Maggio 2009


Sabato pomeriggio, verso le 19.30, mi sono preso un’incavolatura niente male perché ai ragazzi del Pentasport era scivolato il piede dal freno e stavano parlando, mi pare con Andrea Di Caro, di mercato da almeno un quarto d’ora.
La situazione era quasi comica: mentre urlavo alcuni concetti per me fondamentali a Fabio Russo, avevo Cosimo aggrappato alla gamba che voleva essere preso in collo e le ragazze che mi dicevano di sbrigarmi perché dovevamo andare fuori tutti insieme a cena, evento in verità abbastanza raro per la numerosa famiglia Guetta.
Mi sono dilungato in questo raccontino personale per spiegare e ribadire come la nostra linea editoriale, a Radio Blu, sia di parlare pochissimo di mercato nelle giornate finali di campionato quando la Fiorentina è in lotta per qualcosa di importante.
Lo abbiamo sempre fatto, lo stiamo facendo e lo faremo.
Capisco che ci siano trasmissioni che vivono solo su quello, magari contrabbandando esperti misteriosi ed inventati per dire tutto ed il contrario di tutto, ma tant’è. Ognuno si arrangia come può.
E così oggi io non ho proprio capito perché Pantaleo Corvino, a dodici giorni dalla fine del campionato, abbia indetto una conferenza stampa per parlare un’ora di strategie possibili e probabili, con l’inevitabile risultato di scatenare congetture varie su tutto e tutti.
Voleva distrarre l’ambiente ed allontanare la tensione? Sinceramente non mi pare che ce ne sia il bisogno, visto che siamo tutti pronti a festeggiare il quarto posto e davvero nessuno rimarrebbe deluso, dopo il primo quarto d’ora di rabbia, se non arrivasse il terzo.
Voleva lanciare un messaggio alla città, immobile come sempre sulla cittadella viola? Se fosse così, e tralasciando il fatto che sull’argomento dovrebbero esternare Diego e Andrea Della Valle, mi chiedo chi lo raccolga oggi questo messaggio, a venti giorni dal voto.
Boh, non riesco a capire, ma forse è colpa mia.
Se Radio Blu avesse fatto, oggi 19 maggio 2009, un Pentasport incentrato solo sul futuro viola da giugno in poi (e lo potremmo organizzare con i nostri esperti in mezza giornata, senza sms e senza telefonate), si scatenerebbe il finimondo e chi protesta avrebbe ragione.

TIFOSI
Avevano ragione loro, Lodà, Rocchi e Sartoni. C’era magari un po’ troppa fantasia nella loro ricostruzione dei fatti, però era vero che la Fiorentina stava andando verso la rovina. Ci hanno provato in tutti i modi a fare qualcosa, ed è proprio per questo iper attivismo a fin di bene che non ho mai calcato la mano quando hanno commesso alcuni errori. Come tenere fuori Luna dalla contestazione della Fiesole. Mai uno striscione contro chi aveva avuto per nove anni la responsabilità della Fiorentina, possibile che non avesse colpe? Il fatto che nel finale della storia Lucianone nostro si fosse seriamente impegnato per vendere la società gli ha probabilmente restituito una discutibile verginità, ma non tutti hanno capito i motivi del suo “salvataggio”. Una sciocchezza è stata poi aspettare Mancini sotto casa sua alle una di notte. Il tecnico ha poi certamente strumentalizzato pro domo sua tutta la vicenda, ma a quell’ora di solito si va a dormire e non ci si mette a discutere di tattica o si dimissioni.
Comunque sia, l’amore ostinato, e dall’esterno incomprensibile, dei tifosi viola è stato fondamentale per non sparire definitivamente. Senza di loro la Fiorentina sarebbe stata solo un guscio vuoto, al massimo un ricordo struggente per chi come me l’aveva avuta come fedele compagna di tutta una vita.

