Quelli che…i presidenti, gli allenatori, i giocatori passano, ma la Fiorentina resta

Quelli che…finalmente daranno ad Antognoni quello che gli spetta

Quelli che…speriamo riprendano Batistuta. Ma anche Rui Costa, Riganò e De Sisti.

Quelli che…, ma non sarebbe meglio ripartire da zero e Antognoni basta e avanza?

Quelli che…che bello tornasse Borja Valero

Quelli che…ma che ce ne facciamo ora di Borja Valero?

Quelli che…i giornalisti sapevano, ma non volevano dire nulla perché sono stati tutti pagati

Quelli che…i giornalisti non sapevano niente, perché non sanno indagare o fare domande scomode e quindi è bene che smettano di fare i giornalisti

Quelli che…i Della Valle sono stati il peggio del peggio degli ultimi cinquant’anni di Fiorentina

Quelli che…però i Della Valle non sono stati così male

Quelli che… Vittorio ci ha fatto fallire, ha portato via i soldi alla Fiorentina e non lo perdonerò mai

Quelli che…Vittorio ci metteva il cuore, ci ha fatto vincere e lo hanno fregato i poteri forti

Quelli che… ho sempre sentito il Guetta e continuerò a farlo fino a quando trasmetterà

Quelli che…il Guetta mi ha rotto le scatole, troppo prepotente, permaloso e sempre al servizio del padrone

Quelli che…hanno girato di radio in radio e ora trasmettono via citofono, urlando fino a sgolarsi pur di farsi ascoltare

Sarebbe bellissimo avere i tre più grandi degli ultimi cinquant’anni tutti in società, in una Hall of Fame permanente che brilli di luce propria. Viola, naturalmente.

Antognoni, Baggio e Batistuta: ognuno li metta nell’ordine che preferisce, ma certamente sono stati loro ad illuminare i nostri pomeriggi e le nostre serate, a renderci orgogliosi di tifare per quella maglia.

Ve li immaginate tutti e tre al Franchi, in tribuna d’onore accanto a Commisso e Barone, quasi ad indicare dall’Olimpo del calcio la strada ai loro successori in campo?

Sarebbe bellissimo, ma estremamente complicato.

Perché al di là delle suggestioni emotive il calcio non si gioca solo sul rettangolo verde, ma molto anche nelle stanze societarie, nelle tribune dove si scoprono nuovi talenti, nella comunicazione, nei rapporti con i tifosi.

Ok, riportiamo alla base i grandissimi, ma poi quali saranno i loro compiti? Avranno potere decisionale o saranno solo l’icona di loro stessi?

Perché non è affatto detto che un campione diventi un dirigente, un direttore sportivo o un allenatore all’altezza della precedente fama.

E comunque mi pare giusto che nel misurare i meriti di ognuno sia dato un peso alla storia, e allora qui davvero Antognoni vince con distacco enorme su tutti e infatti si sta già muovendo operativamente.

Se poi, con reciproca soddisfazione, si troverà la giusta collocazione anche per Batistuta o per altri grandi ex del passato, quello sarà un altro tassello importante di una storia ancora tutta da scrivere

Scriviamo un messaggio o mandiamo una mail e ci scatta immediatamente un riflesso condizionato: fra quanto ci risponde?

Non esistono più le pause di riflessioni e non parlo certo di quelle che si chiedono in un rapporto di coppia e che di solito hanno un nome e un cognome…

Penso alla velocità e dunque anche alla frenesia in cui ci muoviamo, quell’assenza di tempi morti che ci pare un’offesa ingiustificabile.

Non mi pensa? Non mi considera? Le mie quotazioni professionali sono in calo? Avrò rotto le scatole e per questo non mi risponde? Ho fatto male a scrivere?

Penso spesso a come funzionava fino a qualche tempo fa e la mente corre con un filo di nostalgia agli anni dell’adolescenza, fino ad arrivare al 1990, quando apparvero i primi telefonini, croce e delizia dei nostri tempi.

