SANT’ANSELMO DA LECCO
E’ stata la migliore definizione che abbia inventato per un giocatore in tutti questi anni e mi ha fatto piacere che qualcuno l’abbia ripresa per etichettare le prestazioni di Robbiati, che in quel campionato segnava ogni volta che entrava in campo a sostituire un compagno. Di Anselmino mi piacevano le prestazioni tecniche e ciò che diceva nelle rare interviste che rilasciava. Robbiati non era mai banale e con quella vocina quasi in falsetto raccontava delle verità spiazzanti, soprattutto il lunedì, quando spesso veniva a commentare la partita a Canale Dieci. Diventammo amici e fu per questo che rinunciai ad uno scoop per non metterlo nei guai.
Era successo che dopo una vittoria contro l’Udinese, nel primo anno di Trapattoni, fosse scoppiata una mezza rissa negli spogliatoi. Protagonisti insospettabili: Robbiati e Rui Costa, il tutto a causa di un pallone non passato dal primo al secondo. Anselmo, che attraversava un momento difficile, aveva risposto ai rimproveri del portoghese mandandolo a quel paese, accendendo in pratica la miccia. La domenica dopo a Roma, Batistuta si era “vendicato”, ignorando il compagno solo davanti alla porta e preferendo un’improbabile conclusione personale. Era una brutta storia che non conosceva nessuno e Robbiati me la raccontò amareggiato nel ritorno da una vittoriosa trasferta di Coppa Uefa a Zurigo. Durante quel volo feci anche da colomba della pace con il portoghese, che stava seduto tre file più avanti. Come immaginavo, Rui mi disse che per quanto lo riguardava l’incidente era chiuso lì, che non c’erano conseguenze nei rapporti tra lui e Robbiati, ma Anselmo era lo stesso col morale a terra. Aveva appena segnato un bel gol di testa, però sentiva di avere contro i capi dello spogliatoio. Gli chiesi se potevo pubblicare la storia del furioso battibecco con Rui Costa e mi dette l’assenso.
Alle due di notte, appena atterrati a Pisa, venni preso da uno scrupolo molto poco giornalistico. La Fiorentina, lanciata in Coppa Italia e Coppa Uefa, era prima in campionato: scrivere quello che Robbiati mi aveva detto voleva dire alzare un gran polverone che avrebbe penalizzato l’ambiente e soprattutto lui, da mesi alla ricerca di una nuova squadra. In pratica sarebbe passato per un piantagrane e non sarebbe stato giusto. Richiamai Anselmo e gli annunciai che mi dimenticavo di tutto e ancora oggi sono convinto di aver preso la decisione migliore.

IMPARA A FARE LA RADIOCRONACA!!!
Un’ottima Fiorentina aveva appena pareggiato con l’Inter, meritando ampiamente di vincere. In radiocronaca avevo più volte sottolineato il vano assalto finale, ricordando come il punto strappato dai nerazzurri fosse immeritato. Stavo quindi per cominciare le solite interviste televisive del dopo partita, quando incrocio Luna, che mi si avventa contro paonazzo di rabbia.
«Ah stro…, ma che caz.. hai detto in radiocronaca?! Tu devi impara’ a farle le radiocronache, hai capito?»
Trasecolai. Non riuscivo a capire a cosa si riferisse e stava dando di fuori come un pazzo. La misi anch’io sul triviale.
«Ma che caz.. stai dicendo? Spiegami!»
«Nun te spiego proprio nniente, va a sentì quel che hai detto oggi!», e se andò, lasciandomi lì senza parole.
Per prima cosa consegnai il microfono a Laserpe per le interviste e mi incamminai livido di rabbia verso Canale Dieci, deciso a rassegnare le dimissioni, non mi importava quanto ci avrei rimesso economicamente. Con Sandrelli ci rinchiudemmo nella sua stanza, gli raccontai dello scontro e gli annunciai che avrebbero potuto tranquillamente trovarsi un altro telecronista e un altro conduttore per il Ring. Massimo scosse il capo e mi disse di aspettare. Dopo un quarto d’ora, arrivò la telefonata di scuse di Luna, che ammetteva di aver esagerato, che era stato informato male e che io ero una colonna insostituibile della televisione.
In serata riuscii finalmente a ricostruire quello che era successo, grazie anche ai miei informatori dentro lo spogliatoio. La colpa di tutto era di Flachi, all’epoca un bambino viziato, che aveva bisogno di accreditarsi in qualche modo con i compagni più grandi. Ranieri lo aveva spedito in tribuna e lui, non ho mai capito perché, si era messo a sentire la mia radiocronaca. Successivamente era sceso negli spogliatoi, stravolgendo la verità e raccontando che avevo attaccato la Fiorentina per come aveva giocato. Il preparatore atletico Sassi, con cui ero in pessimi rapporti fin dai tempi dell’infelice ritiro a San Vincenzo, ci aveva messo del suo, ingigantendo la cosa e facendo sì che i leader dello spogliatoio se la prendessero con Luna, «perché Guetta lavora a Canale Dieci».
Feci cinque cassette degli ultimi venti minuti di radiocronaca e le consegnai a Batistuta, Rui Costa, Padalino, Sassi e Luna. A Flachi niente, perché sarebbe stato del tutto inutile.

