Fiorentina


Dunque al Pentasport abbiamo scoperto che il cartellino viola verrà davvero assegnato a Klose.
So bene che la Fiorentina non c’entra niente, che anzi Guerini ha fatto di tutto per evitare che tutto questo avvenisse, però qui stiamo andando incontro ad un paradosso inimmaginabile se solo per un attimo pensiamo al marzo 2010.
Non si poteva fare opera di persuasione verso gli altri giurati per evitare di vedere Klose sorridente accanto ai dirigenti viola che si prende il plauso generale per la sua grande sportività?
Non potevamo, se avvertiti, fare un bel po’ di battage verso Gastaldello?
Io forse sarò e rimarrò sempre un provinciale, legato ancora allo scudetto rubato nel 1982, alla Coppa Uefa scippata nel 1990, alla vergogna del fallimento per cifre che erano la metà o anche meno dei debiti di altre squadre, insomma uno che pensa di aver avuto dei torti nel passato.
E siccome in una delle schifezze più nauseanti viste negli ultimi decenni c’è di mezzo da protagonista anche il signor Klose (che a Monaco esultò come un matto pur sapendo benissimo di essere di almeno tre metri in fuorigioco), io, scusate tanto, una cosa del genere proprio non ce la faccio a mandarla giù.

E’ ufficiale: giochiamo il miglior calcio del campionato.
Siamo ingenui, sprechiamo l’inverosimile, ma questa col Bologna era la cartina tornasole per capire chi eravamo.
Temevo infatti che tutto quel possesso palla fosse un po’ una concessione degli avversari, che insomma ci facessero arrivare fino ad un certo punto perché tanto sapevano che non saremmo stati pericolosi, che non tiravamo mai.
Oggi invece ci abbiamo provato (male) molte volte e avremmo dovuto vincere con almeno due gol di scarto.
Borja Valero, strepitoso, ma vorrei spendere due parole per Olivera, da me spesso criticato.
Anzi, criticato prima ancora che arrivasse, perché non mi è mai piaciuto e i primi nove mesi a Firenze mi hanno purtroppo dato ragione, ma con Montella le cose si vede prendono tutto un altro verso.
E così, invece del solito centrocampista casinista e falloso, ci siamo ritrovati un vice Pizarro che ha giocato una gara con i controfiocchi.
Il finale è velenoso e riguarda Natali non espulso: dopo Samuel per la seconda volta non ci danno quello che è nostro e non ne parlerà nessuno quando invece bisogna sottolineare, far vedere, ricordare, perché è anche su questi particolari che si decidono le partite.
Oggi c’è andata bene, ma a Milano no e comunque sono già due torti in fila che fanno riflettere.

Mattinata da urlo con la Hall of Fame.
Un privilegio esserci, anche se molto impegnativo, perché sai che alla fine il lavoro di decine di persone finisce nel modo in cui tu e un’altra persona riuscirete a chiudere il cerchio.
Se sbagli, se ti dimentichi qualcosa, se vai troppo lungo, non c’è rimedio.
Mi fanno sorridere quelli che dicono: “ma cosa vuoi che sia, l’hai fatto talmente tante volte…”.
Sì, peccato che ogni volta sia diversa e deve esserlo, altrimenti metti il pilota automatico e non ti emozioni più.
Tutto diventa routine e chi ascolta o guarda se ne accorge dopo trenta secondi.
Devo dire che lavorare con Mario Tenerani è davvero un piacere, abbiamo molte più affinità di quello che si può vedere da fuori e ormai siamo al terzo giro insieme: visto che non mi è mai riuscito portarlo a Radio Blu e/o a Radio Sportiva, mi rifaccio con questi eventi emotivamente coinvolgenti.
Hanno dato tutto i ragazzi (sì, anche i cinquantenni sono ragazzi dentro…) del Museo, Andrea Claudio Galluzzo avrà spedito non meno di una decina di copioni in tre giorni, ogni volta limava, correggeva, migliorava.
E i risultati si sono visti per chi era lì, e sentiti per chi ascoltava su Radio Blu, compresa la sorpresa finale per l’immenso Raffaele Righetti, con cui festeggio in questa stagione i 35 anni insieme, perché era il 1977 quando facevo delle anticamere di ore nella sede viola di viale dei Mille pur di avere il pass per andare a fare le interviste negli spogliatoi dopo aver visto la partita in ferrovia.
Dal palco sbirciavo Jovetic: mi sembrava sorpreso dall’amore che a distanza di anni una platea può riservare a chi ha vestito la maglia viola, onorandola sempre: da Brizi a Pandolfini, da Riganò a Chiappella, da Bernardini ad Hamrin e via a seguire.
E si era perso un momento assolutamente irripetibile, la standing ovation spontanea durata più di un minuto (che vi assicuro è lunghissimo in un teatro) per Giancarlo Antognoni.
Anche il capitano era sorpreso, incredibile come non abbia ancora realizzato a 40 anni di distanza dal suo primo impatto con Firenze quanto la città lo ami sempre e ancora, al di là dei ruoli o delle cariche.
Questa è Firenze e questa è la Fiorentina abbiamo detto io e Mario a Stevan, un discorso che voleva sottintendere: ma ti rendi conto di quello che perdi se te ne vai?
Ora sono stanchissimo ma calcisticamente felice, più di così non era possibile chiedere a questo sabato.
Domani si gioca, ma questa è attualità, la storia ha tutto un altro fascino.

