Fiorentina


Non metterei la mano sul fuoco sulla permanenza di Toni a Firenze e ora, per favore, cercate di prendere le mie parole esattamente per quello che sono.
Ovvero: non ho detto che andrà via, anzi, al contrario, è molto probabile che Toni resti, ma non sono sicuro al 100% che finirà così.
Comunque sia, esiste un vantaggio formidabile rispetto alle burrasche della scorsa estate e cioè che stavolta le carte le diamo noi.
Non esiste infatti alcun rischio retrocessione a tavolino e quindi non ci saranno speculazioni sulle possibili disgrazie viola.
E, soprattutto, i Della Valle hanno dimostrato di non cedere ad alcuna pressione o ricatto.
Forse non esiste neanche più nessuno pronto ad offrire 25 milioni di Euro pronta cassa per il centravanti della Nazionale che a maggio toccherà finalmente i 30 anni (finalmente, perchè si diceva e scriveva che ne aveva trenta quando ancora ne doveva compiere 29), ma questo è un altro discorso.
Si tratterà di essere lucidi ed un po’ cinici: se ci conviene lo vendiamo, altrimenti lo terremo più che volentieri, pensando ai gol che assicura sempre, pure quando gioca una stagione allenandosi poco e male.

Prandelli batte Malesani due a zero, e lo dico un po’ dispiaciuto perché, dopo le baruffe stiriche di quasi dieci anni fa, ho imparato a conoscere il tecnico di Verona (e lui me) e quindi lo seguo con simpatia ovunque sia ad allenare.
Ma Prandelli oggi, senza Toni e Mutu, ha vinto la partita più di Liverani, Gamberini e Pazzini, che pure sono stati tra i migliori.
L’ha vinta per come l’ha preparata, per come sembrava che non contasse l’assenza del pubblico, per il gioco che a tratti assomigliava a quello entusiasmante dell’anno scorso.
Mi verrebbe voglia di spingere sull’acceleratore per perorare una velocissima firma sul contratto, almeno fino al 2010, ma se cavalco giornalisticamente questa storia faccio audience e non il bene della Fiorentina.
Prandelli firmerà, ne sono certo, ma se per caso esisteva un minimo dubbio, la prova di oggi dovrebbe aver spezzato via anche le nubi più piccole.

Spero abbiate capito che non dipendeva dalla mia volontà l’interruzione delle risposte delle vostre domande.
Da oggi riparto, sperando che siate comprensivi se ogni tanto stacco la spina.
Intanto, in mezzo a tanti progetti, stiamo preparando con Ernesto Poesio un’ora di trasmissione davvero unica, dedicata a Roberto Baggio, che tra poco compie 40 anni.
Avrei voluto romanticamente mandare in onda lo speciale il 14 febbraio e dedicarlo a tutti gli innamorati del calcio, ma proprio quel giorno, quasi a riportarci alla triste quotidianità, c’è l’arbitrato dei Della Valle e Mencucci.
Ascolterete tutto giovedì 15 e vi assicuro che è un tuffo al cuore e nel passato, condito da un reportage molto particolare.
Per domani prepariamoci a qualcosa di inedito, che certamentente mi e ci sorprenderà.
Spero solo che non si debba pagare troppo pegno a questa situazione dolorosa eppure inevitabile, visto il livello di inciviltà a cui siamo (sono) arrivati.

Bisogna per forza farli questi passi indietro, prima che sia troppo tardi.
Per esempio: nella nostra santificazione del calcio di una volta, siamo sempre tutti lì a dire nostalgicamente che “una bella scazzottata” tra tifosi era il massimo che poteva succedere, dando a questo gesto la patente di non gravità.
Sbagliato. Molto sbagliato.
Così legittiamo la violenza, ed il nostro meccanismo mentale è identico a chi, tra i protagonisti del calcio storico, considera l’arena di Piazza Santa Croce una zona franca, fuori dalle normali regole del vivere civile.
Ecco, vogliamo tornare al vivere civile, che deve comprendere pure lo spettacolo calcistico.
Va bene la presa in giro, ma non l’insulto, basta con il “devi morire” e tralscio i buu razzisti perché chi li fa è solo un mentecatto.
Ok al “chi non salta un bianconero (o rossonero, o interista, fate voi) é”, no a slogan offensivi, che pure, a microfoni spenti, ho cantato anch’io perché ormai era ed è normale approcciarsi così allo stadio.
Ci farà male vedere lo stadio vuoto, che fra l’altro è molto penalizzante per la Fiorentina, ma come ho scritto nel precedente post questa è davvero una delle ultime possibilità che abbiamo per non consegnare il nostro sport preferito ai teppisti travestiti da tifosi o sedicenti tali.

