Fiorentina


Se si esce dalle logiche del calcio moderno, e davvero si pensa che una società di calcio a ridosso del 2014 debba avere una figura simbolo nel proprio organico, non penso che esista nella Fiorentina nessuno che lo meriti più di Giancarlo Antognoni.
Un ex ragazzo che ad aprile compirà 60 anni e che da 42 vive nella nostra città, con la risibile eccezione di un paio di stagioni a Losanna, ma con il cuore sempre qui.
Non parlo di grandezza sul campo, dove peraltro ha fatto innamorare generazioni di ragazzi e ragazze, ma di quello che ha rappresentato fuori, anche al netto di tutte le polemiche in cui si è infilato o in cui si è trovato invischiato suo malgrado.
Un fiorentino nato quasi per caso a Marsciano, sempre disponibile con tutti e che dice sì a mille eventi benefici.
Certo, parlo da cinquantenne e ormai sono tanti quelli che non l’hanno visto in campo e conoscono a malapena i suoi no alla Juve e alla Roma, quando il sì voleva dire vincere quasi certamente lo scudetto e può darsi che ci siano nomi più freschi e suggestivi da proporre, ma Antognoni è il primo campione che ci viene in mente se chiudiamo gli occhi e pensiamo ad un giocatore viola.
Secondo me alla fine non succederà niente e non avremo nessuna gloria del passato in società, ma se proprio dovesse succedere…

Le partite in notturna abbassano parecchio le mie difese immunitarie mediatiche e sarà per questo che ad un certo punto ieri sera sono sbottato sentendo l’ennesimo sms che pareva commentare una sconfitta invece che una vittoria.
Neto disastroso (è inferiore al resto della squadra e lo sapevamo, ma perché buttarlo ancora più giù?), squadra destinata a peggiorare, rischi inutili, partita mediocre.
E che cavolo!
Abbiamo vinto, sprecando almeno tre occasioni da gol, siamo quarti a pari punti con l’Inter che non ha le Coppe, Rossi è il capocannoniere del campionato, ci manca Gomez, ieri eravamo senza due tenori su tre: si potrà ballare un po’ o le dobbiamo vincere tutte per diritto divino.
Ribadisco l’esercizio spirituale che dovrebbero dare per punizione agli scontenti di professione: pensare almeno una volta al giorno a dove ci avevano portati dal maggio 2010 al maggio 2012 e poi guardare sospirando verso il cielo ringraziando il ritorno di Andrea Della Valle, la promozione di Macia, l’arrivo di Pradé e Montella.

Scrivo mentre deve ancora giocare la Juve, che sinceramente mi pare di un’altra categoria.
Intanto Roma e Inter rallentano, anche se gli orfani di Totti immagino siano soddisfatti per come è arrivato il pareggio, peraltro più che meritato.
Dipende più che mai da noi, come prima di Udine e questa è un’occasione che non possiamo fallire in alcun modo.
Contano i tre punti domani sera, solo quelli, non importa in che modo verranno conquistati.
Non parlerei neanche di pressione psicologica, quella la può avere il Napoli, che ha fatto capire di pensare allo scudetto e che ha un centrocampo e una difesa che non cambierei con quelli della Fiorentina.
Spingiamo tutti insieme dalle 19 in poi, staccando per novanta minuti ogni discorso sul gemellaggio.
Chiudo con i doppi auguri: a Radio Sportiva e a questo blog, a cui tengo moltissimo.
Oggi compiono rispettivamente tre e otto anni: sembrano pochi, ma viverli tutti i giorni con l’intensità che provo a metterci sempre non è facile, ve lo assicuro.

Montella nervoso?
Può essere, per via del ritardato ritorno di Gomez, che scombussola non poco i suoi tecnici presenti e strettamente futuri.
Montella permaloso?
A me non pare proprio, e come sapete bene sono un esperto della materia, secondo nella categoria ai soli Corvino (inarrivabile), Giovanni Galli e forse pure Prandelli.
Come ho ricordato oggi in Anteprima Pentasport, non sarebbe male esercitarsi in un lavoro di memoria che faccio spesso quando qualcosa va storto.
In quei casi cerco di ricordarmi da dove sono partito, dalla 850 coupé di mia mamma vecchia di dieci anni, da Radio Sesto International, dal lavoro d’estate (e non solo d’estate) per pagarmi le vacanze al mare: non sempre funziona, ma spesso aiuta a superare momenti difficili.
Ecco, facciamo lo stesso con la Fiorentina.
Ripensiamo a dove eravamo nel maggio 2012, al termine di due tra le più avvilenti stagioni viola, in cui mai era stato così ampio il distacco tra la squadra e il popolo viola che sempre l’aveva amata, anche e soprattutto nei momenti più duri.
Con un minimo di senso storico si può definire la rinascita della passata stagione come un mezzo miracolo, che appunto in quanto tale, non può ripetersi sempre.
Ergo: se in questo campionato avessimo avuto la stessa progressione dell’anno scorso, oggi saremmo in testa al campionato.
Invece siamo “solo” quinti e già ai sedicesimi in Europa League, con 45 minuti sbagliati di brutto a Udine e 70 non giocati in Portogallo: negli anni bui dell’uomo solo al comando, prima che Andrea Della Valle si rendesse conto dei danni fatti presenti e futuri, saremmo stati felici dei 45 minuti buoni di Udine e degli ultimi venti gagliardi di giovedì…
Nel calcio, come nella vita, è tutta una questione di aspettative…

