Fiorentina


Andò così: Stefania, una delle più carine della quarta I del Duca D’Aosta, si era lasciata con il suo fidanzato storico ed era approdata ad un ventenne che giocava a calcio nel Calenzano e faceva pure il dj, circostanze che lo rendevano mitico ai nostri occhi.
Poiché il rapporto con le coetanee si consumava all’epoca in una sorta di amico-confessore-sognatore (della serie “ma quando mai ci considereranno?”), una domenica mi offrii di accompagnarla con il mio Morini 125 a vedere giocare il fortunato.
Mi schiantai contro una macchina, ovviamente senza casco, perchè all’epoca proprio non usava, e il conducente mi ha poi raccontato di avermi visto rialzare la testa un attimo prima di finire sotto le ruote: un miracolo, o quasi.
Uscii molto ammaccato ma il giocatore-dj, che si chiamava Bruno Monaco, colpito dai sensi di colpa e conoscendo la mia incontenibile e quasi molesta voglia di fare il giornalista decise di portarmi nella sua emittente che per noi compagni di classe di Stefania era molto “figa”, ma che non si sentiva neanche in via Paisiello, zona piazza Puccini, dove abitavo: Radio Sesto International.
Avevo una vaghissima idea di cosa fosse una radio privata, un paio di volte avevo chiamato per una dedica e poi stop, per me contava solo il giornale.
Però era un’opportunità e partii sparato, mettendomi a disposizione in tutto e per tutto (c’era pure un certo Marco Baldini, molto bravo e molto di moda tra le fanciulle).
Mi dissero di occuparmi della Rondinella ed il 30 ottobre 1977 portai con trepidazione una pagina e mezzo scritta a macchina sulla seconda squadra di Firenze.
Ovviamente non me la fecero leggere, delegando al conduttore del programma sportivo l’onore, e così fu per sei mesi, fino a quando per un’imprecisata ragione il responsabile della trasmissione sulla Fiorentina non si presentò e così (sì, come nei film) venni scaraventato in diretta.
Mi piacque tantissimo, anche se non mi aveva sentito nessuno o quasi, visto che i parenti non erano a portata d’onda, ma da lì è iniziata una storia bellissima e un amore fortissimo per un microfono, un mixer e nient’altro.

Quando io nel 16 maggio del 1982 ero al Sant’Elia sconsolato come poche altre volte mi è capitato in vita mia, Andrea Della Valle era un giovanottino di 16 anni con ben altri pensieri in testa e mai nella vita avrei immaginato che mi avrebbe mediaticamente vendicato.
Benissimo Ljajic e Toni, grandissima vittoria contro la Lazio, ma la battuta di ADV sul fatto che abbiamo festeggiato il trentennale del terzo scudetto mi ha esaltato: che ci volete fare? Sarà l’età…
La gara è stata peggio di quanto ci si potesse tecnicamente aspettare e l’abbiamo vinta giocando così e così, mettendoci il cuore e la cattiveria che chiedeva Montella in settimana.
Benissimo, oltre ai due goleador, la difesa, dove Tomovic e Savic non hanno sbagliato un colpo e Rodriguez mi sembra di un altro pianeta rispetto ai centrali dell’anno scorso.
Possiamo anche permetterci un’altra volta Jovetic a scartamento ridotto, però non sarebbe male che per giovedì si riprendesse…

E’ talmente stupida, fuori luogo ed intempestiva l’uscita di Marotta che diventa troppo facile trovare il mandante.
A meno che, come capita a chi vuole essere più realista del re, l’improvvido Marotta, ormai nemmeno lontano parente del dirigente disponibile e cortese dei tempi della Samp, non abbia voluto di propria iniziativa servire il proprio padrone regalandogli questa polemica dopo le uscite “otelmiane” di Diego Della Valle.
Comunque siano andate le cose, mai si erano sentite nel calcio in un colpo solo tante sciocchezze a distanza di due mesi dall’avvenimento dei fatti.
Che bisogno aveva Marotta di tornarci sopra?
Perché mai la Juve avrebbe dovuto fare un piacere alla Fiorentina evitandole una brutta figura?
Si vorrebbe davvero far credere che a quattro giorni dalla fine del mercato, con tutta la dirigenza bianconera impegnata portare a casa il famoso top-player, a qualcuno sia venuto in mente di verificare il grado di fattibilità dell’operazione Berbatov-Fiorentina?
E a quale titolo il signor Marotta si permette di intervenire negli affari interni della Fiorentina, che gline importa a lui se i dirigenti viola fanno o non fanno una brutta figura?
Parole penose, una caduta di stile rovinosa, un atteggiamento da bulli di periferia, una scelta di tempo semplicemente ridicola: qui va a finire che ci tocca davvero rimpiangere Boniperti e l’avvocato Agnelli.

