Stamani mi sono accorto che sono passati vent’anni da quando andai in America, a New York, insieme alla Fiorentina di Batistuta e Rui Costa. E di Chiesa, tenuto ai margini.

Mi sembra incredibile: ero un altro uomo, immerso in problemi contingenti che sembravano sempre la finale di un Mondiale per come li affrontavo in termini di impegno e di angoscia.

Spesi un milione e mezzo di vecchie lire in cinque giorni per cercare di arrivare a capo del problema dei diritti radiofonici che per la prima volta dopo dodici anni potevano essere venduti alle radio private.

Combattevo tutti i giorni con gli uomini politici di Cecchi Gori che volevano farmi fuori da Canale Dieci perché avevo posto la condizione che ci dovesse essere Mario Ciuffi e che avremmo dovuto avere la libertà di dire quello che volevamo.

Era uno stress infinito, una sera, in un momento di sconforto dissi al mio amico Francesco Selvi la fatidica frase: “vado avanti ancora un paio di anni e poi stop”.

Per la disperazione di alcuni non sono stato di parola e oggi ne sono ben contento, anche perché ora sto molto meglio di allora. In tutti i sensi.

Vent’anni e sembra ieri, ma intanto in questi 7300 giorni è successo e mi è successo di tutto: sono curioso di vedere cosa accadrà nei prossimi venti (se avrò la fortuna di viverli).