L’Europa è servita a testare diversi giocatori che conoscevamo poco e che obiettivamente sono molto distanti dai titolari.
Quante partite servono per capire se si è o non si è all’altezza? Tre, quattro?
Beh, a me pare che il calcio a quei livelli conceda poche possibilità e Iakovenko che parte dalla panchina in Portogallo ne è una dimostrazione.
Non siamo messi benissimo, tralasciando Ilicic, che in passato, sia pure con scarsissima continuità, ha già fatto vedere di essere bravo: lui è un caso a parte, nemmeno troppo facile da affrontare.
Ma Bakic, Alonso e lo stesso Iakovenko non hanno per me superato l’esame, senza con questo voler essere troppo cattivi.
Sulla partita è quasi inutile soffermarsi:per settanta minuti era come se toccasse ad altri, se non ci fossimo e non è possibile concedere il gioco al Pacos.
O meglio, è possibile se non giochi come sai e puoi, sia pure con tanti big assenti.
Nulla di catastrofico, però contro il Verona sarà bene ritrovare la via del gol, che manca da oltre duecento minuti.

Il Portogallo visto da Oporto è più vicino all’Italia che alla Grecia, come invece potrebbero far pensare gli analisti finanziari e il famigerato spread.
La città è molto bella, piuttosto elegante, anche se ovviamente noi siamo fortunati e vediamo il salotto buono e non la cantina, cioè la periferia, che come tutte le periferie avrà le sue sacche di miseria e povertà.
Ieri nei telegiornali portoghesi ci siamo entrati anche noi, e non solo per la Fiorentina, a cui sono stati dedicati pochi secondi, ma per Berlusconi.
Il taglio era quello del potente che cade in disgrazia, ma credo che forse non conoscono abbastanza l’Italia…
Stasera mi aspetto una prova di carattere, un sussulto di Ilicic e una conferma di Matos, che ci farà un gran comodo nelle prossime gare senza Gomez.

Da quello che ho saputo e capito Mario Gomez ha cercato di forzare un po’ troppo per rientrare il prima possibile, per questo adesso rischiamo di rivederlo solo nel 2014.
Un eccesso di generosità che chiude la bocca a qualche velenoso commento sulla sua presunta voglia di risparmiarsi in vista del Mondiale in Brasile.
E’ invece vero il contrario, e se da un lato girano fortemente le scatore a tutti (tra una cosa e l’altra non lo abbiamo avuto a disposizione per oltre un terzo della stagione), dall’altro non possiamo che confermare le impressioni positive su un uomo che sa benissimo quali siano le proprie responsabilità dopo l’enorme investimento fatto dalla Fiorentina.
Adesso è il momento in cui dobbiamo stare calmi e tranquilli, evitando allarmisimi e forzature che ci lancerebbero in una situazione molto pericolosa.
Difendere e salvaguardare Mario Gomez vuol dire difendere e salvaguardare la Fiorentina.

Eh sì, siamo (sono) stati parecchio presuntuosi in una domenica che poteva essere quasi esaltante per via degli altri risultati.
Ed invece, inspiegabilmente per me, nel secondo tempo non abbiamo giocato, aspettando l’ispirazione celestiale che non è arrivata e ancora peggio sono andate le cose quando sono entrati Mati e l’irritante Ilicic, che sarà pure convalescente, ma che dà l’impressione di essere un corpo estraneo.
Se perdi a Udine contro una squadra di bassa classifica ed il migliore è stato senza dubbio Neto, qualche domanda te le devi porre.
Soprattutto dopo un primo tempo in cui l’Udinese sembrava capirci poco, ma lì siamo stati leziosi, lì c’è mancato davvero Mario Gomez, che speriamo si sbrighi a rientrare.
E’ una sconfitta brutta, ma che fa poco male per le aspirazioni di Champions, a patto di trarne la lezione giusta.
Un po’, e spiace dirlo, però è andata così, come ha fatto la Juve dopo la batosta di Firenze.

Chi fareste giocare in mezzo a Udine: Ambrosini o Pizarro?
Certo, molto dipenderà dalle condizioni di forma dei due, ma mettiamo che stiano entrambi benino e non benissimo: sarebbe più utile un recuperatore di palloni o un regista?
Un dubbio dele genere sarebbe stato considerato al limite della bestemmia tecnico-tattica appena quattro mesi fa ed invece l’ipotesi di un Pizarro in panchina non è affatto remota.
Merito della continuità di rendimento di Ambrosini, “colpa” di questo primo terzo della stagione a corrente alternata di Pizarro.
E comunque c’è di buono che non siamo più Pizarro-dipendenti, almeno non nella misura in cui lo eravamo nello scorso campionato, quando ogni squalifica, ogni problema del cileno sembravano dei macigni che arrivavano tra capo e collo.
Un bel passo avanti, perché prima o poi, e forse già dal 2014/2015, bisognerà davvero pensare ad una Fiorentina senza Pizarro.

A me piace quando un giocatore della Fiorentina segna in Nazionale e nel caso di Pepito Rossi il godimento è stato doppio per tutto quello che il ragazzo ha passato.
Non me ne voglia il mio amico Piero, che tra l’altro è un grande intenditore di calcio, ma a me pare che pure Balotelli abbia giocato un’ottima partia e comunque per noi conta soprattutto la prova del talento viola che ha dimostrato come sia in grado di essere straordinariamente importante giocando come appoggio alla prima punta.
Anzi, verrebbe da dire che in quella posizione va pure meglio, anche se nei due mesi senza Gomez mi pare se la sia cavata abbastanza bene.
Non male nemmeno l’idea di farlo uscire verso la metà del secondo tempo e giocando di lunedì non si può temere che possa essere spremuto in vista della partita di Udine.
Discreto pure Pasqual, che non dovrebbe essere lontano dal staccare il biglietto per il Brasile, operazione assolutamente impensabile appena tre mesi fa.

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