Marzo 2018


Non voglio cercare altre parole, sarebbe inutile.
Per questo, come molto raramente è accaduto in questi dodici anni di blog, vi propongo quanto ho scritto ieri per il Corriere Fiorentino.

Una partita così non si può preparare come le altre, una partita così la si vive e basta, secondo quello che senti dentro. Per una volta quindi è inutile studiare l’avversario, immaginare la disposizione tattica di una squadra che tra l’altro non è proprio così conosciuta nei suoi protagonisti. Non può essere una radiocronaca normale e infatti non lo è stata per niente, a cominciare dal gol viola descritto come se fosse stato segnato nella partitella del giovedì e non in una gara di campionato. Un tono così dimesso per le reti della Fiorentina l’avevo usato solo il 6 giugno 1993, quando raccontai dell’inutile 6 a 2 al Foggia, con Carnevale che a Roma regalava la salvezza all’Udinese. O forse anche nella stagione della vergogna, il 2001/2002, con quelle ultime partite in cui c’era da implorare che cambiassero almeno i colori della maglia per non avere nulla a che fare con quello scempio. Magari fossero ancora questioni calcistiche, che bello se la causa di tanta tristezza fosse “solo” una retrocessione. Mentre salivo le scale per andare nella solita postazione, mi ripetevo che dovevo seguire un solo comandamento: essere misurato. Capire che stavo entrando con la radio, mezzo povero e meraviglioso, nelle case, nelle macchine e nella vita delle persone e che quindi tutto doveva essere in linea con lo stato d’animo della città e di tutto il popolo viola. Raccontare come accade da 35 anni la Fiorentina, svolgendo il meglio possibile il proprio lavoro, sapendo però che questa volta il risultato non conterà niente. Non cadere nella retorica e con Davide Astori è molto difficile perché ti viene da raccontare quello che pensavi di lui e ti accorgi che è tutto positivo, tutto bello. Vieni coinvolto dal clima del Franchi e hai il groppo in gola quando vedi due signori di cinquanta anni a dieci metri da te piangere come bambini al momento dell’ingresso in campo delle squadre, ma non cedere alle lacrime e continuare a parlare, parlare… Il minuto di silenzio è moltiplicato almeno per cinque, tutto si svolge in un’atmosfera surreale e quasi ti sembra di disturbare il pubblico nel continuare a descrivere quello che succede. Pare di essere in biblioteca quando ti sorprendono a parlare a voce troppo alta, ma qui come fai a tacere? Comincia la partita ed è un po’ come ritrovare la strada di casa: riconosci le tue cose che sarebbero poi racconto di cosa succede quando il pallone viaggia da una parte all’altra del campo, ma dura pochissimo: esattamente 12 minuti e 59 secondi. Al tredicesimo del primo tempo il mondo si ferma, vorresti osservare e applaudire in silenzio la maestosa coreografia della Fiesole, commuoverti con l’arbitro e i giocatori, partecipare da spettatore ad un momento che resterà nella storia e invece lo devi raccontare e lì trattenere le lacrime è più difficile, ma in qualche modo ce la fai. Trenta secondi dopo Simeone si mangia il gol e allora rientri in partita anche te, o almeno ci provi. Poi arriva la rete di Vitor Hugo, che gioca nella posizione di Davide, che segna un gol alla Astori con la maglia 31 (cioè un 13 rovesciato), pare più o meno alle 13, anche se non sei sicuro dell’ora. Racconti tutto in maniera confidenziale, quasi fossimo tutti invitati ad un cenacolo tra amici e sia la radiocronaca della tua Fiorentina. Alla fine sei stremato e capisci benissimo perché i giocatori si accascino a terra, neanche fossero a Città del Messico dopo il triplice fischio di Italia-Germania 4 a 3. Hanno dato tutto e tu hai cercato di descriverlo, con un’emozione mai provata.

