Fiorentina


Siamo arrivati a quello che volevano gli stramaledetti che seminano odio nelle curve di tutta d’Italia e quindi anche a casa nostra: Fiorentina-Livorno e Livorno-Fiorentina saranno considerate partite a rischio.
Bel risultato, davvero.
La colpa è di tutti, pure nostra, che non abbiamo saputo fare niente per fermare questa corsa verso la pazzia.
Non esistono in Toscana due città più simili di Firenze e Livrono: nell’acutezza, nello sberleffo, nell’orgoglio delle proprie radici.
E non c’è bisogno di scomodare i Medici per capire che la storia ci inviterebbe al gemellaggio invece che alla guerra.
Chi ha cominciato non lo so: forse loro, che per fare il gemellaggio chiesero di abiurare Verona, ma non è questo il punto.
Il fatto è che una persona è stata ferita, e anche piuttosto seriamente, e che magari mentre io scrivo questo atto di dolore in qualche club livornese si sta pensando alla vendetta dell’anno prossimo.
All’andata uscii dall’Ardenza insultato da una cinquantina di persone indemoniate contro Firenze e difeso da una ventina di fedeli ascoltatori labronici del Pentasport che ben sapevano quanto mi fossi mediaticamente adoperato per tentare un aggancio per un futuro gemellaggio.
Chi era con me si stupì molto del fatto che affrontassi incurante gli insulti, ma mi sentivo sicuro, proprio per quella somiglianza di cui parlavo prima.
Adesso, sinceramente, non so se lo rifarei.
Ma forse sì, proprio per non darla vinta a chi cerca di trasformare gli stadi in campi di battaglia dove sfogare le proprie frustrazioni.
Certamente, comunque, stavolta avrei paura.

A voler essere incontentabili avrei anche potuto scrivere: troppo sudata, perché in verità il Livorno oggi è solo Lucarelli e qualcosa di contorno, ma proprio poco.
Stiamo ancora pagando il dopo Marbella, ci manca brillantezza e ci manca pure qualità.
Inevitabile senza Santana e Montolivo (quello buono, intendo, non quello che si è un po’ perso nell’ultimo mese) e con Liverani che in due partite ha giocato 75 minuti.
Strepitoso Mutu e ora spiego il perchè.
Era in giornata chiaramente no, eppure non si è rifugiato dietro la nuvola dei fuoriclasse, spesso stizziti quando non gli riesce il numero.
No, Mutu ha lottato e corso come un Donadel qualsiasi.
A proposito: visto quanto è importante? I boscaioli di oggi, come li chiamava Orrico, lo hanno fatto ampiamente rimpiangere.
Blasi è sempre più preoccupante, così come Pasqual, in chiara fase regressiva, un po’ meglio Gobbi, ma con poca personalità.
In ultimo, Toni.
Abbiamo capito perché hanno fatto l’impossibile per non farlo andare via, digerendo e facendoci digerire bocconi amari.
Diciamo che la digestione, ora, va molto meglio.

Ce lo ricorderemo questo pomeriggio che ci sarebbe da marcare il mio amico Lucarelli?
Non è molto difficile mandarlo a memoria, visto che è l’unico o quasi che segna del Livorno: intanto blocchiamo lui e così siamo già a metà dell’opera.
Immagino che sul concetto di “amico” qualcuno si arrabbierà e non ci posso davvero far niente se non rassicurarvi sul fatto che il discorso è limitato all’ambiente calcistico, dove tutto è per definizione molto superficiale.
Voglio dire che non è che ci vediamo tutti i giorni o che le nostre famiglie organizzino le vacanze insieme, solo che esiste una stima reciproca che va avanti da anni, che non mi impedisce però di dire e scrivere quando secondo me sbaglia, come accadde nella “smusata” a Pandev.
Comunque, al di là delle mie simpatie verso Lucarelli, questa è una partita delicata, molto di più dell’ultima vista al Franchi contro il Messina.
Arrigoni cercherà di incartarla a centrocampo e c’è da aspettarsi parecchia cattiveria agonistica su Mutu, ancora più che su Toni.