Ricordo l’attesa del postino per vedere se mi arrivava la lettera che aspettavo, oppure quelle telefonate serali in cui monopolizzavo l’unico apparecchio disponibile per litigate e riappacificazioni che si chiudevano con un clic.

Niente messaggi successivi per puntualizzare, aboliti i puntini di sospensione che vogliono dire tutto e niente, nessuna attesa spasmodica di risposta veloce.

E se pensavi alla parola selfie, l’unica cosa che ti veniva in mente era il posto dove si andava a mangiare, il self service, in cui avendo poche lire in tasca si spendeva meno.

Siamo proprio sicuri che si vivesse peggio?

Come sempre in estate siamo ad aspettare la Fiorentina prossima e futura, solo che stavolta voliamo alti con la fantasia e nulla sembra fermarci.

Da Ibra in attacco a Totti in società, magari insieme a Batistuta e Antognoni, costruiamo ogni giorno i nostri sogni, spesso basandoci più sui nomi che sulla funzionalità della squadra, ma è bello così.

Ci stiamo riprendendo il calcio nel senso più ludico del termine, dopo esserci avvelenati molte stagioni con le plus valenze e i buchi di bilancio.

Anch’io ho colpevolmente contribuito alla creazione di quel clima, lo capisco meglio adesso che stiamo andando verso un’epoca nuova e l’ho fatto perché non mi sono mai liberato completamente dai fantasmi del fallimento del 2002.

E’ come avere avuto un gravissimo incidente stradale: dopo qualche mese torni a camminare, ma il trauma te lo porti dentro per moltissimo tempo e quando risali in macchina guidi sempre con il retro pensiero che ti possa succedere di nuovo.

Ecco perché ho sempre privilegiato l’andatura a 80 chilometri orari al rischio di finire fuori strada con proprietà improbabili e avventurose.

Ho comunque una quasi certezza: se Commisso e Barone avessero ottenuto gli stessi risultati dei Della Valle, l’impatto col popolo viola sarebbe stato molto diverso, perché la comunicazione è al centro di tutto, specialmente nel calcio.

E gli americani queste cose le conoscono benissimo.

Diciamo la verità: Vincenzo Montella non è mai stato un grande battutista.

Anzi, spesso non ha capito il nostro corrosivo spirito irridente ed irriverente, adombrandosi qualche voltate cercando delle repliche poco convincenti.

Stavolta però la battuta sul calo del prezzo pagato da Commisso e causato volontariamente dalle sue sconfitte entra di diritto tra le migliori degli ultimi tempi.

Non male davvero, complimenti.

L’unica cosa che accomuna Daniele Pradè e Pantaleo Corvino è l’amore per Firenze, declinato in modo diverso vista la notevole differenza caratteriale dei due direttori sportivi che hanno monopolizzato gli ultimi quindici anni viola.

Con Pradé ci siamo sentiti più volte nei tre anni di assenza: mai una polemica con chi l’aveva sostituito, solo una grande nostalgia per quella che considera una delle sue due città del cuore (l’altra è ovviamente Roma, dove è nato e dove ha cominciato).

Un vero signore nei modi di fare, un dirigente a cui piace il gruppo, un direttore sportivo che come tutti ha commesso sbagli, non avendo però alcun problema nell’ammissione.

Che tutto questo basti per costruire una nuova grande Fiorentina non lo so e potremmo fare l’elenco delle cose buone e meno buone viste durante i suoi primi quattro anni, partendo da Borja Valero per finire a Benalouane, ormai uomo simbolo dell’inizio del declino.

Certamente, almeno dal mio personale punto di vista, il suo ritorno a Firenze è stata una grossa e piacevole sorpresa. 

Se ne va Pantaleo Corvino, da sconfitto e nel modo più triste, dopo un colloquio definitivo con Commisso, che evidentemente non ha cambiato idea sui motivi del fallimento della stagione appena conclusa.

Se ne va e merita l’onore delle armi, perché non si è risparmiato mai, perché ama davvero la Fiorentina e perché qui è stato dieci anni, metà ottimi e metà brutti, con punte disastrose.