Racconto solo oggi, a distanza di quasi quattro anni, e dunque con colpevole ritardo, una cosuccia da niente che accadde nell’anno della C2.
Organizzano una partita al Franchi “per la Fiorentina e per Firenze” ed un tizio che fa parte dello staff mi chiede a nome del popolo viola se Radio Blu vuole essere tra gli sponsor.
E’ uno di quelli piuttosto spicci nei modi, fascista nella testa e nell’agire che un anno dopo avrebbe rotto i rapporti con me perché secondo lui non avrei dovuto intervistare Adriano Sofri.
Insomma, uno preoccupante a trovarselo davanti come avversario.
Si trattava di avere il nostro nome ripetuto cinque volte dallo speaker e forse, se avessero fatto in tempo, di mettere uno striscione a bordo campo.
Costo dell’operazione, 400 Euro: una follia per quello che offrivano.
Il tizio preoccupante mi fa capire che “politicamente” per la radio è meglio esserci, perché “quegli altri” ci sono, e così io tiro fuori di tasca mia i 400 Euro (se avessi proposto una cosa del genere a Rinaldo, mi avrebbe inseguito col forcone…).
Naturalmente lo striscione non è mai arrivato, allo stadio ci saranno state al massimo mille persone e non so nemmeno se Radio Blu è stata nominata dallo speaker.
Era una specie di pizzo quello per vivere più tranquillo?
Penso proprio di sì, anche perché, la “proposta che non potevo rifiutare” arrivava neanche due anni dopo i sei mesi di inferno vissuti causa della diatriba Sconcerti-Antognoni, delle lettere anonime, degli striscioni e delle minacce.
Nei primi tempi dell’era Della Valle, il tizio dai modi spicci era solito frequentare le segrete stanze del palazzo viola.
Poi la Fiorentina è cresciuta come società, devono aver capito e adesso, fortuna, se ne sono un po’ perse le tracce.
Questo è solo un piccolo episodio, ma chissà quanta altra gente in Italia (a Firenze, va meno peggio che da altre parti) ha dovuto subire in giro per l’Italia la prepotenza di chi ha deciso di essere l’unico vero custode del tifo.
Hanno fatto una statistica: pare siano 80.000 i teppisti o potenziali tali, o comunque i fiancheggiatori di questi delinquenti.
Una cifra enorme, ne basterebbero molti meno per un colpo di Stato.
Sono loro e non Amato, la Melandri o Pancalli che ci hanno tolto il gusto del calcio.
Pensateci nella vostra legittima arrabbiatura quando domenica pomeriggio, invece di essere al Franchi, vi toccherà stare davanti alla televisione o attaccati alla radio per ascoltare quel bischero del Guetta.

DEVO UNA SPIEGAZIONE A PROPOSITO DEL TERMINE FASCISTA CHE HO USATO NEL POST.
SI PUO’ ESSERE FASCISTA ANCHE VOTANDO A SINISTRA, BASTA PENSARE DI VIVERE DI PREPOTENZA, USANDO LA FORZA, NON LASCIANDO SPAZIO AL PENSIERO E ALLA LIBERTA’ ALTRUI.
QUESTO E’ QUELLO CHE INTENDEVO DIRE A PROPOSITO DEL TIZIO IN QUESTIONE E DI TUTTI QUELLI CHE IL CERVELLO LO AZIONANO A MOMENTI ALTERNI E SOLO PER ESERCITARE, APPUNTO, LA PROPRIA PREPOTENZA.
SCUSATEMI ANCORA SE NON RISPONDO AI POST, MA HO LETTO TUTTO.
DA FIN SETTIMANA RIPARTIAMO COL DIALOGO,
David

Vi devo una spiegazione: in questi giorni riesco a malapena a moderare i commenti, sfrondarli dalle parolacce e minacce e metterli nel blog.
Siete in quasi duemila0gni giorno a vedere quello che c’è scritto e mi piange il cuore non poter rispondere a chi mi chiede commenti o contesta alcune mie affermazioni, ma, credetemi, non riesco proprio a riparare a tutto ed entro un paio di settimane vi spiegherò il perché.
Quindi scusatemi e magari continuate a dialogare tra voi, io cercherò di dare il mio contributo la mattina presto o la sera tardi.
Un abbraccio a tutti e… grazie della fiducia.

