Era diverso da tutti noi che a 14 anni, quando l’ho conosciuto, avevamo solo il calcio in testa.
Era speciale.
Pomeriggi infiniti a costruirci complicate traiettorie sentimentali inevitabilmente destinate al fallimento.
Un grande a disegnare e proprio per questo lo avevo conosciuto, perchè con Massimo avevamo bisogno di qualcuno che facesse i fumetti per il nostro giornalino.
Non ho mai capito fino in fondo cosa pensasse davvero di me, così diverso da lui, so solo che ci volevamo bene.
Negli ultimi tre mesi della sua malattia avevamo cominciato a chiamarci vezzosamente Albertino e Daviddino, il mio era un modo per stargli (o cercare di stagli più vicino), il suo credo un rifugio nel sentimento per provare a non pensare solo alla morte.
Un’amicizia vera, come ne ho poche nella vita.
Anni senza sentirci e poi in tre minuti tutto uguale a dove avevamo interrotto il discorso.
Aveva perso trenta chili e si preoccupava per il mio super attivismo, per la mia frenesia, diceva che non pensavo mai abbastanza a me.
Io a lui invece nelle ultime settimane ci pensavo spesso, molte volte al giorno.
Mi chiedevo il perché di una scelta così “stronza” (Alberto adorava Borgonovo, pur non capendo nulla di calcio), perché a lui sì e a me no, perché, perché, perché…
Ora restano i ricordi e sono tutto: i suoi capodanni assurdi in cui mi faceva sempre lasciare qualcuno e non si combinava mai niente, i pomeriggi e le serate insieme quando mi raccoglieva a pezzi o andavo io a prenderlo a San Domenico dopo una sua litigata, la discussione che ebbe con Valentina non mi ricordo neanche più per cosa, gli insegnamenti che mi ha dato in questi sei mesi passati a lottare come un leone ed infine arrendersi.
“Ma ti rendi conto che muoio e non ho neanche cinquanta anni”, mi ha detto dieci giorni fa in ospedale.
Sì, Alberto, me ne rendo conto e oggi qui nel self-service dell’aeroporto di Bologna ho pianto senza vergognarmi di quello che facevo.
Dopo sembra tutto facile
E’ una storia per fortuna già vista e sentita: la Fiorentina vince quasi sempre le gare considerate facili ed è questo il grande merito di Prandelli.
Questa squadra non tradisce mai ed il successo con l’Atalanta non è mai stato in discussione, se non pensando alle possibili fregature di una gara completamente dominata e chiusa un po’ tardi.
Ma sul piano delle occasioni non c’è stato confronto e abbiamo ampiamente meritato i tre punti.
Vargas e Montolivo sopra gli altri, ma anche Doandel e i due centrali hanno giocato bene, mentre Gilardino si è inventato un gol da solo, esattamente come a Milano.
Nel rispondere agli ascoltatori di Radio Blu mi sono arrabbiato con chi se la prendeva con i giornalisti in senso generale e diceva “avete visto? Adesso siete contenti?”.
Ma avete visto cosa? Qui non è più possibile dire niente, se uno si esprime con venti aggettivi positivi sul lavoro della Fiorentina deve essere poi crocefisso per pochi dubbi espressi a monte e non di fronte a risultati negativi.
Io a questo gioco non ci sto, a costo di uscire definitivamente dalla hit-parade delle simpatie di questo o quel potente.
Per me il lavoro di Prandelli è eccezionale, quello di Corvino eccellente (il miglior direttore sportivo da quando seguo la Fiorentina) e i Della Valle hanno dato moltissimo, diciamo 170 milioni di euro investiti, e adesso aspettano di veder cosa succederà.
Ma poi rivendico il diritto di avere le mie idee e se non collimano con quelle del manovratore, pazienza, me ne farò una ragione.
Non sarò mai tra quelli che sperano che le cose vadano male per urlare soddisfatti “visto? Avevo ragione!”
Anzi, di più: spero di essermi sbagliato sui tre rilievi critici mossi a fine agosto, ma se volte vivere con il pensiero unico e le veline viola potete accomodarvi tranquillamente fuori da Radio Blu (che è sempre stata molto equilibrata nei giudizi) e da questo blog.
Il grande gioco del mercato
Questo pomeriggio è avvenuto un fatto che fotografa esattamente il mio rapporto col calciomercato: mentre stavo schiacciando (clamorosamente fuori orario) il mio sonnellino (vabbeh, un’ora e mezzo…) del sabato pomeriggio, che è poi uno dei pochi vezzi che mi concedo, Marco Conterio è riuscito nella clamorosa impresa di rintracciare in Argentina Munoz e realizzare una bella intervista.