FARNETICAZIONI TELEFONICHE
9 dicembre 2001, Lazio-Fiorentina all’Olimpico. Tre file sopra la mia postazione è seduta Valeria Marini, tragicamente inviata fissa per “Quelli che il calcio…”. Decido nell’intervallo di chiederle se mi rilascia un’intervista, lei prende il telefonino e compone il numero di Cecchi Gori.
«Vittorio, c’è qui un giornalista che vuole parlare con me: che devo fare? … Si chiama Guetta. Sì, va bene, te lo passo».
E comincia così il mio ultimo colloquio con il presidente-ex senatore-produttore.
«David, qui mi hanno tradito tutti, ma ti rendi conto mi hanno venduto Repka e Leandro (sai che perdita!) senza dirmi niente. Mi vogliono ammazzare, ma io so’ più forte di tutti»
«Vittorio, senza le cessioni di Repka e Leandro a settembre la Fiorentina falliva…»
«Ma che fallimento! Ho dei soci pronti ad entrare, mi hanno pugnalato alle spalle, io non volevo vendere nemmeno Rui Costa»
«E con cosa pagavi gli stipendi?»
«I soldi ci sono!!! Ma ora arrivo a Firenze e cambio tutto, mi volevano prendere la Fiorentina per un tozzo di pane, ma te ne rendi conto?»
«Vittorio, e Barucci? Lo hai incontrato?»
«Ma chi caz.. è Barucci? Ma che vuole? Io non voglio vedere nessuno, Mancini ci porterà in Uefa»
«Vittorio, sta per ricominciare il secondo tempo, ti devo lasciare perché vado a trasmettere la radiocronaca»
«Aho, ma dille queste cose alla radio, perché non mi chiami a fine partita? Faccio un intervento e così spiego per bene la situazione»
«Magari alla prossima trasferta, ora ti sento un po’ troppo agitato. Ciao Vittorio».

IL CORAGGIO DI POGGI
Quello di Ugo Poggi è stato l’ultimo serio tentativo di salvare la Fiorentina, peccato che Cecchi Gori stesse ormai affogando nel disastro economico da lui stesso provocato. Il nuovo presidente chiese a tutti con molta umiltà di dargli una mano, «perché solo uniti avremmo evitato il disastro», che lui pensava circoscritto ad una nuova retrocessione. Devo riconoscere a Poggi una grande lealtà nel comportamento con Canale Dieci. In quei pochi mesi di presidenza non mi ha mai fatto pressioni per far cessare gli attacchi all’ex presidente-ex senatore-quasi ex produttore. Quando anche lui gettò la spugna, perché stufo delle continue menzogne di Vittorio, capii che ormai non c’era più nulla da fare. Speravo però che qualcuno potesse intervenire per comprare la Fiorentina o che comunque il “sistema calcio” avrebbe impedito che sparisse per sempre una delle grandi del campionato.

SEMPRE PIU’ GIU’
Occupazione della sede da parte dei tifosi, un pregiudicato riciclato da Vittorio come possibile socio, la marcia dei ventimila tifosi per dire basta alle nefandezze cecchigoriane: che giornate da incubo! A giorni alterni Vespa e Costanzo spiegavano ai loro milioni di telespettatori quanto Cecchi Gori fosse bravo ed incompreso, facendoci passare tutti per imbecilli. Senza dimenticare quel brav’uomo di Carraro, che nel gennaio 2002 certificò come ottimo il bilancio viola, beatificando Vittorio e dicendoci in pratica di non rompere più le scatole. Che schifo.
Poi, improvvisamente, ecco arrivare Zerunian Sarkis ad insegnarci come si doveva vivere. Accanto a lui Bianchi Ottavio, che una volta fallito il compito in panchina centrò, da presidente, l’impossibile obiettivo di peggiorare la situazione. Di loro due, i posteri ricorderanno nei secoli dei secoli un unico gesto significativo: l’accredito sui rispettivi conti correnti degli ultimi sei mesi di stipendio, proprio il giorno prima di essere cacciati dal tribunale di Firenze. Che tempismo! Proprio quello che era mancato quando dovevano chiedere al loro padrone di onorare le cambiali che avrebbero restituito alla Fiorentina gli ormai famosi 72 miliardi “imprestati” nel 1999. Mancavano proprio Zerunian e Bianchi a completare la galleria degli orrori degli ultimi tre anni viola, ora eravamo definitivamente a posto.

