Ho passato un Natale meraviglioso, stando a casa e non facendo assolutamente niente: stacco assoluto e, siccome mi piace quasi tutto del mio lavoro, a me bastano due giorni per ricaricare le pile.
Approfittando di una congiunzione astrale favorevole (nessuno dei figli malato, due giorni di ferie strappati in ufficio, sosta del campionato) avevo pensato che, visto anche il possibile e auspicabile lungo cammino Uefa della Fiorentina, sarei potuto andare a sciare dall’ultimo dell’anno alla Befana.
Niente: impossibile trovare le due doppie a qualsiasi livello di albergo nella nostra zona adorata, cioè la Val Badia.
Tutto occupato, non entra uno spillo.
Ora, partiamo dal presupposto che io rientri nel 15%, o forse sono anche meno, di persone fortunate che per ora non si accorgono della crisi e che Berlusconi sarebbe orgoglioso della famiglia Guetta per il livello quasi vergognoso di consumismo che abbiamo raggiunto (mi vengono i brividi se penso alla 850 dei vent’anni o alle tante vacanze in tenda a Torre del Lago…), però mi chiedo davvero quanto questa crisi sia un fatto psicologico e quanto invece una realtà.
Probabilmente si sta sempre più allargando la forbice tra chi sta bene e chi fatica ad arrivare alla terza/quarta settimana del mese, e quelli che se la passano più che decentemente non si fanno mancare niente.
Meno che mai durante le feste.