Notalgia canaglia ieri sera con il Napoli (che scoppola!) ad Eindhoven e l’Udinese (che brava!) a Liverpool.
Frammenti della memoria di due vittorie indimenticabili, anche se in Inghilterra era come se non ci fossi perché era appena morto Alberto, e meno male che avevo con me Valentina che non si è mai resa conto abbastanza di aver vissuto in diretta un momento storico della Fiorentina.
Quella in Olanda è stata certamente meno prestigiosa, ma più bella in tutti i sensi: perché era decisiva e perché abbiamo dato un’autentica lezione di calcio, applauditi da tutti e con un Mutu stratosferico.
Ora l’Europa la vediamo in televisione e forse apprezziamo di più certe dolcezze del passato: io ci voglio tornare, il prima possibile.

Siamo pure stati sfortunati, perché le medie negli ultimi due anni erano state da giocatore normale che ogni tanto si ferma per qualche acciacco.
Non Xavier Zanetti (un mostro di continuità), insomma, ma neanche il povero Kroldrup della passata stagione, di cui ad un certo punto si erano perse le tracce.
Le cifre sono sconfortanti: quando il campionato riprenderà dopo la sosta, e sarà il 21 ottobre, in due mesi di torneo Alberto Aquilani avrà giocato appena dieci minuti.
Ottimi, per carità, con tanto di lancio “sbilenco” per Jovetic, ma un po’ poco per aiutare la Fiorentina che avrebbe invece un gran bisogno del suo migliore centrocampista per insierimento e tiro.
Si naviga a vista, e non può essere altrimenti perché con la salute non si scherza, però speriamo di avere già dato e di ritrovarcelo a disposizione per almeno tre quarti della parte restante della stagione.

Eh sì, passaggio importante avrebbe detto come spesso gli succedeva il mio vecchio amico Roberto Barry (uno dei pionieri della radiofonia fiorentina) e con ragione.
Se perdiamo lucidità e unità adesso, rischiamo di farci male, anche se la vocazione degli attuali dirigenti viola mi pare molto meno narcisista della precedente, molto più preoccupata del proprio orticello personale invece che del bene comune.
E’ chiaro che contro il Bologna bisogna vincere, ma senza passi indietro sul piano della mentalità: dobbiamo cioè giocare come abbiamo sempre fatto, dal Novara in Coppa Italia e fino a Milano.
Poi ci fermeremo per rifiatare e sarà quello il momento di tirare qualche conclusione e fare analisi più approfondite.
Bisogna reggere sul piano della fiducia, cercare di andare allo stadio come contro il Catania (era bello vedere il popolo dal campo), far sentire che siamo tutti dalla stessa parte.
Impresa non facile a Firenze, dove nel calcio come per ogni altra cosa per ogni idea che viene fuori ci sono almeno tre partiti diversi.

