Il primo anno fu un’umiliante sconfitta a Torino per 4 a 1 con la Juve straripante e la sicura promessa Brivio preso a pallate tra Nedeved e Zambrotta.
Il secondo, un ceffone al primo turno col Genoa in B e una gara imbarazzante dell’esordiente in viola Liverani.
Il terzo, una doppia sconfitta contro una Lazio assolutamente battibile con annesse amnesie di Lupatelli.
Il quarto, la vergogna di dicembre, in diretta televisiva nazionale, pochi intimi allo stadio e il Torino che sbanca il Franchi.
Ecco, queste sono le nostre ultime esibizioni in Coppa Italia.
Quella stessa competizione per cui siamo andati in trentamila allo stadio nel maggio del 1996 per una partita che non c’era e che mi fece palpitare alla radio nel giugno 1975, quando battemmo il Milan nella finale secca all’Olimpico.
Ci pensavo ieri vedendo la Lazio che rischia di andare in finale: ma a noi ci fa proprio schifo cercare di alzarla per la settima volta nella nostra storia questa Coppa, che tra l’altro mi sono tenuto a casa per una notte?

P.S. Viste le tante richieste, vi spiego la storia della Coppa Italia tenuta a casa mia in una notte del giugno 2001.
Ero il responsabile dello sport di Canale Dieci e per mantenere fede all’impegno preso venne ospite in studio Enrico Chiesa con la Coppa appena conquistata.
Alle 22.30, quando il Ring dei Tifosi chiudeva, in società non c’era più nessuno e lui non aveva alcuna voglia di portarla a casa.
Così la presi io (pesava tra l’altro parecchio) e arrivai dalla famiglia Guetta con questa Coppa in mano neanche fossi un giocatore vero…
Ovviamente feci un filmino con Valentina di neanche sei anni accoccolata accanto alla Coppa, mentre Camilla, che aveva due anni e mezzo, dormiva fregandosene completamente di quello che sarebbe stato l’ultimo trofeo.
Il giorno dopo, alla mattina presto, non volevo lasciarla in macchina e così la portai in ufficio: operatività completamente azzerata e processione di funzionari e dirigenti in adorazione.

1996/97
Formidabili quegli anni, formidabili davvero. Ci sono i soldi e ci sono i sogni. Ranieri sa ormai come gestire Cecchi Gori: gli dice sempre di sì e poi agisce come gli pare. Una nuotata insieme nel mare di Sabaudia per farsi suggerire che Robbiati avrebbe dovuto sempre giocare e due palleggi col piccolo Marietto, che «da grande diventerà il bomber della Fiorentina». Che gioia e che rifrullo di gente importante intorno al senatore, nel frattempo rieletto senza nemmeno ricorrere ai resti. E anche a Canale Dieci si pensa in grande, ormai è tutta una frenesia per andare a Telemontecarlo, dove ci sono più inviati e capiredattori che giornalisti semplici. Se poi stipendi e rimborsi spese sforano il budget, pazienza, qualcuno provvederà. Ci sono anche deliri di onnipotenza fiorentini di piccoli giornalisti che si sentono candidati al premio Pulitzer. «Torna subito qui – urlò uno di loro al povero Selvi uscito a comprare l’inchiostro per la fotocopiatrice – ma ti rendi conto che non ho più nessuno sotto!». Erano in due in redazione.
Sono i tempi della ciliegina e del Ciclone. Rita Rusic diventa la donna più intelligente del cinema mondiale, il marito la guarda languido ed orgogliosamente pensa: «in fondo l’ho creata io. Sono molto meglio di Berlusconi, che ha pure perso le elezioni>. Hai ragione Vittorio, sei tu il più grande, spendi per noi e vai felice in balaustra.

