Siamo fragili, ancora di più quando si hanno dei figli.
Non lo capisci nemmeno quanto precario sia il tuo equilibrio fino a quando, in una normale mattina di fine febbraio, stai addentando la pasta al bar e leggi sul giornale che forse il più piccolo dei due fratellini di Gravina aveva il dito in bocca.
Ti blocchi e ti viene da piangere pensando alle battaglie combattute con tua figlia perché il dito in bocca non se lo metta più davanti al televisore, nel calore di una famiglia e di una casa.
A quel punto la giornata perde di significato.
Tu che attendevi con ansia ed orgoglio il primo articolo sul Corriere, che pensavi all’ennesima radiocronaca e ai mille problemi di una vita lavorativa frenetica, ti ritrovi con un groppo in gola e svuotato di qualsiasi energia pregando una cosa sola: che non sia stato il padre a buttarli nel pozzo.