Il vice sindaco di Trieste che getta in un cassonetto le coperte di un clochard e orgogliosamente riprende tutto a favore di Facebook segna personalmente il punto di non ritorno per ciò che sento verso il genere umano.

Chili e anni di melassa buonista propinatami/ci dalla sinistra hanno fatto crescere in me imbarazzanti germogli salviniani, oltre all’insopportabile prosopopea sinistroide che vuole gli illuminati sempre i migliori di tutti.

C’è però un limite al cinismo, agli italiani che vengono prima di tutto, all’egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti, e quel limite con quella coperta gettata via con totale sprezzo del genere umano è stato varcato.

Quel clochard rimasto senza qualcosa che lo coprisse può essere italiano o straniero, non lo so e non mi interessa.

Mi è però venuto in mente che quel clochard avrei anche potuto essere io, se non avessi avuto la forza e la fortuna di “tenere” economicamente e psicologicamente dopo una separazione con tre figli che nella stragrande maggioranza dei casi è uno tsunami che si abbatte sulla parte maschile.

E non mi sarebbe affatto piaciuto se il vice sindaco della città che mi ospitava mi avesse privato dell’unica mia difesa dal gelo di questi giorni: dopo mesi di celodurismo, bisogna ricominciare a mettersi nei panni degli altri, facendo tesoro degli errori del passato.