Gestione Pontello: strepitosa campagna acquisti nel 1981, investimenti importanti fino al 1985, compreso l’acquisto di Baggio col ginocchio rotto, e lento rientro dal 1986, a cominciare dall’addio di Galli, Massaro e Passarella.

Gestione Cecchi Gori: ciliegine e ciliegione fino al pasticcio Seat e al divorzio di Vittorio. Dal 2000 sprofondo rosso, tra cessione di Batistuta e ammanco di 70 miliardi di lire per salvare la finanziaria di famiglia. Il risultato, mentre si chiedeva quanto costava Rivaldo, è il fallimento da cui non tutti si sono ripresi, compreso chi scrive.

Gestione Della Valle: soddisfazioni e gran colpi di mercato anche dopo calciopoli, poi si decide di rientrare e dal gennaio 2016 di proseguire con l’autofinanziamento. Proteste e invettive in tutti i luoghi e in tutti i laghi e Cognini diventa l’uomo nero per tutti.

Gestione Commisso: ci mette dentro molti soldi all’inizio, finanzia nel 2020 a gennaio una sontuosa campagna acquisti, purtroppo molto sbagliata, e adesso fa sapere che più di quello (ovvero 40 milioni, che non mi sembrano proprio pochissimi) tra sponsorizzazione a fondo perduto e perdite correnti di esercizio) non ci mette e che quindi per il mercato bisognerà fare con quello che abbiamo, cioè con i 50 milioni avanzati tra le sontuose e dolorose cessioni di Chiesa e Vlahovic e gli acquisti dell’ultimo anno.

Piacerebbe a tutti avere un Moratti che in sedici anni ci rimette un miliardo di euro o un Berlusconi che nei momenti splendore metteva mano senza problemi al portafoglio per concedersi dei fantastici regali, ma loro due sono eccezioni e non hanno mai tifato Fiorentina.

Sul resto bisognerà farsene una ragione: amare la squadra, ma tenendo ben presente la storia e l’economia.