LA PRESENTAZIONE
Ogni tanto però qualcuno in Fiorentina pensava bene di risparmiare qualcosa e così a luglio decisero che la presentazione ufficiale per la nuova stagione l’avrei fatta io. Gratis, naturalmente. Poco dopo aver detto di sì, ripensai con terrore ai tempi delle elementari, quando mi vergognavo moltissimo a recitare le poesie davanti ad una trentina di bambini. Ora avrei avuto davanti almeno diecimila persone dentro lo stadio e non potevo sbagliare. Certo, avevo dalla mia l’esperienza radiofonica e televisiva, ma con tutta quella gente in curva Fiesole era davvero tutta un’altra cosa. Preparai la scaletta nei minimi particolari e, grazie soprattutto all’entusiasmo generale dopo la vittoria in Coppa Italia, venne fuori una bella giornata, anche perché evitai lungaggini che avrebbero stancato la gente. L’unico momento di imbarazzo fu quando presentai Robbiati, che si prese una sonora fischiata perché non voleva rinnovare il contratto con la Fiorentina. Rientrando negli spogliatoi provai inutilmente a consolarlo.

IRINA TE AMO
La verità è che a San Siro non mi sono assolutamente accorto del grido d’amore di Batistuta per la moglie, dopo il secondo decisivo gol nella Supercoppa italiana. Ero troppo impegnato ad urlare, non mi sembrava possibile che si potesse battere il Milan stellare di Baggio e Savicevic. In quella partita Gabriel ci prese per mano e ci portò in Paradiso. Tutti si ricordano della punizione e della dichiarazione ad Irina, ma secondo me il primo gol è stato ancora più bello. Quel dribbling aereo su Baresi e la susseguente botta al volo sono roba da palati sopraffini, e nel rivedere l’azione il capitano del Milan deve aver pensato per la prima volta in carriera di essere arrivato al capolinea. Fu una serata eccezionale: il 25 agosto 1996, il giorno prima del settantesimo compleanno viola.

LA GIACCA E’ MIA!
Proseguivano intanto con molte sconfitte i miei settimanali combattimenti per cercare di avere gli ospiti in televisione. Il fatto che Canale Dieci fosse di proprietà della madre del presidente della Fiorentina non era un vantaggio, ma al contrario costituiva un’aggravante per i giocatori viola. «Ma cosa ci dai? Come? Solo questo?». Conclusi un’estenuante trattativa collettiva con i “rappresentanti delle maestranze” Padalino e Carnasciali, e mi accordai sulla base di un kit composto da un radioregistratore, una cassetta della Cecchi Gori home video ed un buono per due cene.
Ogni tanto capitava che gli sponsor chiamassero i giocatori per l’inaugurazione di nuovi punti vendita ed io, che ormai ero del “ramo”, sapevo come districarmi tra omaggi e “marchette”. Una volta, per un cliente di Scandicci, ebbi però la pessima idea di inserire tra gli invitati anche Giovanni Piacentini. Al termine della serata, lui e Cois ottennero in omaggio un buono per un vestito, ma Piacentini era palesemente deluso e mi chiese se non si sarebbe potuto fare qualcosa in più. Lasciai cadere la cosa pensando che fosse finita lì, ma qualche giorno dopo mi capitò di incontrarlo da Mastrobulletta, il ristorante dove andavano a mangiare quasi tutti i calciatori viola. Testimone attendibile del dialogo, Nick Ceccarini.
«Allora David, hai sentito da quel negozio di Scandicci se mi dà qualche altra cosa?»
«Ma… Giovanni, veramente mi sembrava che un buono da un milione fosse sufficiente per il disturbo»
«E dai, che se vuoi ci riesci. Ecco, per esempio, questa bella giacca che hai addosso… Non si potrebbe avere una cosa del genere?»
«Giovanni, se vuoi ti do la mia! Provala, credo che ti stia larga, ma se ti andasse bene, prendila pure. Tra l’altro non piace nemmeno a mia moglie»
«No, è troppo grande, dai impegnati per una taglia più piccola. Fammi sapere qualcosa in settimana».
Caro vecchio Piacentini: ti ho pensato intensamente quando due anni fa Letizia mise la mia bellissima giacca marrone fra gli indumenti da regalare in beneficenza.