Diciamocela tutta, anche perché l’abbiamo vissuta in pieno e con molta più dignità rispetto a tante squadre che si e ci fanno prendere da tutti: la Lazio che stasera gioca in Grecia è un gran bel vantaggio.
Tornano all’alba stracotti e hanno poco più di un giorno per preapare la partita di Firenze.
Eravamo stanchi noi dopo le gare in notturna e ritorni veloci a casa, figuriamoci chi deve essere sempre al massimo della condizione.
Montella invece questa partita l’ha preparata con calma e studiando tutte le soluzioni possibili, perché le alternative esistono e forse arriva pure il regalo-Aquilani.
Insomma, a costo di essere smentito nei fatti e sbertucciato domenica pomeriggio, io non sono affatto pessimista.

Ieri ho fatto un paio di scoperte interessanti su Alberto Aquilani.
La prima è che ha una forza di volontà incredibile, con una soglia del dolore molto alta, neanche troppo lontana da quella di Batistuta, che è stato il massimo che abbia mai visto, inversamente proporzionale a Morfeo.
La seconda, meno piacevole e nemmeno troppo eclatante visti i trascorsi, è che ha al massimo venticinque partite a stagione nelle gambe, che non sarebbero a questo punto neanche poche, visto che lo avremmo a disposizione per molto più della metà delle gare che mancano da qui alla fine del campionato.
Ed è convinzione generale che alla fine sia lui il più completo del pur ottimo centrocampo viola, l’unico con il tiro da fuori, uno da Nazionale fisso non troppo lontano da De Rossi e Pirlo, tanto per capirci.
Dobbiamo attenderlo con pazienza, anche perché lui ce la mette davvero tutta: vederlo con la Lazio dal primo minuto vorrebbe dire cominciare benissimo la domenica.

Non esiste alcun nesso tra l’aver giocato una partita appena sufficiente e quello che ci hanno tolto sul campo.
Al di là del rigore su Roncaglia, netto, non riesco a digerire il terzo furto consecutivo avvenuto con le stesse modalità.
Non riesco a capire, non ce la faccio: mica si può pensare che Bologna e soprattutto Chievo contino politicamente più di noi?
E allora perché non cacciano dal campo chi dovrebbe essere ammonito per la seconda volta?
Samuel, Natali, Dramè: fate vedere le immagini della possibile seconda ammonizione a qualsiasi corso per arbitri e poi ditemi quali sarebbero le reazioni.
Così hanno falsato le gare e bene ha fatto la società ad intervenire a fine partita, sembra che si debba pagare per qualcosa del passato quando invece abbiamo con tutti i conti in regola.
Dateci il nostro e poi anche senza Borja Valero e in parte Jovetic saremmo tornati indietro da Verona con i tre punti.

A Verona partirei con El Hamdoui, facendo girare moltissimo il pallone e senza dare punti di riferiemto alla difesa del Chievo.
Poi, dall’inizio del secondo tempo, subito dentro Toni a sfruttare il suo fisico, la sua esperienza, il suo fiuto del gol, contro avversari che si presume non siano più lucidissimi.
Dispiace per Mati Fernandez, che starà fuori quasi certamente e che meriterebbe di più anche perché per ora ha avuto un comportamento professionalmente ineccepibile.
Sono solo valutazioni tecniche, ma vi chiedo una cortesia perché su certe cose, su certe banalità ho ancora la forza di arrabbiarmi: non scrivete di lasciar perdere, che tanto ci pensa Montella.
Stiamo parlando di calcio, mica del terzo segreto di Fatima o della ricetta per abbattere il debito pubblico (ammesso che si riesca prima o poi ad abbatterlo).

