La prima volta che ho incontrato Cristiano Biraghi è stato per caso, in una gastronomia, ci presentano e lui, che presumo sapesse o poco o nulla di me, nemmeno saluta e parte in quarta: “ecco qui uno dei fenomeni dei giornalisti, che attaccano sempre a sproposito”.

Per la cronaca, aveva appena fatto l’enorme bischerata a Verona, contro il Chievo.

Lo rivedo lo scorso anno alla festa della Fiorentina, anzi nemmeno lo vedo perché si infila con rara maleducazione nella chiacchierata che con mia moglie stavo facendo con Corvino sui massimi sistemi: non saluta, dice due cose paraculeggianti a Pantaleo e se ne va, ovviamente senza un minimo di educazione nei confronti di chi era nel semi cerchio a conversare.

Poche settimane dopo se la prende come un esagitato con Zoccolini nella zona mista dopo l’ennesima partita indecorosa, salvo poi scusarsi, ma solo perché obbligato dall’ufficio stampa della Fiorentina.

Oggi leggo dei deliranti parastinchi che rimanderebbero ad un certo periodo storico e chiudo il cerchio sulla considerazione dell’uomo.

Per il calciatore mi astengo, ma quella viene dopo,