Luglio 2013


Non so assolutamente cosa succederà con Mario Gomez e neanche mi interessa di rivendicare il mio quasi isolato invito alla prudenza, condito da una forte diffidenza sul positivo esito di una trattativa troppo grande per la Fiorentina.
Magari mi fossi sbagliato e comunque non rimane che aspettare, ma cambiando atteggiamento mentale.
Perché che la gloriosa storia dell’ACF Fiorentina non si ferma o riparte da Mario Gomez, chi in questo momento ne sta facendo una questione di principio per verificare la tenuta societaria sta commettendo un grave errore.
Qui rischiamo di non considerare più con il giusto metro gli altri acquisti, che solo dodici mesi fa ci sarebbero sembrati oro colato, a cominciare da quel Giuseppe Rossi che pare essere diventato un giocatore normale.
Mi preoccuperei piuttosto di più del portiere, perché ribadisco che non è immaginabile partire con Neto titolare e anche di un ricambio in più per il centrocampo che non sia Stankovic, ormai fuori tempo massimo per vestire la maglia viola.

Finalmente ho capito qualcosa in più dell’affare Gomez e l’ho spiegato ieri nel filo diretto durante il Pentasport.
La Fiorentina ha fiutato l’affare quando ha capito che l’attaccante era diventato un peso per il Bayern e il ragionamento è stato: vi togliamo 32 milioni lordi di ingaggio da qui al 2016, però prendiamo il giocatore a prezzi da saldo, cioè completamente fuori mercato.
Perché i 12 milioni di euro offerto sono obiettivamente la metà del valore di Gomez.
A Monaco per ora fanno finta di niente e, al di là dei sorrisi di circostanza e delle dichiarazioni di amicizia per i dirigenti viola, almeno sembrano non considerare troppo Pradé e Macia, però sicuramente ci stanno pensando.
Resta per me un po’ misterioso il nodo dell’ingaggio, nel senso che Gomez avrà eventualmente un quinquiennale che costerà alla Fiorentina qualcosa intorno ai 35 milioni lordi, perché entrerebbero in campo gli sponsor (e in questo campo Pradè è quasi imbattibile, avendo avuto una lunga consuetudine con Totti).
Sono tantissimi soldi, inimmmaginabili da spendere solo dodici mesi fa, ma è proprio qui che si gioca la partita, sempre ammesso che il Bayern ceda: forse i Della Valle hanno deciso che ci vuole uno sforzo in più per puntare a giocarci davvero le possibilità per un posto in Champions.

Non si capisce bene cosa finirà prima: la pazienza di Gomez nell’attendere che Bayern e Fiorentina chiudano, l’attenzione dei tifosi viola per una delle trattative più lunghe della storia o i soldi di Radio Blu per avvalersi delle preziose corrispondenze prima tedesche e ora trentine dell’ottimo Federico Logiudice?
Io continuo a pensare che sia pressoché impossibile immaginare un Gomez in arrivo senza che Jovetic sia stato venduto, non mi arrivano segnali particolari per credere ad un azzardo economico del genere.
Perchè noi la facciamo facile, ma qui ballano diversi milioni di euro, che non sono nostri e quindi ci sembrano bruscolini, “tanto cosa vuoi che sia per Della Valle ecc…”.
Gomez a Firenze è un bellissimo sogno a cui non credevo e che potrebbe prendere corpo, però, credetemi, temo ci sia ancora parecchio da aspettare.