A Firenze non siamo riusciti a conoscere Delio Rosii per il semplice fatto che viveva come una persona condannata ai domiciliari.
Interviste richieste tante, concesse zero.
Confidenza con la città assolutamente inesistente, qualcuno esagerando ha perfino parlato di una leggera forma di autismo ambientale.
Eppure era arrivato accolto da trionfatore, aveva vinto ancora prima di cominciare e gli era stata data (io per primo) un’apertura di credito che solo De Sisti, Eriksson, Mondonico e leggermente Prandelli avevano avuto nel recente passato e non parliamo di Mihajlovic, accolto tra un misto di malumore e sopportazione.
I suoi risultati tecnici, perchè alla fine sono quelli che contano, sono stati disastrosi, ben al di là delle peggiori prospettive ed il finale è stato vergognoso, per Firenze e per la Fiorentina.
Da un po’ di tempo, diciamo pure da quando la squadra sta andando bene, a Delio Rossi gli si è sciolta la lingua: interviene, puntualizza, rivendica meriti, sospira rimpianti, racconta retroscena su cui è legittimo avere qualche dubbio, tipo il quasi acquisto a gennaio di Borja Valero e Pizarro.
Devo dire che nel dopo disastro viola non esiste gara tra lui e Corvino: molto, ma molto meglio il mago di Vernole, chiuso tra i suoi ulivi in un dignitoso e mi dicono stizzito silenzio.

Dopo il Nuovo Corriere di Firenze, il Giornale della Toscana.
Da domani non esce più e ormai sembra di essere come in un libro giallo: a chi toccherà prossimamente?
A nessuno spero, e comunque io non solidarizzo affatto con l’editore di qualsiasi testata che chiude, perché molte volte dietro a buchi clamorosi ci sono storie torbide che non riesco a capire e di cui si è occupata e si occuperà la magistratura.
E sarà perché da oltre 33 anni ogni centesimo che entra a Radio Blu io sono abituato a sudarmelo, ho sempre mal sopportato la storia dei contributi pubblici per i fogli di partito.
La trovo vergognosa, l’ideale per architettare truffe più o meno legalizzate (do you remember L’Avanti di Lavitola? Quanti soldi ha preso nei decenni La voce repubblicana?) per cui bastano o bastavano, spero, tre deputati che fondavano un movimento politico per fare arrivare milioni di euro a giornali poco più che clandestini.
Questo vale anche per parte dell’editoria radiofonica (ad esempio i milioni pubblici che prende Radio Radicale grazie al fatto di trasmettere in diretta i lavori di Camera e Senato) o televisiva.
Premesso che ne’ il Giornale della Toscana e neanche il Nuovo Corriere di Firenze erano giornali clandestini, ma anzi avevano e mi auguro avranno una propria anima, il mio pensiero va a chi in quei giornali ha sputato l’anima ogni giorno, con lo stipendio che arrivava una volta sì e quattro no.
Comprendo benissimo gli imbarazzi e le sofferenze interiori dei due direttori (Luciano Olivari e Alessandro Rossi) presi in mezzo a due fuochi: da un lato le bugiarde rassicurazioni dei propri editori, dall’altro il sentirsi giornalisti come tutti gli altri che angosciosamente premono, vogliono sapere, sperano nell’happy end.
Dice: nessuno ti ha obbligato a diventare giornalista, ed è vero.
Esiste in questo mestiere una tale mole di offerta che io a volte mi vergogno quando leggo le mail di chi si propone a Radio Sportiva perché ci sono trentenni preparatissimi, che conoscono due/tre lingue, che hanno fatto stage di grande livello, che si sono illusi che si potesse campare col giornalismo, che sono quasi certamente più preparati culturalmente di me.
Non riesco nemmeno a rispondere a tutti, ma quando da anni si frequenta una redazione, quando per un periodo molto lungo si è fatto le nozze con i fichi non secchi, ma proprio impossibili da buttare giù, beh allora la mannaia della chiusura è veramente un cazzotto nello stomaco.
Ed è a loro, solo a loro, ai giornalisti che da domani entrano nel girone dannato dei disoccupati, che va tutta la mia affettuosa solidarietà.

Mi raccontano di uno staff tecnico addirittura più puntiglioso e attento ai particolari rispetto a quello di Prandelli, che pure era celeberrimo per non far passare neanche uno spillo.
Pare che ci sia un grande contributo della tecnologia, oltre che ad una naturale gelosia per i metodi di allenamento applicati, per cui tutti, ma proprio tutti, sono obbligati al silenzio e guai a chi sgarra.
Questo Montella è una sorpresa che rovescia molti stereotipi del calcio italiano, perché alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che da un ottimo calciatore tutto istinto e tecnica sarebbe poi venuto fuori un tecnico così preparato.
Bravo lui a non aver sprecato nemmeno un giorno della propria vita calcistica a riflettere e lucrare sul proprio gran passato da giocatore e brava la Fiorentina (Pradè in particolare, che lo aveva lanciato a Roma, preferendolo pericolosamente a De Rossi senior) a puntarci aspettando che si liberasse dal Catania.

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