I favori all’Inter e le proteste viola, Ribery e Cassano, il quinto posto di Corvino e le paure per un possibile disamore dei Della Valle, i contratti di Jorgensen e Dainelli: sinceramente non ho mai visto preparare così male dall’ambiente una partita dell’era Prandelli.
Mi auguro che il tecnico si dimostri ancora una volta tra i più bravi d’Italia e sia riuscito a “sterilizzare” la squadra da una settimana a cui si è pensato a tutto tranne che al Livorno.
Mi sembra sinceramente che la si stia prendendo (sto parlando sempre dell’ambiente) un po’ sottogamba, come se vincere fosse un diritto naturale, forse perché si gioca al Franchi.
Propongo 48 ore di silenzio sul resto d una sana concentrazione sul mio amico Lucarelli, l’unico o quasi che può segnare.

Cominciamo subito a sgombrare il campo da possibili equivoci: Corvino è il numero uno nel suo mestiere ed è una fortuna che sia alla Fiorentina.
Come tutti noi comuni mortali non è esente da difetti, che però sono ampiamente compensati dai pregi.
E però ci sono delle cose che mi sfuggono.
Tipo: perché ora, in pieno mercato di gennaio, uscirsene con questi atti di dolore malinconici che invitano tutti noi a smettere di sognare scenari tricolori.
Le cose che afferma Pantaleo le ho scritte più di un anno fa su questo blog e figuriamoci dunque se non sono d’accordo con lui.
Ma il vento pare cominciare lentamente girare e forse davvero arriveremo in un paio di stagioni a risorse più o meno uguali per tutti.
E allora, perché questo inno al pessimismo?
Siccome mi rifiuto di andar dietro a pensieri dietrologici (cioè che questo sia un messaggio cifrato per i Della Valle, per invitarli a spendere di più), mi interrogo e continuo a non capire.
A meno che, come nella boutade su Cassano, non sia un modo per distrarre l’ambiente dalla considerazione che nelle ultime due partite abbiamo racimolato un solo punto.

E’ andata come immaginavo: Inter incontenibile sul piano fisico e per giunta aiutata, senza che ce ne fosse bisogno, dall’arbitro.
Il gol di Ibrahimovic lo concedono una volta su dieci, ma forse a San Siro la media sale a quattro, se a tirare è una delle due squadre di casa e sinceramente non mi ero accorto dalla tribuna del calcetto di reazione dello slavo, che poteva costargli caro.
Però l’Inter è stata superiore, inutile girarci intorno e se avevamo una minima possibilità di non perdere ce la siamo giocata al 95° di Sampdoria-Fiorentina.
In vantaggio di un gol e con Mutu in campo a fare il contropiede, forse si poteva sperare in qualcosa di più, ma così ci hanno messo per tutto il primo tempo ai paletti.
Adesso giriamo pagina, ridimensionati nella classifica e un po’ anche nel morale.
Però non ci possiamo permettere di sottilizzare troppo perché, se non viciamo col Livorno, cominciamo a complicarci la classifica.

L’avevo messo nel conto che qualcuno si sarebbe arrabbiato ascoltando il mio intervento ieri a Radio Radio con Sconcerti e Focolari.
Mi ero in sostanza detto d’accordo con Sconcerti sul fatto che a San Siro certamente avremmo perso e, nonostante le critiche più che legittime alle mie parole, ripeterei tutto senza problemi per due motivi.
Il primo è squisitamente deontologico: si può tifare per una squadra (e io sono viola da capo a piedi fin dall’età della ragione), ma svolgendo la professione di giornalista non si può trascurare la realtà.
E’ come se durante la radiocronaca vedessi sempre i falli dubbi a favore della Fiorentina o non sottolineassi qualche favore (pochi, in verità) a nostro vantaggio.
Perderei di credibilità, esattamente come se oggi mi dicessi sicuro di fare risultato a Milano, contro una corrazzata che sinceramente non saprei come fermare.
Il secondo aspetto invece ha qualcosa a che fare proprio col tifo e trae le sue origini dalla scaramanzia.
Voglio dire: andiamo tranquilli a Milano, sicuri di perdere e prendiamo tutto quello che viene come un dono inaspettato.
Domani sera potrebbe essere per questo ancora più bello il viaggio di ritorno.

