Me lo ricordo bene qual era l’angoscia degli anni settanta: ogni giorno un morto o di più, uomini senza nome, uccisi in un delirio narcisistico da criminali che a distanza di decenni qualche volta provano a spiegarci come si vive.

Anche questa sera alle 18 sapremo quanti se ne sono andati, numeri sempre più impressionanti, paure che ci prendono da dentro e chissà mai quando se ne andranno.

Ma quelli che non ci sono più, esattamente come i caduti vittime delle follie brigatiste, sono persone, non numeri, vittime innocenti di qualcosa che oggi come allora nessuno sa spiegarsi.

E vorrei avere la penna giusta o il microfono sensibile per raccontare la loro storia quando ripartiremo.

Perchè ripartiremo, non so quando, ma torneremo a vivere.