Tanto per chiarirci: a me avrebbe fatto fatica perfino pensarci ad una cosa del genere, proprio per lo scarso interesse che nutro per quel grande gioco che è il mercato.
Eppure ricordo che all’età del giovane Conterio riuscii dopo tre ore di tentativi ad intervistare Indurain per La Nazione, partendo praticamente dal suo sponsor.
Però capisco che le parole di Munoz, che afferma di essere quasi a Firenze, siano più eccitanti dello schieramento tattico dell’Atalanta e so bene di essere io un po’ fuori registro, forse perché spesso mi sembra di fare da cassa di risonanza a procuratori e direttori sportivi che usano i mezzi di informazione (e quindi “ci” usano senza nemmeno pagarci) per far passare i loro messaggi.
Detto questo, Munoz a Radio Blu è un gran colpo e domani dobbiamo fare tre punti.
Devono pagare
…naturalmente se sono colpevoli.
Sto parlando delle maestre di Pistoia e anche di chi, magari in buonafede, non si è accorto di quanto stava accadendo nella propria scuola., che diventando purtroppo degli orrori.
Inimmaginabile quello che mostrano le telecamere e che si legge oggi sui giornali.
Inspiegabile il perché, se non andando a raschiare il fondo della più bieca perversione umana.
Perché non è possibile fare del male a dei bambini, almeno per noi “normali”.
I deviati, i malati di mente, i perversi accanto ai bambini non ci devono stare e la loro punizione (mai esemplare, perché non esiste una “punizione esemplare”, semmai giusta) dovrà portare ad una pena da espiare fino in fondo, senza sconti o facili pietismi nei tempi supplementari.
P.S. Un abbraccio forte ad Antonello,
Un po’ di poesia in più
Prima di tutto devo una spiegazione a tutti coloro che a proposito dell’incontro Cognigni-giornalisti hanno scritto per polemizzare con questo e con quello e che non hanno visto passato il messaggio.
Ragazzi, lasciate stare: ma secondo voi ha un senso perdere tempo con chi non riporta correttamente le cose, o con chi ne riporta solo una parte per poi costruirci sopra le proprie morali e le proprie lezioncine?
Ripeto, lasciate perdere, questo è un mondo in cui per ora ci si sta dentro tutti: nani, facoceri, ballerine, critici feroci più o meno in buonafede poi pentiti e piagnucolanti, guitti, parenti e, per fortuna, anche persone serie.
Detto questo,capisco la stanchezza dei tifosi, mentre stiamo andando verso la parte finale di una settimana in cui non si è quasi mai parlato di calcio, ma soprattutto di numeri.
Ne ragionavo ieri sera con uno dei ragazzi di “Viola nel cuore” e dunque tifoso tra i più passionali e di più lunga data: ma alla fine a chi soffre per la Fiorentina, a chi la segue da decenni, cosa gliene importa se, facciamo un esempio, Munoz viene pagato per un terzo cash e per il resto in due anni?
Ci sta mancando la poesia, quel fascino del mistero che da ragazzo ci faceva sembrare uno splendido rito onirico la discesa in campo alla domenica di ragazzi che diventavano straordinari nel nostro immaginario.
Ora invece sappiamo tutto di tutto (o immaginiamo di saperlo), facciamo i conti in tasca ai nostri presidenti fino all’ultimo centesimo e tra poco non sappiamo quasi quali saranno i prossimi impegni della Fiorentina.
Scusate la divagazione, stavolta veramente da tifoso: tra qualche ora torno a fare il giornalista e a dirigere la redazione di Radio Blu, ma con la voglia di tornare a parlare di calcio.
Più Atalanta che Liverpool
Ce l’avessero detto a fine agosto non ci avremmo mai creduto: meglio rischiare un giocatore domenica che mercoledì in Inghilterra.
Eh sì, meglio i tre punti in campionato (indispensabili) che arrivare primi nel girone.
E’ il bello del calcio, dover fare i conti con la sua imprevedibilità.
Cerchiamo quindi di capire come stanno Vargas, Gamberini, Jovetic, Mutu e Dainelli e poi cominciamo a fare i conti.
Ora si tratta davvero di stringere i denti e non ci possiamo più permettere di perdere altri punti “facili”, perché è vero che il quarto posto è vicino, ma è altrettanto certo che abbiamo una bella fila di squadre davanti e che se domenica non vinciamo rischiamo pure di finire là dove non siamo mai finiti con Prandelli, cioè nella famigerata parte destra della classifica.
Io dico che lui dice che un mio amico ha detto…
Non dirò mai fino a quando sarà arrivato il momento di renderlo pubblico il senso di una chiacchierata informale avuta con la Fiorentina su temi economici di gestione societaria.