LULU’
Fu l’acquisto di grido di un mercato giustamente in tono minore: la squadra andava già bene così e non c’era bisogno di stravolgerla. Con lui arrivarono anche Falcone, Pusceddu e, nonostante il Ring dei Tifosi, Firicano. A febbraio, grazie ai soldi de “Il Ciclone”, la ciliegina Kanchelskis. Luis Airton Barroso Oliveira adesso è un tranquillo signore con ben cinque figli (un record nella categoria dei calciatori e non solo), che spende i suoi ultimi spiccioli di classe in giro per l’Italia, ma quando arrivò a Firenze era convinto di aver finalmente dato una svolta alla sua carriera. Aveva segnato quindici reti nell’ultimo anno di Cagliari e avrebbe voluto fare l’attaccante, ma si trovò sempre davanti Batistuta e Baiano. La sua ottima tecnica si annacquò quindi nelle rincorse sui portatori di palla avversari e alla fine Ranieri lo schierò addirittura come laterale di centrocampo.
Fuori dal tappeto verde Lulù era uno spettacolo: sempre allegro, l’unico modo per farlo arrabbiare davvero era ricordargli il suo passato ed il suo presente da cascatore. Altrimenti aveva ben chiaro da dove veniva e la povertà che lo circondava da bambino, per questo non faceva mai pesare la sopraggiunta agiatezza. E anche quando Edmundo gli fece la guerra, Oliveira disarmò il “nemico” con qualche battuta, ma senza cattiveria. Il suo finale a Firenze fu piuttosto triste. Se ne andò quasi di nascosto, a novembre, nel secondo anno del Trap, dimenticato un po’ da tutti. Come si dice a scuola per quei ragazzi simpatici, intelligenti e un po’ svogliati: avrebbe certamente potuto fare di più, ma non fu solo colpa sua.

Nel settembre 2006 un imbecille andò da Prandelli a riferirgli una balla colossale, e cioè che avevo detto dopo la partita persa a Livorno che il suo credito con la Fiorentina e i tifosi era scaduto.
Era vero il contrario: avevo piuttosto invitato tutti, alla seconda sconfitta consecutiva e a meno 19 in classifica, a fare quadrato intorno a lui.
Era l’epoca dello sfogo contro quelli che Prandelli pensava si comportassero in un modo ed invece lo tradivano alle spalle, per un mese notai che era visibilmente nervoso nei miei confronti e stavo per cominciare ad innervosirmi anch’io.
Fui fortunato: al ritorno dalla trasferta di Udine (persa immeritatamente) lo trovammo per caso in un autogrill, parlammo cinque minuti e chiarimmo l’equivoco.
Perché io sono uno di quelli che non ha problemi ad entrare in rotta di collisione con altri per difendere ciò che penso, ma mi incavolo tremendamente se all’origine del malinteso c’è la volontà di crearmi problemi, soprattutto con persone che stimo.
Ho raccontato questo retroscena per spiegare che da sabato mi stavo chiedendo se per caso non fosse coinvolta pure Radio Blu nello sfogo prandelliano, pur sapendo di esssere in perfetta buonafede, perché noi i messaggi che arrivano li dividiamo ad argomenti e poi li leggiamo.
Però non si sa mai, il nostro mondo è pieno di gente strana, tipo quello degli sms senza acca nel verbo avere, o alcuni ignoranti tirapiedi di rozzi megalomani conduttori…
Ieri sera, all’aeroporto di Reggio Calabria, ho fermato al volo Cesare che si stava imbarcando e gli ho chiesto se ce l’aveva con noi.
“Assolutamente no”, è stata la sua risposta, e mi sono sentito sollevato, perché mi sembrava strano che non si potesse dire che la doppia sostituzione in Olanda non l’avrei fatta.
Sarebbe stato grave che Prandelli pensasse ad una ad una mistificazione del programma, con certe cose lette ad arte per attaccare questo o quello.