VEDE DOTTORE…
Ma sì, mettiamoci anche un po’ di leggerezza nel raccontare quegli ultimi mesi di dolore. Il professor Fazzini, stimato presidente dell’ordine dei dottori commercialisti, venne scelto dal tribunale per una missione impossibile: salvare la Fiorentina, rispettando la legge. Fu così che un ottimo professionista si trovò per mesi sulle prime pagine dei giornali, intervistato da radio, siti internet e televisioni un giorno sì e l’altro pure. A lui la cosa doveva piacere moltissimo, perché, sempre armato di un sorriso smagliante, non ha mai rifiutato un contatto con i cosiddetti media. E con tutti aveva indistintamente questo intercalare, “vede dottore”, che fece della strampalata congrega dei giornalisti fiorentini la categoria accademicamente più avanzata d’Italia. Sentii dare del dottore a certa gente che aveva concluso con fatica le scuole medie, principi del congiuntivo dall’italiano improbabile o in alcuni casi impossibile. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno glielo avesse fatto notare con discrezione, ma persi ogni speranza quando mi capitò di ascoltare l’ennesima intervista, concessa stavolta nientepopodimeno che a Giorgio Masala.
«Abbiamo qui il professor Fazzini, allora professore ci dica a che punto siamo con le cambiali di Cecchi Gori?»
«Vede dottore…».

ULTIMI GIORNI
Il 30 giugno 2002 passai il pomeriggio in preda ad uno stato di febbrile angoscia: se la Fiorentina non avesse trovato quindici miliardi, avrebbe chiuso lì la sua gloriosa storia. Era la domenica della finale mondiale e non succedeva niente. Finalmente, alle nove di sera, Gianni Ceccarelli mi inviò un messaggio sms per informarmi che Inter, Milan e Juve avevano comprato Moretti e Ceccarelli (il giocatore, non il giornalista) proprio per quindici miliardi. Era la conferma alla mie speranze di salvezza: il “sistema calcio” non ci avrebbe fatto morire!
Seguirono giornate convulse, con tante false notizie e millantatori vari che si accreditavano di volta in volta come possibili acquirenti. Ma io sapevo che i debiti erano così alti che solo Cecchi Gori avrebbe potuto tirare fuori il coniglio bianco ed iscrivere la gloriosa A.C. Fiorentina alla serie B. Il 25 luglio andò deserta l’asta per acquistare la maggioranza della società, quasi una rivincita per Vittorio, la dimostrazione che non c’era proprio nessuno pronto a buttare i soldi per la squadra di calcio di Firenze. Tutti quelli che cercavano solo pubblicità erano spariti, dall’untuoso Repetti agli olandesi volanti, passando per Fratini, che durante un Pentasport avevo implorato in diretta di intervenire. Non restava che lui, Cecchi Gori, l’uomo che ci aveva rovinato e da cui dipendevamo tutti per non sparire.

