieri sera.
Una partita di altri tempi per abnegazione, con Totti che per 120 minuti ha corso con una gamba sola, Juan azzoppato che segna il gol della vittoria, Pizzarro stirato eppure sempre in campo, Aquilani mezzo rotto che entra lo stesso, Montella che gioca 30 secondi e segna in quel modo il rigore (ma Vucinic l’avranno frustato nello spogliatoio?).
Avrebbero sinceramente meritato di passare il turno e sono stati gli unici ad esserci andati veramente vicini, perché, al di là delle occasioni avute dall’Inter, il Manchester era veramente di un’altra categoria nei 180 minuti, e la Juve è sembrata inferiore al Chelsea.
Ai rigori ho tifato Roma, lo confesso, e non solo per interesse personale, cioè viola, ma perché hanno, come si diceva una volta, veramente gettato il cuore oltre l’ostacolo.

Non ho capito bene perché venga proposta, e probabilmente concessa, la cittadinanza onoraria di Firenze al signor Englaro, il padre di Eluana.
Mi sfugge il senso della vicenda, che credo meriti molto rispetto e mi pare di aver già scritto sulle nefandezze pronunciate da Berlusconi e da altri “autorevoli” esponenti del Governo nei giorni della morte di Eluana.
E però, nonostante il parere contrario di mia moglie, io credo che sul caso specifico sarebbe molto meglio far scendere il silenzio, fermo restando i sacrosanti diritti del signor Englaro di difendere le proprie posizioni in tutti i modi possibili.
Ma la cittadinanza onoraria si dà per particolari meriti acquisiti e qui io vedo solo un dolore lancinante e inestinguibile.
Mi pare anche un modo per non rispettare chi la pensa in modo opposto al mio (che ero e sono favorevole alla decisione del padre di Eluana), insomma quasi una provocazione.
Dice: sì, ma gli altri che fanno? Non danno spallate tutti i giorni contro la laicità dello Stato?
Può darsi, ma non voglio mettermi sullo stesso piano.
Insomma, non se ne poteva fare a meno?
Che cosa porta di contributo continuare a rimestare la polemica su una morte così dilaniante?

Ogni tanto mi viene in mente quello che disse Frank Sinatra quando gli chiesero che cosa pensasse della televisione che cominciava a muovere i primi passi.
“E’ bellissima – rispose – basta chiudere gli occhi ed è come ascoltare la radio”.
Io adoro la radio: fin da bambino non mi perdevo una punata di “Gran varietà”, “Hit parade” e “Batto quattro”, lasciando da parte lo straordinario “Tutto il calcio minuto per minuto”, che seguirei ancora oggi se non fosse che da 27 anni sono un po’ impegnato durante le partite…
Tutto questo per spiegare la difficoltà con cui ho detto sì all’idea del travolgente Pestuggia di andare sul web con il Pentasport, a cominciare stasera dal “Sullivan show”.
Ebbene sì, sono un purista della radio e questa contaminazione televisiva attraverso il web la considero una sorta di passaggio obbligato alla multimedialità.
Ovviamente sono curioso e mi auguro che funzioni tutto bene, poi magari mi appassiono come è successo col blog che state leggendo.
Mi fa piacere che Radio Blu sia la prima a fare questo esperimento e vi invito ad esprimere liberamente le vostre opinioni.
Per venire a “vederci” bisogna andare su violanews.com (a proposito, gli ultimi rilevazioni del sito, in cui, lo ribadisco, io non c’entro niente, sono state straordinarie in termini di utenti e pagine viste) e cliccare sull’apposita icona.
Poi, forse, si replica venerdì col sottoscritto ed il filo diretto.

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