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE
Perché, nonostante quello che ho passato, non me ne sono andato via prima da Canale Dieci, resistendo addirittura nove anni? Intanto perché era l’unica televisione che permetteva, in tutti i sensi, di lavorare in modo decoroso. Se avessi mollato, ci sarebbero stati almeno una decina di colleghi pronti a prendere il mio posto, soprattutto quelli che oggi pontificano nelle altre tv e non volevo dare loro questa soddisfazione. Poi, a partire dal 1998, ho avuto la responsabilità di un gruppo di ragazzi che avevano puntato tutto proprio su Canale Dieci: io li avevo fatti entrare e la loro permanenza era strettamente legata alla mia.
La verità è che in tutti quegli anni posso aver ammorbidito qualche volta i toni della polemica, ma non ho mai subito condizionamenti. Nessuno, insomma, mi ha mai detto quello che dovevo o non dovevo dire. Quando, per esempio, nel maggio del 2002 Sconcerti venne paracadutato da Zerunian a Canale Dieci per raccontare “Fiorentina, la verità” (la sua, quella di Zerunian), con tutte le assurde assicurazioni sul fatto che Cecchi Gori avrebbe pagato e che la società viola si sarebbe regolarmente iscritta al campionato di B, io mi defilai, non mettendoci la faccia. Altre volte invece mi sono trovato nel mezzo della bufera e probabilmente non sono stato abbastanza bravo nello spiegare la mia distanza da alcune posizioni insostenibili. Certo, ho pagato in stress e rabbia questa “libertà” di pensiero, ma alla fine gli errori che ho commesso sono stati solo frutto della mia testa e delle mie convinzioni. Ho sbagliato soprattutto a non valutare bene dove ci stava portando Cecchi Gori e da metà del 2000 fino al luglio del 2001 ho mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento possibilista, che è stato ingigantito dalla mia onnipresenza (altro sbaglio) nelle trasmissioni di maggior richiamo di Canale Dieci. Al momento della dissoluzione della vecchia Fiorentina, ho quindi ritenuto giusto pagare le mie “colpe” con almeno un anno di allontanamento dal video, in una sorta di rito purificatore.
Ma Canale Dieci resta una splendida realtà e fino a quando se ne occuperanno Andrea Parenti e Paolo Fanetti ha la concreta possibilità di sopravvivere alle nefandezze del suo proprietario. Mi pare comunque giusto ricordare con sincera commozione tutti coloro che in quegli anni hanno tentato (invano) di farmi cacciare: l’indimenticabile Paolo Giuliani, Ugo Poggi, poi diventato un amico, Paolo Cardini, Luciano Luna, Sarkis Zerunian e Ottavio Bianchi. Se sono riuscito ad avere la soddisfazione di essere io ad andarmene e non loro a buttarmi fuori, lo devo solo ed unicamente al successo delle mie trasmissioni, agli sponsor che portavo e ai ragazzi che hanno lavorato con me.

GRANDE STAGIONE
Ranieri tirò fuori il meglio dai propri uomini ed il risultato conclusivo fu il migliore degli ultimi anni. Ad un certo punto la Fiorentina sembrò addirittura in corsa per lo scudetto, ma l’organico era nettamente inferiore al Milan ed alla Juventus, soprattutto nelle alternative ai titolari. Complice la cavalcata trionfale in Coppa Italia, le cose in campionato si complicarono nelle ultime partite e si temette la riedizione dello scialbo finale dell’anno precedente. Invece andò tutto bene, ed una vittoria un po’ fortunata a Piacenza permise alla Fiorentina di tornare finalmente, dopo sei anni, in Europa, al terzo posto a pari punti con la Lazio. Tutti noi però eravamo distratti da un solo pensiero: vincere finalmente qualcosa, a ventuno anni di distanza dalla Coppa Italia del 1975.

LA PARTITA VIRTUALE
E’ stato l’avvenimento più straordinario organizzato da Canale Dieci. Credo che l’idea a Sandrelli sia venuta dopo aver visto quanta gente avrebbe voluto seguire i viola a Bergamo per il ritorno della finale. L’Atalanta non poteva garantire più di cinquemila biglietti, ma i tifosi pronti a partire erano più del doppio e allora Massimo tirò fuori questa iniziativa, che a prima vista poteva sembrare una pazzia: tutti al Franchi a vedere (male) la partita sul maxi schermo. Canale Dieci organizzò una diretta di oltre sette ore, con uno sforzo di produzione all’altezza di una televisione nazionale. Fu un successo clamoroso. Arrivarono in quarantamila allo stadio, spinti solo dalla voglia di esserci e la scena della squadra che entra in campo alle tre di notte in mezzo alle bandiere viola è il momento più bello di tutta l’era Cecchi Gori.

IL TRIONFO
Esagerazioni per una semplice Coppa Italia? Può darsi, visto da fuori Firenze. Ma il calcio dalle nostre parti è soprattutto passione, e se ripenso a quella magica serata di Bergamo non mi vergogno di niente. Al secondo gol di Batistuta, urlai come un matto e caddi dalla seggiolina in postazione. “Prendiamocela!! E’ nostra!!”, gridavo ossessivamente, neanche dessi l’ordine di attacco alla fortezza nemica. Ero quasi sdraiato in terra quando mi accorsi di un po’ di movimento alle mie spalle, ma non ci feci troppo caso. Solo più tardi seppi che avevano cacciato dalla tribuna stampa il povero Ceccarini, che si era sacrificato per il sottoscritto, accusato di “comportamento professionale poco decoroso”. «Vado fuori io – disse – ma lasciatelo finire», e lo misero giù nel parterre, in castigo.
Mentre da Bergamo intervistavo i protagonisti in collegamento video con il Franchi in estasi, mi chiedevo cosa mai sarebbe successo in caso di scudetto a Firenze. Erano già passati quattordici anni da quando preparavamo la festa, poi rovinata dagli arbitri e dalla Juventus. Allora mi sembrava tutto un grande gioco e poi alla fine una delusione indicibile; adesso la realtà mi appariva molto diversa, forse a causa dell’età o delle responsabilità che aumentavano. Comunque fosse, mi sarebbe piaciuto almeno una volta capire, da semplice tifoso della Fiorentina, cosa si prova in quei momenti lì.