LA FINE
Gli ultimi giorni di luglio li passai in un crescente delirio di sterile attivismo. Chiamavo almeno due volte al giorno Benedetto Ferrara, in ritiro a Roncegno, nella speranza che lui, informatissimo, mi desse qualche buona notizia. Martellavo continuamente il mitico ragionier Righetti, per sapere qualcosa del famoso bonifico da 22 milioni di Euro che ci avrebbe iscritto al campionato; mi attaccavo al telefono con Lodà, che aveva a sua volta un filo diretto col professor Barucci, riesumato da Cecchi Gori come consulente. Ormai non ero più un giornalista, ma solo un tifoso distrutto che aveva la fortuna di conoscere gente che lo avrebbe informato prima degli altri. Condussi dei Pentasport allucinanti, trasmettendo solo angoscia a chi ci ascoltava. Letizia e le bambine erano al mare, io tornavo la sera a casa e mi buttavo sul divano incapace di qualsiasi iniziativa. Per una settimana mi svegliai continuamente alle quattro del mattino e come uno zombi mi mettevo davanti al televisore in uno stato catatonico. Una volta mi venne quasi da piangere a vedere su Raisat album degli spezzoni della Fiorentina degli anni settanta. C’erano Antognoni e Merlo, con la maglia tutta viola e senza sponsor: quella era la mia Fiorentina, la squadra che quando perdeva rovinava la mia domenica. Come era potuto succedere che stesse per scomparire?
Ogni giorno però il direttore del Corriere dello Sport-Stadio Italo Cucci ci rassicurava che ci saremmo salvati, facendo addirittura passare Cecchi Gori, con cui aveva un contatto diretto, come un martire: vende il cinema Adriano, no, c’è un piano di Tatò, lo aiutano le banche. Una sera, esasperato, feci una sparata terribile contro il sindaco Domenici e l’assessore Giani, colpevoli a mio parere di immobilismo e sostenni il giorno dopo un contraddittorio proprio con Giani, che spiegò agli ascoltatori come invece lui ed il sindaco avessero tentato (inutilmente) di percorrere ogni strada possibile. Aveva ragione, ed è proprio a Domenici e Giani che tutti i tifosi viola devono qualcosa se non ci hanno seppellito definitivamente il giorno della morte della vecchia Fiorentina.
Il 30 luglio riuscii a ricordarmi di essere ancora un giornalista e realizzai lo scoop della banca colombiana che aveva mandato un fax in Fiorentina per assicurare l’arrivo dei soldi. La mia fonte era sicura e perciò sparai la notizia, che venne immediatamente ripresa da tutte le testate nazionali. Era l’ultimo penoso bluff dell’ex presidente-ex senatore-ex produttore, una cosa talmente ridicola che ci sarebbe stato da ridere, se non fosse stato per la gravità del momento.
Il 31 luglio mattina Lodà e Sartoni mi assicurarono che tre bonifici erano partiti da tre banche diverse per coprire i 22 milioni di Euro necessari per iscrivere la Fiorentina al campionato. Eravamo quasi fuori tempo massimo, ma in Federazione avrebbero aspettato anche l’ultimo secondo pur di non escluderci. Fu una giornata terrificante, passata al telefono a farci coraggio: arrivano, stanno per arrivare, le banche chiudono tra pochi minuti e dei soldi non c’è traccia, non arriva più niente. Speravo ancora in un colpo a sorpresa di Vittorio, tipo lui che si presenta a Roma con l’assegno in mano proprio mentre la Fiorentina sta per essere spedita in Eccellenza. La mazzata finale me la dette alle 20.30 Leonardo Bardazzi, che mi chiamò dalla redazione fiorentina di Stadio: .
Maledetto! Dieci, mille, un milione di volte maledetto! Ci hai rovinato, hai ucciso un amore vero solo per le tue pazzie, ci hai tenuto in ostaggio negli ultimi due anni, ci hai costretto nell’ultimo mese ad uno stato di febbrile angoscia che è stato quasi peggio della mancata iscrizione. Maledetto, non ti perdonerò mai.
Dormii tre ore quella notte, e quando mi alzai alle sei del mattino del primo agosto guardai allo specchio la mia faccia stravolta. Mi dissi: ora basta, dobbiamo ripartire. Dovevo condurre una diretta lunghissima, la più difficile trasmissione della mia vita e non potevo permettermi di comunicare agli altri la mia angoscia. Avremmo ricominciato anche dall’Eccellenza, avremmo fatto vedere al mondo di che cosa sono capaci i fiorentini, come successe con l’alluvione nel 1966. Arrivai a Prato e cominciai a parlare…

E’ inutile, non ce la faccio, mi porto addosso i “traumi” del 1982 e del 1990 vissuti in diretta e sul posto a Cagliari e Avellino.
Lo farò, temo, per sempre e a poco è servito il gol di Osvaldo del 2 marzo 2008.
Ho paura dell’illusione che svanisce, del grande colpo che sfuma, della fregatura da dare alla Juve che svapora, magari all’ultima giornata.
Lo so che c’è pure il Milan, ma è la Juve che mi preoccupa, la beffa finale.
Sono ingiusto perché il quarto posto dovrebbe esaltarmi: ormai è nostro, ma questa sera ragiono da tifoso e allora penso che l’utopia di Monte Senario, lanciata per amore e per gusto della sfida, è vicina molto vicina.
E ho il terrore che sul più bello mi portino via il giocattolo.

Dispiace perché c’è la Samp e quindi bisognerebbe stare concentarti sulla partita, ma il possibile, anzi più che probabile, arrivo di Crespo impone una presa di posizione.
La mia è che si tratta di un’operazione ottima, un’altra cosa rispetto a Vieri, per la diversità tra i due, caratterialmente e tecnicamente.
Crespo non arriva da due stagioni perse, non ha gli atteggiamenti di Bobone, gioca meglio al calcio.
Gilardino non si farà certo condizionare dalla sua presenza in panchina ed insomma, se rimane Mutu (ed io spero che rimanga), credo proprio che per l’attacco siamo a posto.

