Fiorentina


Ieri sera mentre tornavo a casa e rispondevo alle domande via sms sono stato colto da un dubbio: cosa avrei scritto e detto nel 1968 al termine della campagna acquisti che vide la cessione dei due nazionali Albertosi e Bertini (oltre al mio personale idolo Brugnera) in cambio del discontinuo Rizzo?
Certamente avrei parlato di mercato insufficiente…
Va bene, fermiamoci qui, ma intanto godiamo la libidine calcistica di un primato assolutamente meritato, frutto, stavolta sì, di un gioco con cui prima avvolgiamo e poi stendiamo gli avversari.
Ventisette tiri nello specchio della porta sono un luna park del pallone in cui abbiamo avuto la sola colpa di non mirare troppo bene, ma a questo punto sono dettagli.
Giochiamo da grande squadra e ci permettiamo pure il lusso di tenere in panchina i pezzi da novanta, vedi alla voce Rossi, Suarez e anche Babacar.
Non sogno, ma godo e pure molto: non è elegantissima come espressione, però credo che renda perfettamente l’idea.

Purtroppo per noi oggi non è un giorno di festa: in pochissimi giorni ci ha lasciato il babbo di Tommaso Loreto.
Ogni volta che lo incontravo era così fiero di quel figlio che parlava alla radio, ha fatto in tempo a vedere il piccolo Neri e possiamo solo ribadire a Tommi quello che sa: gli vogliamo bene

Oh, lo abbiamo capito che la partita contro l’Atalanta è piena di incognite, che non dobbiamo prenderla alla leggera e via a seguire.
E’ il classico luogo comune del calcio e questa settimana non fa eccezione.
Va bene tutto, però possiamo dire senza paura di sollevazioni popolari che la Fiorentina è più forte?
Che siamo in un gran momento di forma e che dunque siamo largamente favoriti e che pareggiare o peggio ancora ci farebbe girare abbastanza le scatole?
Perché a me stare lassù piace moltissimo e starci per un paio di settimane mi dà un senso di assoluta libidine calcistica.

Si comincia a capire come giochiamo: siamo avvolgenti, addormentiamo la partita tenendo un ritmo basso e poi andiamo al tiro.
Non troppe volte,però sblochhiamo sempre noi il rislutato e se succede in sette partite su sette ci sarà un motivo.
Gara da grande squadra, con finale meraviglioso dedicato a chi ha sofferto e soffre per qualsiasi motivo: ce la possono, ce la possiamo fare tutti e quel gol di Pepito è come la canzone di Morandi.
Mi è venuto un mezzo groppo in gola quando ho visto il pallone dentro e ho continuato ad urlare nonostante fosse il quattro a zero.
“Vuole un po’ d’acqua?”, mi ha chiesto tra l’ironico ed il preoccupato un solerte funzionario del Belenenses.
No grazie, mi basta vedere queste cose per credere ancora alla magia del calcio.

Me la sto gustando più stavolta delle due precedenti occasioni, questione di sensibilità.
Nel 1997 non era bella come ora e nel 2009 ero abbastanza di corsa, come è del resto è sempre stato fino ad un po’ di tempo fa.
Il clima aiuta, qui sembra di essere ancora in estate, ma è anche la gente che ad una superficiale visione sembra molto impegnata e piuttosto soddisfatta della vita.
La squadra contro cui giochiamo domani continua ad apparirmi piuttosto misteriosa e domani farò una full immersion per entrare nella gara, perché poi è un po’ come per i giocatori: Inter-Fiorentina si prepara radiofonicamente da sola, Belenenses è molto più difficile.
Qui tutto costa meno che in Italia, un caffè (buono) 60 centesimi, la metà di un bar del centro fiorentinmo e stasera ho cenato a base di baccalà con meno di 20 euro.
Della partita di domani pare non freghi niente a nessuno, sono tutti concentrati sul Benfica che sta perdendo a Madrid, qualche ora fa mi sono visto il museo di Eusebio che chiudeva proprio stasera: emozionante per noi ragazzi (si fa per dire) degli anni sessanta.
Domani le emozioni me le aspetto da Pepito, in fono Belenenses è un quartire non troppo diverso da Villareal…

E chi se l’aspettava una Fiorentina così?
Li abbiamo annientati, sembrava di vedere Roma-Fiorentina della passata stagione in Europa Leagues, proprio non c’è stata partita.
Kalinic stratosferico, Vecino monumentale, Borja e Badelj assoluti padroni del centrocampo, Ilicic ispiratissimo, difesa perfetta: che vuoi di più dalla vita?
Un compleanno calcisticamente (e anche extra) perfetto, da ricordare per sempre.
E adesso?
Adesso ci godiamo il primato, gli inviati dei grandi giornali nazionali che arriveranno a spiegare il miracolo Fiorentina e tutto quello che c’è intorno.
Siccome siamo convinti da sempre di essere al centro del mondo e i numeri uno in assoluto non è che ci faremo troppo impressionare e quindi da domani riprenderemo tranquillamente a dividerci come sempre.
Ma oggi si gode, eccome se si gode!

