Sono sempre molto perplesso quando sento parlare bene o male di una categoria: i medici, gli avvocati, i carrozzieri, i giornalisti.

La responsabilità è ogni volta  individuale, non si può sparare nel mucchio, vanno fatti nomi e cognomi, che si tratti di carrozzieri, di avvocati, di medici e di giornalisti.

La sequenza mediatica è semplice, al limite della banalità: i protagonisti agiscono, chi deve commentare scrive o parla di ciò che è successo, proponendo analisi e qualche volta cercando di anticipare i tempi degli eventi.

E’ indubbiamente molto facile esprimersi dopo, ma non a caso i guadagni sono infinitamente inferiori tra chi gestisce una società di calcio o scende in campo la domenica e chi se ne occupa per informare o dare le proprie opinioni.

Se mi fosse riuscito, avrei fatto il cambio: io a giocare in serie A e Antognoni a raccontare la partita in radio, ma non ce l’ho fatta.

Per entrare nello specifico ripeterò quanto detto più volte a tutte le proprietà viola che ho visto avvicendarsi in questi quarant’anni di mestiere: se va bene la Fiorentina, andiamo bene anche noi della radio, che viviamo della passione popolare poi tradotta in sponsorizzazioni che sono alla base degli stipendi di chi lavora dietro ad un microfono.

Non esiste quindi il minimo interesse a parlare male della squadra e/o della società, a meno che non venga colto da raptus autolesionistici quasi da TSO.

Se critichiamo, è perché mi e ci sembra giusto farlo per quello che sentiamo e vediamo.

Certo, c”è anche la passione e il tifo, ma non ho mai chiesto ai miei giornalisti quanto soffrissero per la Fiorentina e neanche ho mai preteso che avessero i miei stessi sentimenti, quello che conta è che facciano onestamente e con bravura il proprio mestiere.

E se qualcuno non è all’altezza o è in malafede, oltre al sottoscritto, sarà il pubblico a giudicarlo: sempre e soltanto quello.