Non cambio idea, per me Prandelli è il migliore allenatore italiano.
Sono stato mezz’ora ieri al Pentasport a ribadirlo rispondendo alle telefonate, anche se mi raccontano che oggi in sala stampa uno che mi scriveva gli sms con il verbo avere senza acca e che oggi fa miracolosamente il giornalista non ha capito come al solito nient, sostenendo fantasiose ricorstruzioni della trasmissione.
Ho fatto questo intervento perché giovedì sera, in una serata di grandissimo ascolto, siamo stati sommersi dagli sms e dalle email (oltre 200, contro il solito centinaio) che nel 70% dei casi ce l’avevano con Prandelli.
Sarà stata l’amarezza dell’ingiusta eliminazione, sarà stato qualche amico di allenatore che vuol venire a Firenze, sinceramente non saprei dire.
Fatto sta che questi messaggi c’erano e non erano certamente dei giornalisti, che, forse non lo immaginate, stimano enormemente Prandelli, mentre magari va un po’ meno di moda Corvino, ma questo è un altro discorso.
Io sinceramente non ho capito perché Cesare si sia così arrabbiato oggi e mi auguro che tutta questa energia serva alla Fiorentina per arrivare terza, così ci togliamo di mezzo anche il discorso preliminari che ad agosto sarà certamente più complicato che nel 2008.
Una cosa però voglio ribadirla: il quinto posto, o perfino il sesto, sarebbero risultati buoni in condizioni normali, ma vogliamo dire che le nostre esperienze nelle Coppe sono state fortemente negative sul piano dei risultati, oppure dobbiamo davvero essere contenti se il Bayern vince la Champions dopo averci eliminato?
Ecco perché considero il quarto posto prioritario, per rimediare alle Coppe (e ci metto anche la Coppa Italia, il punto più basso della stagione).
Se poi invece arriviamo quinti o sesti non credo sia da farne un dramma e vorrei fortemente continuare con Prandelli e Corvino, perché può capitare che una stagione su quattro non riesca completamente.
Ma voi, se a luglio vi avessero detto che si arrivava quinti, che ci buttavano fuori dalla Champions alla penultima giornata, dall’Uefa e dalla Coppa Italia subito, sareste stati contenti?
Io no, ma forse pretendo troppo dalla Fiorentina

Non raccontiamoci balle: a questo punto, se non arriviamo quarti, la stagione sarà negativa.
Le Coppe sono andate malissimo, anche se Prandelli e Corvino cercano di raccontarcela diversamente.
Può succedere, nessun dramma, il valore dello staff tecnico e dirigenziale viola resterebbe di assoluta eccellenza, ma non si può nascondere la testa sotto la sabbia.
Non sarebbe una stagione fallimentare, ma, ripeto, negativa certamente sì, perché il nostro campionato comincia in pratica domani, senza più gli “intralci” delle coppe e partendo davanti a tutti.
Non si vedono quindi controindicazioni sul fatto che si “debba” a questo punto centrare l’obiettivo.
E sono d’accordo con Manuela Righini sul fatto che si possa puntare anche al terzo posto perché il Milan è a tre punti ed in caduta libera.
Riparti per favore Fiorentina.

Lo dico subito, anche perché lo avevo affermato in diretta a Radio Blu: Jorgensen ed il disastroso Almiron insieme io non li avrei messi, soprattutto il secondo.
Magari Gobbi, con Montolivo a destra, se proprio Semioli e Donadel erano in difficoltà, ma due convalescenti così insieme mi sono sembrati un rischio inutile.
E comunque la Fiorentina meritava di passare molto più dell’Ajax e la fortuna del campionato l’abbiamo pagata in Coppa, questo è chiaro.
Una partita molto buona, in uno stadio tra i più difficili al mondo anche se contro un avvrersario non eccezionale.
Adesso ci lecchiamo una ferita piuttosto profonda che sarà bene far guarire in fretta perché ora più che mai non possiamo permetterci di non conquistare il quarto posto.

