Io lo capisco Pantaleo Corvino, proprio perché spesso commette gli stessi errori che commetto anch’io.
Ama visceralmente il proprio lavoro, ci mette dentro tutto se stesso, tanto da rischiare l’infarto (a proposito, ma non sarebbe il caso di mettersi un po’ a dieta, visti i carichi di stress che si porta dietro?) e qualche volta è portato all’intolleranza sul dissenso altrui.
Quando qualcuno mette in dubbio la sua buonafede o non gli riconosce i meriti che lui crede di avere (e ne ha moltissimi) o si inquieta o azzanna.
E così vengono fuori reazioni che dall’esterno possono sembrare esagerate, vedi la sparata di ieri contro (credo) La Nazione, in cui minacciava di parlare col direttore, che è poi un pessimo modo di rapportarsi alla nostra permalosissima categoria.
Sono le stesse sparate che ogni tanto (ora molto meno di un tempo, me lo dovete riconoscere) avete sentito dal sottoscritto al Pentasport, quando mi sembrava che qualcuno avesse commesso una scorrettezza o ce l’avesse con Radio Blu.
Spesso chi ascolta può pensare: ma questo chi si crede di essere? Oppure: ma ha perso il capo?
Io quindi lo capisco benissimo Pantaleo, ciò nonostante lo invito (senti un po’ da quale pulpito arriva la predica…) ad essere un po’ più indulgente col mondo e quindi alla fine anche con se stesso.
Lasci scorrere un po’ più le cose e selezioni le cose veramente importanti.
Magari un giorno andiamo a cena insieme (solo filetto e insalata, però) e ci sfoghiamo a vicenda.