…come facciamo a segnare?
Abbiamo giocato di più dell’Inter, ma loro hanno avuto più occasioni e se Viviano è stato il migliore della Fiorentina forse la vittoria l’hanno pure meritata.
Restano due dubbi: Samuel poteva e doveva essere buttato fuori dopo il fallo su Fernandez per doppia ammonizione e Montella ha insistito troppo su Ljajic, che non ha neanche giocato male (meglio di Jovetic, tanto per capirsi), ma uno che sta davanti la deve buttare dentro.
Almeno una volta su due, soprattutto se ti capitano occasioni clamorose contro Juve e Inter.
Ed invece una volta non prende neanche la porta e nell’altra pensa di entrare dentro col pallone.
Le partite girano così: avremmo pareggiato in tre minuti ed avrebbero avuto paura.
L’Inter ha giocato da provinciale e noi da squadra che ha un più ampio respiro, ma in pratica senza Borja Valero e Jovetic, oltre a Rodriguez fuori giri (anche Roncaglia mi è piaciuto poco) e così è durissima, direi quasi impossibile.
Questo però è il momento di tenere duro, di non mollare e nonfarci del male da soli: la classifica è peggio di quello che noi siamo, però anche stavolta siamo usciti dal campo a testa alta.
A me non basta perché volevo dei punti, ma nella vita bisogna sapersi accontentare.

La vera notizia di questo scorcio del 2012 è che a Milano ci temono, più di quanto succedesse con Prandelli in panchina, anche perché rispetto ad allora è una piccola Inter.
Sono rimasti impressionati dalla nostra partita contro la Juventus e probabilmente ci aspetteranno stando dietro per poi ripartire veloci in contropiede.
E a noi va bene così, visto che è nel DNA di questa squadra impostare sempre la gara e non subire il gioco degli avversari: quando lo facciamo, come è avvenuto nel secondo tempo di Parma, sono dolori.
Sinceramente non è male girare per l’Italia con addosso questo abito elegante del bel gioco e della novità tecnica, però domani sera mi piacerebbe stare un po’ più su in classifica perché davanti vedo squadra che hanno speso poco e che hanno ottimizzato al massimo mentre a noi mancano almeno quattro punti, anche se è troppo presto per fare calcoli europei.

Come cominciare benissimo la giornata: esco da una delle mie pasticcerie di riferimento e vengo avvicinato da un distinto signore che mi parla del blog e poi mi dice di voler partecipare alla scommessa sui gol di Toni.
Benissimo, gli rispondo, c’è tempo fino al 15 ottobre e comunque non esiste un comitato che controlla, venga il giorno della colazione se perdo, e faccia la donazione alla Fondazione Borgonovo se vincete voi che credete ad almeno otto reti di Luca-gol.
Macché.
Il signore si fruga in tasca e mi consegna venti euro per la Fondazione, a prescindere: per me è incredibile in un mondo come questo in cui ci stiamo un po’ tutti imbarbarendo per via dei soldi e della paura che gli altri ci possano fregare.
Ed è anche motivo di orgoglio, perché vuol dire che la gente si fida di me e questo mi fa un piacere immenso.
Siccome adesso vado a fare il versamento vi ricordo gli estremi della Fondazione, tante volte dovessi vincere io…
Fondazione Stefano Borgonovo Onlus 

IBAN: IT 53 M 08329 51610 000000202000
BCC ALTA BRIANZA – FILIALE DI OGGIONO

Sono commosso dall’onestà di Klose.
“Ho toccato il pallone con la mano”, ha detto ieri sera all’arbitro, dopo che gli avevano convalidato il gol e proprio un secondo prima che glielo stessero per annullare (con ammonizione) per segnalazione del giudice di porta.
Ma quanto è bravo questo Klose, ma quanto è onesto e come è ammirevole nella sua integerrima e teutonica sportività.
Un plauso davvero sincero, anche perché non deve essere facile crescere con un fratello gemello che giocava qualche anno fa nel Bayern e che segnava reti decisive con cinque metri di fuorigioco e poi esultava come un pazzo, fregando tutti mentre un grassone norvegese faceva il palo della banda.

P.S.
Grazie a tutti per gli auguri, sto preparando una piccola sorpresa per stasera al Pentasport…
Su Klose aggiungo che non pretendevo certo che andasse dal pingue norvegese a dire che era in fuorigioco, ma vederlo esultare in quel modo, quando sapeva benissimo di essere cinque metri oltre la linea dell’ultimo uomo…
Comunque, se a voi sta bene e vi piace come si comportò a Monaco, io non ho problemi.

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