Prima i fatti e poi le considerazioni.
La triste vicenda di Praga, cioè comprare i diritti radio per non utilizzarli, si è ripetuta ad Amsterdam, ma stavolta, a sei giorni dalla partita, viene fatta una proposta a tutte le radio toscane.
Ripetere il segnale di Conto Tv, la telecronaca di Caputi e Di Marzio senior, integralmente, quindi con tutta la promozione della televisione di Crispino che va in onda per un’ora e mezzo a costo zero.
In più non si può mettere nessuna pubblicità dalla radio dalle 20.15 alle 23, quindi trenta minuti prima e dopo la gara e nell’intervallo. Chi non rispetta le regole e sgarra di un solo particolare paga a Conto Tv 40mila euro di penale.
Faccio una controproposta: Radio Blu è disposta a non mandare nessuna pubblicità durante la partita (rimettendoci quindi tutti i soldi della trasferta di tre giorni, che vengono a fatica coperti dagli sponsor), io sono disposto a fare la telecronaca gratis per Conto Tv sul secondo canale audio della televisione, come mi era stato chiesto inutilmente a Praga, ma l’audio che ripetiamo deve essere il mio.
Le altre emittenti avrebbero potuto scegliere liberamente se prendere la mia cronaca o quella di Caputi.
Proposta rifiutata in dieci secondi.
A quel punto non avevamo he una scelta: rinunciare all’intera cronaca della partita ripetuta (non è una radiocronaca, lo sottolineo, ma la semplice trasmissione di un segnale televisivo) e fare con i nostri mezzi inventandoci una trasmissione che non si avvarrà in nessun modo delle immagini televisive.
Eserciteremo il diritto di cronaca e sarà alla fine una cosa diversa, un po’ come a Praga, ma forse ancora più particolare.
E non mi interessa se avremo più o meno ascolto di una delle tre emittenti che hanno di sì a Conto Tv, qui è in ballo la storia (piccola, per carità, ma fa parte della nostra vita e quindi mi vorrete perdonare per la presunzione) di Radio Blu e soprattutto la sua dignità.
Ci sono trent’anni di lavoro che si festeggiano proprio nel 2009 e ci sono venticinque anni di trasferte internazionali in cui non siamo mai mancati, perché anche qui ad Amsterdam, l’unica emittente presente fin da martedì mattina era Radio Blu.
E allora rispondo no grazie a chi vuole fare la radio al posto nostro.
Noi, e intendo la ventina di persone che guido quotidianamente, non siamo in vendita.
Neanche per Ajax-Fiorentina.

Non sono uno particolarmente attento ai soldi che spendo perché, lavorando quindici ore al giorno, ho la fortuna di guadagnare bene e poi non sopporto chi sta sempre a controllare quanto costa qualcosa, oppure tra amici chi non mette mai mano al portafoglio.
La premessa è necessaria per spiegare che può anche essere che mi abbiano detto qualcosa di vago, però io sono certo di no, perché aver speso 700 euro per essere stato un quarto d’ora su internet (posta elettronica, violanews.com, repubblica e corriere) è al di fuori da ogni logica.
Vi racconto quindi quello che succede se avete una normale chiavetta da 19 euro al mese, come succede a me da nemmeno una settimana, e andate all’estero.
Se inserendo la suddetta chiavetta scaricate incuranti del pericolo pensando ingenuamente che il prezzo sia come il telefonino di 60/70 centesimi al minuto la home page di corriere.it, l’operazione vi costerà una cinquantina di euro, la posta elettronica presumo un po’ meno, ma non poi tantissimo.
E così per avere usato un quarto d’ora in tutto l’accesso con la chiavetta io mi ritrovo a pagare quanto per un mese di affitto, anzi mi ritroverei a pagare perché ho intenzione di fare tutto il possibile per evitare questo strozzinaggio.
Prometto che darò in beneficienza la metà di quello che riuscirò a risparmiare e vi terrò informati.

