Per me è stato immenso, dei tre grandi viola degli ultimi cinquant’anni quello con cui sono più entrato in sintonia.

Antognoni era la divinità, Batistuta lo strapotere calcistico che nei rapporti personali (almeno con me) sfociava nell’arroganza, Baggio il calcio, per come lo intendo io.

Cinque anni intensi, di cui due di grande sofferenza, quando eravamo davvero in pochi a crederci.

Il Pentasport nel 1987 non era certo ai livelli attuali, ma sostenemmo una guerra senza esclusione di colpi contro chi lo voleva mandare in prestito a Cesena o Genova sponda Samp.

Da compagno di chiacchierate sono passato ad ammirarlo come campione e ho sempre goduto sempre delle sue giocate, tranne ovviamente quando era alla Juve.

Lui non si è mai dimenticato di Firenze e il fatto che questo Peter Pan fantastico oggi compia 55 anni è il segno indelebile di come il tempo sia passato, anche se lui invecchia allo stesso modo di quando giocava: con una classe insuperabile.