Nell’aprile di 32 anni fa ero in macchina con Baggio, Dunga e Barend Krausz, l’assistente fiorentino di Caliendo, di ritorno da Roma dopo un pareggio viola. Roberto mi giurò e spergiurò che voleva rimanere e che comunque non sarebbe mai andato alla Juve.

In tutti questi anni ho sempre voluto credere che sia stato costretto al trasferimento, forse perché innamorato calcisticamente di un ragazzo che ho visto crescere nella sofferenza. Non sono mai stato obiettivo, lo ammetto.

Dopo  ho perso l’innocenza e non ci ho creduto più, in un crescendo di cessioni a quelli là che partono dalla mancata vendita di Jovetic, nonostante supplica a mezzo stampa del montenegrino.

Poi è arrivato Bernardeschi, alla fine il più onesto, con esclusione dei problemi digestivi al ritiro, le boccucce di Chiesa e adesso il capolavoro di questo ventunenne dotato di immenso talento messo al servizio di quella che secondo lui è furbizia.

Da un anno a questa parte Dusan Vlahovic ci ha preso per il culo e scusate il francesismo, ma siamo in casa nostra e possiamo lasciarci andare ad un linguaggio non politicamente corretto.

Lui e sui sodali hanno ricattato la Fiorentina che ha fatto offerte in linea col valore del giocatore e che è stata umiliata da silenzi e richieste impossibili.

Il peggio del peggio, che pensavamo già di aver visto negli anni passati, ma a cui evidentemente non c’è mai fine.

Giusto aziendalmente che finisca così, ma adesso abbiamo una voragine da riempire in attacco e non sarà semplice.