Ripartono inevitabili le discussioni su quanto sia conveniente andare avanti in Uefa e non vorrei che stavolta, al di là delle dichiarazioni di rito, il discorso coinvolgesse anche la testa dei giocatori.
Perché è storicamente provato che scendere dalla Champions (vedi l’Eindhoven l’anno scorso) ti porta ad esseremeno motivato: è ingiusto, ma umano.
Eppure, paradossalmente, la sconfitta dell’andata potrebbe aiutare in questo senso proprio per via dell’idea dell’impresa che tutti avrebbero nel segnare almeno due gol o comunque vincere all’Amsterdam Arena.
E’ bene provarci, siamo appena ai sedicesimi dell’Uefa e un’uscita così vorrebbe dire aver fallito completamente la stagione sul piano europeo.
Resterebbe solo il campionato e sarebbe un rischio notevole perché allora sì che un quinto posto, senza Coppe da giocare da marzo in poi, sarebbe un brutto risultato, pur considerando che le altre hanno un budget enormemente superiore alla Fiorentina e tutte le altre cose che Corvino ci ripete almeno una volta al mese.

SANT’ANSELMO DA LECCO
E’ stata la migliore definizione che abbia inventato per un giocatore in tutti questi anni e mi ha fatto piacere che qualcuno l’abbia ripresa per etichettare le prestazioni di Robbiati, che in quel campionato segnava ogni volta che entrava in campo a sostituire un compagno. Di Anselmino mi piacevano le prestazioni tecniche e ciò che diceva nelle rare interviste che rilasciava. Robbiati non era mai banale e con quella vocina quasi in falsetto raccontava delle verità spiazzanti, soprattutto il lunedì, quando spesso veniva a commentare la partita a Canale Dieci. Diventammo amici e fu per questo che rinunciai ad uno scoop per non metterlo nei guai.
Era successo che dopo una vittoria contro l’Udinese, nel primo anno di Trapattoni, fosse scoppiata una mezza rissa negli spogliatoi. Protagonisti insospettabili: Robbiati e Rui Costa, il tutto a causa di un pallone non passato dal primo al secondo. Anselmo, che attraversava un momento difficile, aveva risposto ai rimproveri del portoghese mandandolo a quel paese, accendendo in pratica la miccia. La domenica dopo a Roma, Batistuta si era “vendicato”, ignorando il compagno solo davanti alla porta e preferendo un’improbabile conclusione personale. Era una brutta storia che non conosceva nessuno e Robbiati me la raccontò amareggiato nel ritorno da una vittoriosa trasferta di Coppa Uefa a Zurigo. Durante quel volo feci anche da colomba della pace con il portoghese, che stava seduto tre file più avanti. Come immaginavo, Rui mi disse che per quanto lo riguardava l’incidente era chiuso lì, che non c’erano conseguenze nei rapporti tra lui e Robbiati, ma Anselmo era lo stesso col morale a terra. Aveva appena segnato un bel gol di testa, però sentiva di avere contro i capi dello spogliatoio. Gli chiesi se potevo pubblicare la storia del furioso battibecco con Rui Costa e mi dette l’assenso.
Alle due di notte, appena atterrati a Pisa, venni preso da uno scrupolo molto poco giornalistico. La Fiorentina, lanciata in Coppa Italia e Coppa Uefa, era prima in campionato: scrivere quello che Robbiati mi aveva detto voleva dire alzare un gran polverone che avrebbe penalizzato l’ambiente e soprattutto lui, da mesi alla ricerca di una nuova squadra. In pratica sarebbe passato per un piantagrane e non sarebbe stato giusto. Richiamai Anselmo e gli annunciai che mi dimenticavo di tutto e ancora oggi sono convinto di aver preso la decisione migliore.