Come è testimoniato dall’archivio di questo blog non è che Ljajic rientri nella hit parade delle mie simpatie.
Nonostante questa mia valutazione strettamente personale, non riesco a capire bene quali siano i parametri con cui viene deciso di affrontare lo spinoso argomento del suo rinnovo contrattuale.
Perché se è vero che la cifra richiesta dal simpatico Ramadani è di 1.600.000 netti l’anno, io, sfidando l’ira popolare, dico che mi aspettavo di peggio.
Qui il discorso va fatto alla base: se sei convinto che Ljajic sia veramente un possibile grande giocatore, un futuro campione, devi fare un grosso sacrificio economico e, sotto il ricatto dello svincolo a parametro zero, gli rinnovi il contratto per cinque anni avendo la possibilità di trattarlo eventualemente dopo, se dovesse continuare nella sua maturazione.
Altrmenti lo perdi a zero, ed è qui che il simpatico Ramadani ha il coltello dalla parte del manico, perché io non credo che accetterà mai la cessione durante questa estate.
Se credi che Ljajic possa valere domani Jovetic, gli puoi anche dare il 30% in meno di quello che avevi proposto a Montolivo due anni fa.
Altrimenti, in caso di quasi certa resistenza alla cessione a qualsiasi prezzo, lo metti ai margini della squadra.

…in eine kleine Stadt gefahren und dort in einem Gasthaus abgestiegen.
No, non sono impazzito, è solo che sto cercando di recuperare un po’ del mio poverissimo tedesco su cui mi soffermerò tra poco perché pare che (per fortuna) io abbia torto e che sia pure lentamente Mario Gomez si sia messo in viaggio per Firenze.
Intanto abbiamo prolungato il rapporto con Federico Logiudice e questo ci aiuterà a sapere ora per ora cosa diavolo stia succedendo adesso in Baviera e poi da dopodomani ad Arco.
E ora il mio rapporto col tedesco, che ha conosciuto momenti spassosi, altri quasi tragici e anche il raggiungimento di una vetta incredibile, che solo a pensarci mi rende orgoglioso ed incredulo.
Al Duca D’Aosta avevamo una professoressa vetero comunista tutta di un pezzo, la Quercini Sartoris, che ci dava da studiare delle terrificanti cose a memoria, solo che poi tutto era meccanicamente diviso tra i quattro che interrogava e così bastava che ognuno studiasse un pezzo ed era salvo (ecco infatti die beiden ecc…, lo so ancora!).
Una volta volli fare il furbo e andai lungo riportando pure la frase di quello che era dopo di me col risultato di far saltare tutto e rischiare (giustamente) di essere menato dagli altri che presero 4.
In più, all’ultimo compito prima della maturità venni clamorosamente beccato a ricopiare la traduzione che aveva dato nella classe parallela e che era uguale alla nostra: partì una bambola cloamorosa che ancora ricordo con un misto di vergogna e paura.
“L’onestà Guetta!! L’onestà!!! Ma come puoi pretendere di ottenere qualcosa se non sei onesto!!! Vai fuori, subito!!!”.
Ammesso a tedesco con tre, ma passato poi con sessanta, anche queste sono soddisfazioni.
E poi l’università: nel luglio 1986 avevo finito tutti gli esami tranne uno, ovviamente tedesco, e la tesi era già pronta.
Vado allo scritto e copio tutto (alla faccia della Quercini Sartoris): ammesso all’orale.
E lì comincia il dramma, perché oltre al dialogo normale bisognava sostenere una conversazione in tedesco su due testi, uno di Von Kleist e uno di Mann.
Parto almeno quattro, cinque volte e poi mi arrendo dopo un paio di settimane, perché davvero è troppo difficile.
Provo ancora una volta nell’aprile del 1988 (e sono già passati 15 mesi dallo scritto), vivo da asceta (o quasi…) per due mesi e incredibilmente ce la faccio: divento padrone del tedesco, lo capisco, lo parlo, so tutto di Von Kleist e Mann e prendo trenta.
Standing ovation personale, laurea a stretto giro di sessione e… svenimento appena tagliato il traguardo.
Cioè non prendo più in mano un testo di tedesco e nel giro di pochi mesi mi dimentico tutto.
Adesso, se arriva Gomez, mi faccio scrivere il testo e pago la mia scommessa con il racconto di suoi due gol nel modo che sapete.

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