Finalmente una buona notizia: squalifica del campo confermata alla Juve per i cori razzisti a Balotelli.
E non c’entra niente la corsa per il terzo posto, tanto che non so nemmeno se sia un vantaggio o uno svantaggio non avere allo stadio un pubblico che contesta come quello bianconero.
C’entra invece la dignità umana, il fatto di avere tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Adesso guardiamo se qualche imbecille che si veste di viola e che fischia o fa buu all’avversario solo per il colore della pelle ha capito la lezione.
Dubito, ma bisogna sempre essere ottimisti nella vita.

Come tutti voglio molto bene a Martin Jorgensen, ciò nonostante trovo molto curioso che negli ultimi sei mesi ci siano state non meno di una ventina di sue esternazioni sul prossimo contratto.
Giuro che non è invidia perché lì parla sempre e ai media fiorentini no, anche perché non è mai successo niente di decisivo, solo che mi sembra bizzarro trovare ogni settimana almeno una dichiarazione di Martino.
Ormai la vicenda del suo rinnovo è diventata stucchevole, speriamo che ci sia l’accordo, ma intanto aspettiamoci qualche altra uscita internettiana o sulle onde di qualche emittente danese.

Viste le tante prese di posizione degli ultimi tempi e qualche simpatico collega (?) che cerca disperatamente di farsi benvolere da Prandelli con dello stupido sarcasmo sulla storia del terzo posto, sarà bene essere chiari una volta per tutte.
Se la Fiorentina arriva quinta (e qui ci tocchiamo tutti), il campionato è molto buono, ma la stagione vira moderatamente al negativo per via delle Coppe: Champions, Uefa e Italia.
Se la Fiorentiva arriva quarta, ci dimentichiamo delle Coppe e festeggiamo felici l’ennesimo “scudetto” del trio Della Valle-Prandelli-Corvino, facendo pure una metaforica pernacchia a chi ha il triplo dei nostri soldi dalle televisioni, ma arriva dietro di noi.
Se invece la Fiorentina arriva terza, è un autentico miracolo e allora ci muoviamo tutti verso Monte Senario.
In questo caso la pernacchia la facciamo, oltre che alle due squadre messe dietro, a chi ha contestato l’iniziativa solo perché è nata da violanews.com e da Radio Blu.
E qui vorrei sottolineare la libertà di pensiero di chi non ha niente a che vedere con noi, ma ha detto sì lo stesso. penso a firenzeviola, ad Alessandra Gozzini, a Paolo Chirichigno e chiedo scusa se mi sono dimenticato di qualcuno.
Quello della marcia è un gioco, un fioretto, un atto d’amore verso la Fiorentina, non mi pare che ci volesse molto a capirlo.
Ma siccome siamo buoni e caritatevoli quel giorno, il 2 giugno, prepareremo dei panini e delle bibite in più anche per i nostri amici.
E comunque festeggeremo (eccome se festeggeremo) anche in caso di quarto posto.

2001/2002
Non ce la faccio a mettere in ordine razionalmente gli avvenimenti dell’ultimo anno di vita della Fiorentina. Altri lo hanno fatto con dovizia di date e di particolari, io proprio non ci riesco. Posso solo fidarmi delle mie sensazioni, dei ricordi di un’agonia che negli ultimi giorni è stata davvero straziante. E’ ovvio che si sta parlando “solo” di una squadra di calcio, però è come se mi avessero strappato qualcosa dentro, e non solo per i problemi legati al lavoro. Certo, c’era anche la preoccupazione di sapere che fine avremmo fatto con i nostri programmi e le nostre radiocronache, ma quel malessere che sentivo affiorare giorno dopo giorno arrivava da molto più lontano. Era la rabbia per l’impossibilità di fare qualcosa che salvasse quei ricordi tutti in viola che avevo fin da bambino, quei trentacinque anni di stadio e di amore verso una squadra che non era mai stata dei presidenti o dei giocatori, ma solo nostra, dei tifosi che l’hanno accompagnata in tutte queste stagioni. E’ impossibile perdonare chi ha ucciso la Fiorentina, io almeno non lo farò mai.