Ha ancora una volta sbagliato dal punto di vista mediatico perché si è spesso arrampicato sugli specchi per spiegare scelte errate, mai che una volta l’abbia sentito fare un’onesta e sana autocritica, ma l’uomo è questo e va preso così.

Ha sbagliato secondo me a tornare, ma questo è un altro discorso, poi si è gettato a capofitto nel lavoro con risultati scarsi che però non giustificano la cattiveria che sento e leggo spesso nei suoi confronti.

Non posso che augurargli buona fortuna, se davvero vorrà continuare nel suo lavoro.

Ha ha ragione chi pensa che la grande e benedetta disponibilità di Rocco Commisso non debba essere scambiata per debolezza.

L’uomo è tutto meno che sprovveduto, sta guardandosi intorno per capire cosa fare, per cominciare ad agire.

E qui comincia il difficile perché sarà bene ricordare come abbiamo finito la stagione, con quali tristezze tecniche ci siamo confrontati.

Insomma, c’è una squadra da costruire, un tecnico da scegliere, e ci sono molti giocatori da piazzare perché non credo che Commisso si divertirà a pagare stipendi a vuoto,

A me è venuto in mente l’arrivo di Mario Cecchi Gori: più o meno la stessa età, stessa voglia di mettersi in mezzo alla gente con palese indifferenza tra il suo 730 (come si chiamerà negli States?) e quello di chi gli chiede un selfie, che però ai tempi di Marione non esisteva e non era certo un male.

Certo, uno ha amato la Fiorentina dal primo vagito e Rocco solo da qualche settimana, ma qui conta il futuro e quindi è ufficialmente iniziata la luna di miele tra Commisso e il popolo viola.

Solo sorrisi e abbracci, promesse poche e va bene così, anche se siamo in attesa dell’agognato annuncio della riconferma di Chiesa.

Quanto ai Della Valle, il tempo costruirà la distanza giusta per un giudizio più sereno che non tenga conto solo degli ultimi tempi così rancorosi.

Avrei evitato di parlare ancora di soldi nel momento dell’addio e penso che in questo momento siano come quelle mogli che vedono l’ex marito convolare felici a nuove nozze: con tutto il politicamente corretto possibile di questo mondo non gli si può anche chiedere di essere felici…

Il tutto e subito è sbagliato, ce lo ha insegnato la vita, ma il calcio è sogno, è passione, e quindi ci piacerebbe vedere già da stamani la Fiorentina a stelle e strisce fatta e finita.

Non è ovviamente possibile, ma non dovrebbe mancare molto ad una dichiarazione definiva di intenti riguardante Federico Chiesa, ovvero toglierlo ufficialmente dal mercato, ma devono essere parole di Commisso e non di Della Valle.

Sarebbe un gran colpo e qui svelo un piccolo retroscena.

Nella prima stagione viola di Pioli quell’ottimo dirigente e gran persona che è  Gino Salica convocò una specie di Stati Generali per capire cosa non funzionasse nella comunicazione tra la Fiorentina, che secondo lui molto faceva, e i tifosi.

Si faceva prima a dire cosa funzionasse, ma al di là delle facili battute, spiegai a Salica che il calcio è emozione e bisogno di appartenenza, non solo plusvalenze e conti in ordine, che per anni una Fiorentina molto povera si è stretta all’unica idea possibile, Antognoni, e nessuno si sognava di contestare la società.

Ecco, Chiesa aveva tutte le caratteristiche quaranta anni dopo per essere nel calcio moderno quella bandiera che è stato Giancarlo e quindi suggerii: “dichiarate ufficialmente che nella stagione 2018/19 si ripartirà da Chiesa, che Federico non verrà ceduto e che quindi sarà al centro del nostro futuro”.

La proposta, come molte altre in verità, cadde nel vuoto: nessuno dichiarò niente, Chiesa è rimasto, ma così, come se nulla fosse, quando invece non venderlo alle cifre che già giravano nell’estate scorsa era stato un buon colpo per il popolo viola.

Vediamo se con la comunicazione italo-americana andrà un po’ meglio, sempre ammesso che si trovi l’accordo economico con Federico, che comunque credo abbia abbastanza voglia di restare,

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