Raramente ho visto Eugenio Giani arrabbiato come in questi giorni.
Lui, la diplomazia fatta persona, ha abbassato notevolmente la propria soglia di intolleranza.
C’è da capirlo perché gli si sta rovesciando il mondo addosso. Tutti a tirarlo per la giacca, per sapere quando lo stadio sarà a norma.
Ora, può darsi che l’amministrazione comunale sia pure incappata in qualche lungaggine burocratica e che quindi abbia delle colpe, ma gli argomenti di Giani non mi sembrano peregrini.
C’era un ordine prefettizio che permetteva di andare avanti fino a giugno e per la creazione di ciò che ancora manca (la centrale operativa emersa da terra, la gabbia e i tornelli) è necessario indire un bando perché qui si amministra la cosa pubblica e non una società privata.
Comunque sia, la vedo buia perché dal Viminale tira un’aria di intransigenza e Amato si batterà fino all’ultimo per evitare deroghe che provocherebbero inevitabilmente le proteste degli esclusi.
Spero tanto di sbagliare, ma temo che dovremo prepararci alla prima volta del Franchi deserto.

Qualcuno sta cominciando a capire che stanno facendo sul serio.
Non si schierano infatti i ministri dell’interno, della giustizia e dello sport (a proposito: complimenti alla Melandri, che sorride grintosa alle tv nazionali e ignora altezzosa le domande del nostro Biagiotti, unico inviato fiorentino a Palazzo Chigi) per proporre pannicelli caldi che poi lasciano tutto com’è.
Eppure c’è qualcosa che non convince.
Giocare domenica prossima metà campionato col pubblico e metà a porte chiuse ha poco senso e davvero penalizza chi non ha colpe, cioè la stragrande maggioranza dei tifosi ostaggio degli 80.000 tra teppisti e fiancheggiatori sparsi in tuuta Italia.
Forse è meglio dare una settimana in più a società e Comuni per adeguare gli stadi e ripartire quindi tutti alla pari.
E chi non ce la fa per i più svariati motivi, e a Firenze la vedo dura per motivi strettamente logistici, ma non sono un architetto, pagherà le conseguenze in termini economici, restituendo i soldi dei biglietti o dell’abbonamento.

GIORNATA DI QUELLE IN CUI SI FRULLA COME MATTI (ABBIAMO UNA SORPRESA IN SERBO…) DOMANI RISPONDO A TUTTI,
David

Io lo capisco Pantaleo Corvino, proprio perché spesso commette gli stessi errori che commetto anch’io.
Ama visceralmente il proprio lavoro, ci mette dentro tutto se stesso, tanto da rischiare l’infarto (a proposito, ma non sarebbe il caso di mettersi un po’ a dieta, visti i carichi di stress che si porta dietro?) e qualche volta è portato all’intolleranza sul dissenso altrui.
Quando qualcuno mette in dubbio la sua buonafede o non gli riconosce i meriti che lui crede di avere (e ne ha moltissimi) o si inquieta o azzanna.
E così vengono fuori reazioni che dall’esterno possono sembrare esagerate, vedi la sparata di ieri contro (credo) La Nazione, in cui minacciava di parlare col direttore, che è poi un pessimo modo di rapportarsi alla nostra permalosissima categoria.
Sono le stesse sparate che ogni tanto (ora molto meno di un tempo, me lo dovete riconoscere) avete sentito dal sottoscritto al Pentasport, quando mi sembrava che qualcuno avesse commesso una scorrettezza o ce l’avesse con Radio Blu.
Spesso chi ascolta può pensare: ma questo chi si crede di essere? Oppure: ma ha perso il capo?
Io quindi lo capisco benissimo Pantaleo, ciò nonostante lo invito (senti un po’ da quale pulpito arriva la predica…) ad essere un po’ più indulgente col mondo e quindi alla fine anche con se stesso.
Lasci scorrere un po’ più le cose e selezioni le cose veramente importanti.
Magari un giorno andiamo a cena insieme (solo filetto e insalata, però) e ci sfoghiamo a vicenda.

Figuriamoci a nove ascoltatori su dieci del Pentasport quanto gliene importava della mia conversazione con Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale toscano.
Oggetto della chiacchierata, gli scontri di Fiorentina-Livorno e l’appello mio e di Nencini a non farsi condizionare dai sobillatori di professione.
Meglio, molto meglio il duetto Cairo-Giovanni Galli o le interviste di Ceccarini.
Eppure questo del grillo parlante è un ruolo da interpretare con convinzione, qualcosa che si deve fare.
Penso infatti al decimo ascoltatore, quello che era un minimo interessato alle cose di cui parlavamo e forse qualcosa gli sarà entrato in testa.
A volte è meglio perdere un po’ di audience.

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