LO STRAPPO
Finalmente nel giugno del 2001 decisi che ne avevo abbastanza di Cecchi Gori e di tutta la sua banda di tirapiedi che si stavano alternando a Firenze. Con onestà dissi ai responsabili di Canale Dieci che ero ormai giunto al punto di non ritorno e che avrei attaccato continuamente Vittorio, in radio ed in televisione. Presero atto della mia decisione e non tentarono nemmeno di convincermi a cambiare idea. Grazie alla bolgia dantesca in cui era precipitato l’intero gruppo Cecchi Gori, riuscii a sopravvivere senza troppi problemi fino al rocambolesco arrivo alla guida della Fiorentina dell’ex esperto di leasing Sarkis Zerunian, che cercò inutilmente di bloccare i miei attacchi. Dal Ring dei Tifosi sparavo puntualmente contro Cecchi Gori, aspettandomi ad ogni puntata la telefonata di ammonizione o addirittura la soppressione del programma. Ed invece niente, evidentemente anche i vecchi ruffiani del presidente-ex senatore-produttore avevano capito che non c’era più nulla da fare.

FALLIMENTO SI’, FALLIMENTO NO
C’è un antico adagio fiorentino che dice: “fatti un nome, piscia a letto e diranno che hai sudato”. Ecco, nel mio appiattirmi a tutto ciò che mi raccontava il professor Barucci, non ho fatto altro che seguire questa vecchia massima popolare. Consideravo l’ex ministro del Tesoro e grande tifoso viola la massima autorità in materia finanziaria, e siccome mi aveva detto che finire di fronte al tribunale fallimentare sarebbe stata la nostra fine, ho recepito al cento per cento il suo suggerimento, scatenando una furibonda campagna radiofonica e televisiva contro l’ipotesi del fallimento. Manca certamente la controprova, ma se a settembre il giudice Puliga non avesse “assolto” dai suoi misfatti la Fiorentina, siamo sicuri che le cose non sarebbero potute andare meglio?

ZIG ZAG
Boicottiamo gli abbonamenti perché in questo modo si aiuta Cecchi Gori.
No, andiamo a fare gli abbonamenti per evitare il fallimento. Stringiamoci intorno a Mancini, perché solo così ci potremo salvare.
Facciamo la guerra a Mancini, che si è scagliato contro Luna, a sua volta è entrato in conflitto con Cecchi Gori, che non vuole più vendere la Fiorentina.
Qualsiasi compratore è meglio di Cecchi Gori, anche Tootoonchi con quattro o, il discusso e discutibile Pulsoni, la catena di orafi aretini di Pupo, la holding lussemburghese di Luna.
E se invece Berlusconi desse una mano al suo amico Vittorio e rimettesse a posto i conti? In fondo chi ha portato a Firenze Batistuta, Rui Costa, Toldo e Chiesa? Due anni fa eravamo in Champions Leagues…
Poveri giocatori, sono rimasti lo stesso a Firenze e non prendono una lira da mesi: dobbiamo solo applaudirli per l’impegno che ci mettono.
Sono solo una banda di mercenari, che pensano unicamente ai quattrini: peggio di così non ci poteva capitare, proprio nell’anno più disgraziato.
Come si fa a non uscire pazzi da questo ping-pong di sentimenti, questo fiume in piena di parole dove tutti si sentivano autorizzati a dire tutto e due giorni dopo il contrario?