Mi riferisco, ovviamente, a Pazzini.
Il ragazzo ha cervello e ragiona da anni come se non fosse un ventenne, però lo smacco di non giocare a San Siro in una Fiorentina senza Mutu mi sembra piuttosto pesante.
Se così fosse, sarebbe più o meno acclarato che Pazzini può ambire solo al ruolo di vice Toni e nient’altro,
E comunque non è solo per le eventuali ripercussioni sul morale del giocatore che io lo manderei in campo fin dal primo minuto.
Mi pare infatti che contro una squadra mostruosa sul piano dei centimetri e dei chili come l’Inter sia meglio Pazzini di Jorgensen, se proprio non possiamo fare a meno di schierare Blasi a destra.
Ovviamente è solo un mio parere: come dicevo nel precedente post, tutto è discutibile nel calcio, quindi anche un altro triste pomeriggio di Pazzini in panchina.

A volte non vi capisco: ma perché prendersela tanto su questioni squisitamente tecniche come quella di Montolivo?
Comprendo e condivido l’incavolatura totale per la penalizzazione, non ho dormito per alcune notti nei giorni del fallimento del 2002, ma proprio non arrivo a concepire alcune prese di posizione.
C’è chi ha scritto che sono fissato su Montolivo, che lo proteggo troppo, e c’è invece chi si è arrabbiato con me solo perché ho posto il problema dei suoi pochi gol in rapporto alle partite segnate.
Il fatto però che salta agli occhi è che alcuni di voi, diversi direi, pensano di essere portatori sani di verità assolute e c’è pure chi ha affermato che con le mie parole scatenerei la critica contro il giocatore, rovinando di fatto la sua carriera.
Ovviamente non penso che tutto ciò sia minimamente possibile, ma ieri sera al Penta ho sentito Ceccarini e, mi pare, Fabiani concludere la loro presentazione del post sul mio blog affermando tout court che “Montolivo non si discute”.
Punto e basta.
Mah…io credo invece che tutto sia discutibile, a patto che la discussione avvenga in buona fede e senza presunzione.
O mi sbaglio?

Si può discutere Montolivo?
Certamente sì, basta svestire i panni di fondamentalisti del calcio e affrontare il tutto con il sorriso sulle labbra, come del resto si addice alla materia in questione.
A me Montolivo piace moltissimo per le movenze di grande eleganza che ha in campo e per certe illuminazioni nel passaggio dritto per dritto, i più difficili.
Poi però vado a guardare le aride cifre e scopro che in 110 partite ufficiali tra A e B, sia pure con molti spezzoni, ha segnato solo 8 reti, che vuol dire una media di poco più di 2 a campionato.
Sono cifre su cui riflettere perché uno che sa più spesso nella metà campo avversari che nella nostra almeno 5/6 gol li deve segnare e se arriva a più di 10 (leggi negli anni Rivera, Baggio, Totti. Antognoni compensava con il numero spropositato di assist, spesso sprecati, che forniva ai compagni) entra nell’Olimpo dei grandissimi.
Ora, è giusto continuare a puntare molto su Montolivo, ma è anche il caso di ricordargli cosa facevano alcuni grandi centrocampisti del passato viola alla tenera, ma non tenerissima età di 22 anni.
E magari cercare di correggergli nel frattempo questa pericolosa anemia realizzativa.

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