Aprile 2016


Bisogna rovesciare il concetto di fondo: non siamo noi a doverci meritare il sì dei giocatori, ma loro a dover sperare di essere riconfermati.
Perché spesso siamo dei maestri a farci del male da soli e quindi pensiamo solo alle nostre magagne e non a quello che succede nel giardino del vicino, che spesso è tutt’altro che più verde del nostro.
Stare nella Fiorentina è un privilegio: si è pagati regolarmente, la piazza è calda, ma non asfissiante, la città tra le più belle al mondo e non andiamo oltre sul piano comparativo per non fare la solita figura dei provinciali.
Sono proprio sicuri, non so Kalinic e Vecino, di avere una vita professionale e personale migliore a Milano o a Napoli?
Se poi si parla di ingaggi raddoppiati, allora è un altro discorso, ma questi soldi andrebbero meritati e non mi pare proprio che nella Fiorentina ci siano oggi calciatori retribuiti a valori inferiori alle proprie prestazioni.

Il valore aggiunto di chi racconta una partita di calcio via radio credo sia la propria percezione dell’avvenimento.
La puoi descrivere bene o meno bene, ma la devi “sentire” e quindi sbilanciarti e quindi pure sbagliare conseguentemente a quello che provi in quel momento.
Prendiamo il gol della Samp domenica scorsa: me lo possono far rivedere cento volte, farmi notare che Tatarusanu aveva un paio di giocatori davanti che lo coprivano, ma io mi devo fidare della prima impressione e cioè che Tata sia partito con quel secondo di ritardo che per un portiere è tutto.
E così è stato per mille e mille altre azioni raccontate in quasi 1400 radiocronache, perché quando si ha un microfono in mano e si parla della propria squadra del cuore non si è semplici notabili dell’avvenimento.
Al contrario lo si vive come quando, nel mio caso personale, si andava in Ferrovia e con quella fantastica maglia viola c’erano Antognoni più altri dieci.
Per questo continuerò a sbagliare, ma non rinuncerò mai a trasmettere le mie emozioni.
E d’altra parte, se avessi voluto essere in un altro modo, diciamo pure un radio/telecronista normale, la prossima domenica non sarei andato ad Empoli, ma in un qualsiasi altro campo della serie A per raccontare via satellite una partita qualsiasi di cui non me ne frega assolutamente niente.

I miei sospetti di una ventina di giorni si stanno dimostrando fondati: siamo stanchi, corriamo poco e corriamo male, soprattutto ci muoviamo pochissimo senza pallone.
La brillantezza di un tempo è un ricordo che fa male, basta pensare alla gara di andata contro la Sampdoria a Genova.
Il problema è che oltre ad aver preso tre punti contro Verona, Frosinone e Sampdoria non avremmo meritato di più e questo è gravissimo.
Ci stiamo avvitando e scendendo in classifica, meno male che come tutte le primavere sta rifiorendo Ilicic, oggi assolutamente il migliore in campo.
Come contro il Verona eravamo passati in vantaggio, la potevamo gestire e non ci siamo riusciti e questo è un problema di personalità, quindi un problema di Sousa
Non siamo più disillusi, ma preoccupati, almeno per me è così.

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