Era un incontro su temi generali di economia, con qualche cifra interessante, non era un’intervista.
Il perché non anticipo niente è semplice: sono una persona seria, che mantiene la parola data e non mi faccio prendere dalla fregola dello scoop.
Se facessi una furbata del genere, mi vergognerei di guardare in faccia qualcuno e giustamente sarei messo all’indice.
La questione, ve l’assicuro, è molto meno piccante, ma anche molto più interessante da quello che oggi è stato fatto circolare nel nostro grande circo mediatico, sempre che uno abbia voglia di seguire un ragionamento che va al di là del “si compra quello” o “si vende questo”.
Posso però raccontare quello che non è stato detto: nessuno ha mai affermato che la Fiorentina non farà acquisti a gennaio oppure che avrà un budget limitato a 5 milioni.
Affermare una cosa del genere non ha senso ed è frutto del sentito dire da persone che non erano presenti, che ricostruiscono su gossip, che si sono fatti riportare dei discorsi e che comunque avranno i loro motivi per rendere pubblici il risultato di tanto lavoro.
Motivi che non voglio sapere.
Più di così non era possibile
Se vogliamo dirci che avremmo meritato il pareggio, facciamolo pure, ma non è l’esatta analisi della gara.
Perché noi abbiamo avuto una sola grande occasione inventata da Gilardino e l’Inter almeno cinque, rigore compreso.
Quello per la Fiorentina io non l’ho visto in diretta allo stadio, ma può darsi che ci fosse.
Detto questo, la Fiorentina incerotatta e incompleta ha fatto il massimo, anche sul piano psicologico perché ha retto bene come concentrazione e grinta.
Il fatto è che mancavano Jovetic, Mutu, Gamberini (più di tutti), Donadel, che avrebbe giocato certamente al posto di Zanetti, e dopo poco Marchionni.
Tutti questi uomini non si possono regalare alla migliore squadra d’Italia.
Come previsto a caldo sabato sera Natali si è rifatto male di nuovo, confermando tutte le perplessità sul suo acquisto: da quando è arrivato, sarà stato bene un mese.
Qualcuno se l’è presa con Castillo via sms a Radio Blu, però io propongo a questo punto la moratoria: lasciamo perdere, inutile accanirsi contro di lui e poi bisogna essere dei campioni (o Huntelaar…) per cambiare il corso di una gara in 9 minuti.
Ragazzi, animo: 6 punti tra Atalanta e Chievo e siamo nuovamente in corsa.
I razzisti di casa nostra
Fischiare Balotelli si può, fare buu invece è da razzisti.
La verità è questa, che piaccia o meno a quei fenomeni di casa nostra che razzolano tra radio, televisione e internet.
Io pretendo, sottolineo pretendo, che Balotelli sia rispettato come essere umano e che i buu scimmieschi gli idioti di ogni latitudine, che siano fiorentini, juventini o milanisti, li vadano a fare a casa propria, magari alla propria sorella, fidanzata o mamma.
E se nel casino di San Siro domenica pomeriggio sentirò quei buu, io dirò chiaramente che mi vergogno per quei cretini che credono di fare chissà cosa insultando in quel modo una persona solo per il colore della pelle.
Non importa se sono tifosi della Fiorentina, anzi è un’aggravante.
Fischiate Balotelli come fischiereste Stankovic o come a suo tempo fischiammo Berti, tanto per rimanere all’Inter.
Ogni buu che farete sarà un insulto alla vostra intelligenza.
Grossa tentazione, ma…
Pur non avendo mai avuto nulla di particolare in Europa contro l’Inter e soprattutto il Milan (che spesso in Coppa ha dato spettacolo), sono anch’io tentato di tifare contro tutte le altre italiane per godere dell’inarrivabile sensazione di sbugiardare l’intera Italia calcistica ed essere quindi gli unici ad andare avanti.
Noi, snobbati e un po’ spernacchiati dai soloni nazionali, ignorati dalla televisione, insomma noi contro tutti.
Eppure, dopo aver provato l’insano brivido del tifo al contrario, mi costringo ad un ragionamento e penso che se davvero andasse così rischieremmo a stretto giro di avere una squadra in meno nelle prossime edizioni di Champions Leagues.
E siccome già è difficilissimo arrivare quarti, non oso pensare al banchetto che apparecchierebbero le solite grandi se ci fosse un posto in meno a tavola.
Ci conviene quindi sperare che l’onore del calcio italiano sia tenuto alto da squadre che proprio non rientrano nelle nostre simpatie, perché stare nei piani nobili del calcio europeo è davvero troppo bello e tornare in Europa Leagues (cioè la vecchia Coppa Uefa) sarebbe un bel salto all’indietro.