MERCENARI
Una cosa comunque è certa, e lo hanno dimostrato un anno più tardi i calciatori delle altre squadre finite in mezzo a crisi finanziaria addirittura peggiori di quella viola: tranne Di Livio e al massimo un altro paio di eccezioni, tutti gli altri giocatori della rosa della stagione 2001/2002 si dovrebbero vergognare per il comportamento tenuto nei dieci mesi in cui invece ci avrebbero dovuto salvare. Con la Fiorentina ancora in serie A, sarebbero arrivati da Stream quei 45 miliardi che avrebbero garantito l’iscrizione al campionato. Sono stati indegni della maglia che portavano e dell’affetto di una città che ha capito troppo tardi a che gioco questi signori stessero giocando. Eravamo così (giustamente) pieni di rabbia verso Cecchi Gori, che non ci siamo accorti di come ci prendessero per il naso. Sparito il 30 settembre Chiesa per infortunio, è sparita tecnicamente la squadra, ma questi atleti (presunti) avevano ingaggi da favola, basta pensare che la Fiorentina era al settimo posto in Italia come emolumenti pagati. Ed invece hanno pensato solo a mettere in mora la società ormai boccheggiante, hanno tirato indietro la gamba, sono stati penosi come uomini. Due di loro, quel fenomeno di Marco Rossi e Nuno Gomes, hanno perfino cercato di far fallire prima del tempo la Fiorentina per cinquanta milioni di premi non pagati. Un altro, il “simpatico” Morfeo, ha per mesi fatto finta di avere la bua al piede pur di non giocare. Scandalosi tutti, ma qualcuno più degli altri.
Ho un sogno impossibile nel cassetto. Una bella partita della vergogna, con in campo i protagonisti della nostra ultima stagione, una specie di passerella al contrario: il disastroso Amoroso, il supponente sputasentenze Baronio, l’uomo della notte Cois, il sindacalista Vanoli, l’ex umile Torricelli, l’irascibile moviola Pierini, lo “scusatemi, ma ho fatto una scelta di vita” Adani, il “chi mi tira in porta segna” Taglialatela, quel fenomeno di Marco Rossi, il portoghese sbagliato e stramiliardario Nuno Gomes, l’inarrivabile Morfeo, l’impomatato Mijatovic (se ce la fa a scendere in campo), il decotto Ganz, il ragazzo prodigio con annesso sito personale Moretti. Per questa storica occasione vorrei anche due allenatori in panchina: il montato Mancini, l’amico di Cecchi Gori, e il grande bluff, cioè Bianchi, magari con Peppinello Pavone (mai presa una responsabilità o un’iniziativa, solo i tanti milioni netti di stipendio) a fargli da degno assistente. Che spettacolo sarebbe sentire il Franchi venire giù dai fischi per questi uomini (ci vuole un certo sforzo a chiamarli così) che hanno finito di ammazzare la Fiorentina.

Sono ancora a Roma in attesa dell’aereo per Firenze ed il mio pensiero in questa domenica di grande gioia, in cui sono stati serviti anche tutti quelli che dicevano che portavamo male con la storia di Monte Senario, corre al mitico arbitro Saccani.
Quello che a Torino ci ha fatto perdere la partita con la Juve, provocando l’arrabbiatura via video di Andrea Della Valle.
Ve lo ricordate? In questo momento la Juve sta pareggiando, ma se avessimo preso un punto a Torino, oggi saremo perfettamente pari in tutto e ci giocheremmo il terzo posto.
Comunque vada a finire, stiamo chiudendo alla grande.
E’ la Fiorentina delle seconde linee, Jovetic ci sta sbocciando in mano, ma a me oggi sono piaciuti moltissimo Montolivo e Melo e comunque trovatene voi uno sotto la sufficienza perché io davvero non ci riesco.
Continuiamo a sperare nel miracolo, però, davvero… grazie Saccani, di cuore.

Scrivo da una postazione vergognosa, in piedi, a Fiumicino, dove la nostra amata compagnia Alitalia mi fa attendere 4 ore a causa di un volo che non c’e’ piu’ ma che io ho regolarmente registrato sul mio biglietto elettronico stampato stamani e che era annunciato in pompa magna, per l’esattezza al termina A05.
In pratica ho perso l’ intera giornata, mentre ho vaghe notizie del bagaglio che a questo punto potrebbe avere tre destinazioni possibili: 1) essere arrivato prima di me, perche’ esisteva una coincidenza, che ovviamente era tenuta nascosta, nel qual caso perdero’ almeno un’ora a Catania per ritrovarlo; 2) arrivare con me, che e’ l’ipotesi miracolosa piu’ favorevole; 3) arrivare dopo di me e quindi farmi chiudere la giornata di viaggio verso le 20, quasi dieci ore dopo essere arrivato a Peretola.
Piu’ o meno il tempo che occorre per andare a New York, attesa all’aeroporto compresa.
Ma comunque tutto e’ in linea con i prezzi (parlo di New York), visto che il volo andata e ritorno e’ costato quasi 300 euro (quello a Brindisi tra quindici giorni 386 euro)…
Strano che la nostra compagnia di bandiera abbia vuto tutti quei problemi negli ultimi anni, non l’avrei mai detto…

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