Qui fra gli ultimi tre anni disastrosi, le furiose battaglie per lo stadio, la divisione tra giornalisti buoni e quelli cattivi, il discutere su tutto e su tutti,  ho l’impressione che si sia perso il nocciolo fondamentale che ci ha fatto amare il calcio e la squadra per cui godiamo o ci arrabbiamo.

Parlo del senso di appartenenza, quell’istinto primordiale che ha ben poche spiegazioni logiche e che si chiama passione.

Passione pura, senza sovrastrutture ideologiche o guerre per bande, come invece accade da anni.

Il pallino è in mano a Rocco: sta a lui decidere quale direzione far prendere alla Fiorentina e non parlo solo di questioni tecniche, che sono comunque le più importanti.

“Noi siamo la Fiorentina” è uno slogan della Fiesole e per una volta faccio copia e incolla.

Sì, noi siamo quelli che, nel mio caso, piangevano a 7 anni perché gli avevano venduto Hamrin, che ancora ricordano il viale soleggiato e tristissimo di Cagliari alle 19 del 16 maggio 1982, che sono orgogliosi di ciò che è stata la Fiorentina fino al 2018, con i suoi alti (parecchi) e bassi (troppi per i miei gusti, ma inferiori alle soddisfazioni).

C’è una grande storia dietro all’odierna mediocrità e bisognerà ricordarsene tutti.