IMPARA A FARE LA RADIOCRONACA!!!
Un’ottima Fiorentina aveva appena pareggiato con l’Inter, meritando ampiamente di vincere. In radiocronaca avevo più volte sottolineato il vano assalto finale, ricordando come il punto strappato dai nerazzurri fosse immeritato. Stavo quindi per cominciare le solite interviste televisive del dopo partita, quando incrocio Luna, che mi si avventa contro paonazzo di rabbia.
«Ah stro…, ma che caz.. hai detto in radiocronaca?! Tu devi impara’ a farle le radiocronache, hai capito?»
Trasecolai. Non riuscivo a capire a cosa si riferisse e stava dando di fuori come un pazzo. La misi anch’io sul triviale.
«Ma che caz.. stai dicendo? Spiegami!»
«Nun te spiego proprio nniente, va a sentì quel che hai detto oggi!», e se andò, lasciandomi lì senza parole.
Per prima cosa consegnai il microfono a Laserpe per le interviste e mi incamminai livido di rabbia verso Canale Dieci, deciso a rassegnare le dimissioni, non mi importava quanto ci avrei rimesso economicamente. Con Sandrelli ci rinchiudemmo nella sua stanza, gli raccontai dello scontro e gli annunciai che avrebbero potuto tranquillamente trovarsi un altro telecronista e un altro conduttore per il Ring. Massimo scosse il capo e mi disse di aspettare. Dopo un quarto d’ora, arrivò la telefonata di scuse di Luna, che ammetteva di aver esagerato, che era stato informato male e che io ero una colonna insostituibile della televisione.
In serata riuscii finalmente a ricostruire quello che era successo, grazie anche ai miei informatori dentro lo spogliatoio. La colpa di tutto era di Flachi, all’epoca un bambino viziato, che aveva bisogno di accreditarsi in qualche modo con i compagni più grandi. Ranieri lo aveva spedito in tribuna e lui, non ho mai capito perché, si era messo a sentire la mia radiocronaca. Successivamente era sceso negli spogliatoi, stravolgendo la verità e raccontando che avevo attaccato la Fiorentina per come aveva giocato. Il preparatore atletico Sassi, con cui ero in pessimi rapporti fin dai tempi dell’infelice ritiro a San Vincenzo, ci aveva messo del suo, ingigantendo la cosa e facendo sì che i leader dello spogliatoio se la prendessero con Luna, «perché Guetta lavora a Canale Dieci».
Feci cinque cassette degli ultimi venti minuti di radiocronaca e le consegnai a Batistuta, Rui Costa, Padalino, Sassi e Luna. A Flachi niente, perché sarebbe stato del tutto inutile.

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE
Perché, nonostante quello che ho passato, non me ne sono andato via prima da Canale Dieci, resistendo addirittura nove anni? Intanto perché era l’unica televisione che permetteva, in tutti i sensi, di lavorare in modo decoroso. Se avessi mollato, ci sarebbero stati almeno una decina di colleghi pronti a prendere il mio posto, soprattutto quelli che oggi pontificano nelle altre tv e non volevo dare loro questa soddisfazione. Poi, a partire dal 1998, ho avuto la responsabilità di un gruppo di ragazzi che avevano puntato tutto proprio su Canale Dieci: io li avevo fatti entrare e la loro permanenza era strettamente legata alla mia.
La verità è che in tutti quegli anni posso aver ammorbidito qualche volta i toni della polemica, ma non ho mai subito condizionamenti. Nessuno, insomma, mi ha mai detto quello che dovevo o non dovevo dire. Quando, per esempio, nel maggio del 2002 Sconcerti venne paracadutato da Zerunian a Canale Dieci per raccontare “Fiorentina, la verità” (la sua, quella di Zerunian), con tutte le assurde assicurazioni sul fatto che Cecchi Gori avrebbe pagato e che la società viola si sarebbe regolarmente iscritta al campionato di B, io mi defilai, non mettendoci la faccia. Altre volte invece mi sono trovato nel mezzo della bufera e probabilmente non sono stato abbastanza bravo nello spiegare la mia distanza da alcune posizioni insostenibili. Certo, ho pagato in stress e rabbia questa “libertà” di pensiero, ma alla fine gli errori che ho commesso sono stati solo frutto della mia testa e delle mie convinzioni. Ho sbagliato soprattutto a non valutare bene dove ci stava portando Cecchi Gori e da metà del 2000 fino al luglio del 2001 ho mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento possibilista, che è stato ingigantito dalla mia onnipresenza (altro sbaglio) nelle trasmissioni di maggior richiamo di Canale Dieci. Al momento della dissoluzione della vecchia Fiorentina, ho quindi ritenuto giusto pagare le mie “colpe” con almeno un anno di allontanamento dal video, in una sorta di rito purificatore.
Ma Canale Dieci resta una splendida realtà e fino a quando se ne occuperanno Andrea Parenti e Paolo Fanetti ha la concreta possibilità di sopravvivere alle nefandezze del suo proprietario. Mi pare comunque giusto ricordare con sincera commozione tutti coloro che in quegli anni hanno tentato (invano) di farmi cacciare: l’indimenticabile Paolo Giuliani, Ugo Poggi, poi diventato un amico, Paolo Cardini, Luciano Luna, Sarkis Zerunian e Ottavio Bianchi. Se sono riuscito ad avere la soddisfazione di essere io ad andarmene e non loro a buttarmi fuori, lo devo solo ed unicamente al successo delle mie trasmissioni, agli sponsor che portavo e ai ragazzi che hanno lavorato con me.

