Il valore aggiunto di chi racconta una partita di calcio via radio credo sia la propria percezione dell’avvenimento.
La puoi descrivere bene o meno bene, ma la devi “sentire” e quindi sbilanciarti e quindi pure sbagliare conseguentemente a quello che provi in quel momento.
Prendiamo il gol della Samp domenica scorsa: me lo possono far rivedere cento volte, farmi notare che Tatarusanu aveva un paio di giocatori davanti che lo coprivano, ma io mi devo fidare della prima impressione e cioè che Tata sia partito con quel secondo di ritardo che per un portiere è tutto.
E così è stato per mille e mille altre azioni raccontate in quasi 1400 radiocronache, perché quando si ha un microfono in mano e si parla della propria squadra del cuore non si è semplici notabili dell’avvenimento.
Al contrario lo si vive come quando, nel mio caso personale, si andava in Ferrovia e con quella fantastica maglia viola c’erano Antognoni più altri dieci.
Per questo continuerò a sbagliare, ma non rinuncerò mai a trasmettere le mie emozioni.
E d’altra parte, se avessi voluto essere in un altro modo, diciamo pure un radio/telecronista normale, la prossima domenica non sarei andato ad Empoli, ma in un qualsiasi altro campo della serie A per raccontare via satellite una partita qualsiasi di cui non me ne frega assolutamente niente.