L’ultima volta che la Fiorentina prese la testa del campionato avevo appena saputo che da lì a sette mesi sarebbe arrivata Camilla ad emozionarmi, Valentina frequentava con straordinario profitto il primo anno d’asilo e Cosimo non era neanche immaginabile come fantastico regalo del mio percorso terreno.
Eh sì, è passato un po’ di tempo: oggi le ragazze viaggiano sicure attraverso le proprie strade e a vederle da fuori, pur conoscendo ogni millimetro del loro cuore di bambine, sembrano due donne, mentre il fanciullo mi contesta inevitabilmente il voto a Babacar, il suo idolo, a cui secondo lui do sempre troppo poco.
Oggi compio 55 anni, dire che me li sento dentro è una bugia, perché l’energia è sempre quella, magari un po’ miscelata dall’esperienza e dalle responsabilità di un genitore e comunque vai a sapere quale sia davvero l’età mentale giusta che si deve avere.
Sono stato molto fortunato: dalla vita ho avuto tutto, certamente molto di più di quanto avrei soltanto immaginato quando da ragazzo combattevo centimetro dopo centimetro per strappare, in tutti i sensi, un po’ di spazio.
Ho tre figli meravigliosi (lo so, dicono tutti così, ma vi assicuro che quando poi diventano adolescenti non è che venga sempre naturale affermarlo), sono accompagnato da persone che mi amano e che non mi fanno mai sentire solo neanche quando devo affrontare le salite più dure, ho imparato ad ascoltare gli altri e a condividere i loro problemi, so distinguere chi è falso da chi è vero.
Avendo ricevuto così tanto, ho una sorta di pudore nel chiedere ancora, ma siccome il mio desiderio è condiviso da centinaia di migliaia di uomini e donne, io ci provo lo stesso: cara Fiorentina, me lo faresti questa sera il regalo di riportarmi al primo posto in classifica, proprio come in quell’inverno del 1999?
Sarebbe molto meglio come torta del mio adorato bongo…

Partita da non credere ad inizio stagione, con un’ipotesi di primato che fa ingolosire.
Sarà una prova di maturità per tutti, a cominciare da Sousa, che a certi livelli non era mai arrivato perché, per quanto ammaccato, il calcio italiano è ancora ben altra cosa rispetto a quello svizzero o israeliano.
Punto molto su Kalinic, che mi pare il giocatore giusto per entrare nella difesa dell’Inter e punto anche su una certa dose di sfrontatezza che dovremo per forza avremo perché in fondo non abbiamo nulla da perdere.
Mezza Italia farà il tifo per noi, anche gli juventini e pure queste sono soddisfazioni.
Andiamo e giochiamocela, senza complessi di inferiorità e senza paura, ci vanno bene due risultati su tre e anche questo è un vantaggio non da poco.

Via ragazzi, non sta andando troppo male.
E’ vero che l’Inter è ancora a tre punti e che nessuno tra Kalinic e Babacar è in testa alla classifica cannonieri, però possiamo accontentarci, almeno per ora.
Al di là del paradosso, non si riesce proprio a capire quale sia l’anima della Fiorentina di Sousa, se cioè prediliga i muscoli o la tecnica.
Nell’attesa di capirci qualcosa in più continuiamo a vincere la partite.
Quelle facili si dirà, ma i grandi piazzamenti finali si ottengono proprio non sbagliando le gare dove è obbligatorio conquistare i tre punti.
E poi il calcio è straordinario per la sua illogicità: chi non avrebbe tolto Kuba alla fine del primo tempo?
Per fortuna non Sousa, anche se dal polacco ci aspettiamo molto di più, come del resto da diversi suoi compagni, ma intanto domenica sera ci guarderà con invidia mezza Italia e certe sensazioni sono molto, ma molto piacevoli.

Dalla partita di questa sera io non chiedo altro, per il gioco magari aspettiamo dopo la sosta.
Vinciamo contro il Bologna e poi vediamo l’effetto che fa stare così in alto in classifica, potrebbe anche darsi che ci si dia tutti una regolata, che quelli contro a prescindere si prendano una sana ed auspicabile pausa di riflessione.
Però sarà molto dura, a meno di non sbloccarla nei primi venti minuti, perché poi loro si chiuderanno sempre di più alla faccia delle teorie calcistiche di Delio Rossi, un tempo considerato uno degli allenatori più divertenti d’Italia per come faceva giocare le sue squadre.
Non credo che Pepito venga schierato dall’inizio, sono troppi due impegni in tre giorni, bisogna davvero dosare gli sforzi e sperare che migliori il più rapidamente possibile la condizione.
Potrebbe essere la partita di Ilicic, a patto che non senta già le prime brezze autunnali e abbia deciso di andare anzitempo nel consueto letargo invernale.

Ragazzi (e ragazze, sempre gradite), qui bisogna metterci d’accordo: la curva espone uno striscione su cui credo si fosse tutti d’accordo e che evocava un vecchio credo pallonaro, palla o piede.
Chiunque abbia un minimo giocato a calcio sa di cosa stiamo parlando, si gioca decisi, l’unico obiettivo è il risultato finale e non conta come ci si arriva, basta vincere o almeno non perdere.
Insomma, Machiavelli applicato al pallone, che sarebbe poi la filosofia del 95% degli allenatori ed il sentimento della quasi totalità dei tifosi, che altrimenti si chiamerebbero in altro modo, ovvero sportivi.
E allora, scusate, io tutti questi mugugni dopo il successo di ieri li capisco poco perché la Fiorentina di Sousa gioca in qualche modo con la filosofia della “palla o piede”, nel senso che gioca veramente male, ma è allo stesso tempo molto tignosa da affrontare.
Certo, il calcio del primo anno di Montella era un’altra cosa, ma le uova sono queste e l’omelette non è particolarmente indigesta quando sei da solo al terzo posto in classifica.
Si può migliorare?
Ovviamente sì e qui si vedrà davvero la mano dell’allenatore, ma se Suarez e soprattutto Pepito non decollano noi ci dobbiamo accontentare delle mischie con dentro Babacar, ringraziando il cielo di non vederlo ammuffire in panchina perché “Gomez deve giocare per ritrovare la condizione”.

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