Mi ha smosso qualcosa dentro e niente sarà come prima, lo scrivo il giorno dopo, non pretendendo certo che altri la pensino come me.
Non so cosa succederà al prossimo Fiorentina-Juventus, ma riesco a riconoscere le emozioni, e quella dei bianconeri che entrano tra gli applausi viola nella Chiesa di Piazza Santa Croce è tra le più forti degli ultimi anni, più ancora di quando vidi il Milan schierato al gran completo al Franchi per Stefano.
Il saluto ai tifosi viola di Buffon con gli occhi lucidi è qualcosa che va al di là del calcio, è la fratellanza nello sport e dunque nella vita.
Sono stati semplicemente meravigliosi: non era un atto dovuto e nessuno avrebbe avuto qualcosa da obiettare se si fosse presentato solo un dirigente rimasto in Italia.
Qualche volta ho esagerato anch’io, per la rabbia di Cagliari e Avellino, ma da ieri sono ancora più convinto che siano solo avversari, i più forti e dunque i peggiori, ma mai nemici.
E se qualcuno allo stadio continuerà con i cori idioti, avrò pietà per loro.

Vanno trovate le parole giuste, i toni giusti e non è facile.
Passata l’emotività dei primi momenti è come se ci rendessimo conto con la sua assenza di cosa sia veramente successo, e sarà così soprattutto domenica, prima, durante e dopo la partita.
Mi hanno colpito le manifestazioni di affetto degli altri tifosi, soprattutto degli juventini: esiste una parte sana nel calcio, ed è la maggioranza, in cui l’altro è l’avversario e mai il nemico da abbattere.
Speriamo serva per il futuro.
Ho pensato fin da domenica che questa tragedia sia come il fallimento del 2002, che fu poi in chiave calcistica, quindi per questo molto meno grave, la riedizione dell’alluvione del 1966, che sia insomma qualcosa che unisca tutti, indistintamente.
Era questo il pensiero di Davide Astori, uno che si batteva da dentro lo spogliatoio, in campo e davanti a telecamere e taccuini perché la Fiorentina ripartisse e trovasse slancio tra la propria gente.
Non è retorica pensare che gli piacerebbe moltissimo un nuovo rinascimento viola, a cui lui insieme ai grandi del passato, compreso Mario Ciuffi, darà la sua benedizione dall’altra parte del cielo, sempre sperando che da quelle parti qualcosa esista veramente.

Tutti noi ricorderemo tra vent’anni cosa stavamo facendo quando abbiamo saputo.
E questo vale più di mille altri commenti a spiegare quello che è successo oggi.
La vita si dice che sia una roulette: ecco, oggi mi piacerebbe che avessero chiuso il casinò e che la pallina smettesse di girare.
Ciao Davide.

Imbecilli di Pavia, potreste fare un salto a Firenze e regalare anche al sottoscritto la certificazione gentilmente fornita in Lombardia?
Potreste cioè attaccare anche al mio appartamento l’adesivo di antifascista?
In questo giorno così incerto per il futuro, è una delle poche certezze politiche che ho: ero, sono e sarò sempre un antifascista e un anti a qualsiasi dittatura, nera o rossa che sia.
Grazie per il servizio e…buon voto a tutti.

Non siamo decisamente un popolo di montanari.
Parlo di noi fiorentini, felicemente stupiti del bianco che sta coprendo in queste ore la città e io ogni volta mi stupisco dello stupore.
Piace molto anche a me il paesaggio imbiancato, e per questo molto inusuale, che vedo dalla finestra, però sono sorpreso dal totale blocco delle nostre normali attività.
Passi per i figli felici di non andare a scuola (e chi non lo sarebbe?), ma insieme alla neve fioccano le disdette degli appuntamenti della giornata: a quest’ora ne ho già avute due sul cellulare.
Insomma, ci blocchiamo del tutto o quasi ed è come se avessimo un ideale camino da accendere per riscaldarci insieme alle persone che amiamo.
E allora (per chi può, naturalmente) facciamolo davvero, stacchiamo la spina, accarezziamo e ricarichiamo le batterie, magari dopo un paio di pallate tirate per puro divertimento.

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