GRANDE STAGIONE
Ranieri tirò fuori il meglio dai propri uomini ed il risultato conclusivo fu il migliore degli ultimi anni. Ad un certo punto la Fiorentina sembrò addirittura in corsa per lo scudetto, ma l’organico era nettamente inferiore al Milan ed alla Juventus, soprattutto nelle alternative ai titolari. Complice la cavalcata trionfale in Coppa Italia, le cose in campionato si complicarono nelle ultime partite e si temette la riedizione dello scialbo finale dell’anno precedente. Invece andò tutto bene, ed una vittoria un po’ fortunata a Piacenza permise alla Fiorentina di tornare finalmente, dopo sei anni, in Europa, al terzo posto a pari punti con la Lazio. Tutti noi però eravamo distratti da un solo pensiero: vincere finalmente qualcosa, a ventuno anni di distanza dalla Coppa Italia del 1975.

LA PARTITA VIRTUALE
E’ stato l’avvenimento più straordinario organizzato da Canale Dieci. Credo che l’idea a Sandrelli sia venuta dopo aver visto quanta gente avrebbe voluto seguire i viola a Bergamo per il ritorno della finale. L’Atalanta non poteva garantire più di cinquemila biglietti, ma i tifosi pronti a partire erano più del doppio e allora Massimo tirò fuori questa iniziativa, che a prima vista poteva sembrare una pazzia: tutti al Franchi a vedere (male) la partita sul maxi schermo. Canale Dieci organizzò una diretta di oltre sette ore, con uno sforzo di produzione all’altezza di una televisione nazionale. Fu un successo clamoroso. Arrivarono in quarantamila allo stadio, spinti solo dalla voglia di esserci e la scena della squadra che entra in campo alle tre di notte in mezzo alle bandiere viola è il momento più bello di tutta l’era Cecchi Gori.

IL TRIONFO
Esagerazioni per una semplice Coppa Italia? Può darsi, visto da fuori Firenze. Ma il calcio dalle nostre parti è soprattutto passione, e se ripenso a quella magica serata di Bergamo non mi vergogno di niente. Al secondo gol di Batistuta, urlai come un matto e caddi dalla seggiolina in postazione. “Prendiamocela!! E’ nostra!!”, gridavo ossessivamente, neanche dessi l’ordine di attacco alla fortezza nemica. Ero quasi sdraiato in terra quando mi accorsi di un po’ di movimento alle mie spalle, ma non ci feci troppo caso. Solo più tardi seppi che avevano cacciato dalla tribuna stampa il povero Ceccarini, che si era sacrificato per il sottoscritto, accusato di “comportamento professionale poco decoroso”. «Vado fuori io – disse – ma lasciatelo finire», e lo misero giù nel parterre, in castigo.
Mentre da Bergamo intervistavo i protagonisti in collegamento video con il Franchi in estasi, mi chiedevo cosa mai sarebbe successo in caso di scudetto a Firenze. Erano già passati quattordici anni da quando preparavamo la festa, poi rovinata dagli arbitri e dalla Juventus. Allora mi sembrava tutto un grande gioco e poi alla fine una delusione indicibile; adesso la realtà mi appariva molto diversa, forse a causa dell’età o delle responsabilità che aumentavano. Comunque fosse, mi sarebbe piaciuto almeno una volta capire, da semplice tifoso della Fiorentina, cosa si prova in quei momenti lì.

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