Stavo ripensando a quanto Corvino sia ancora arrabbiato per quel titolo “Da Toni a Osvaldo” che criticava la campagna acquisti viola.
In quei giorni non ero in Italia e non ho neanche letto l’articolo,però sono convinto che con gli stessi contenuti, ma con un titolo diverso l’ira furente del grande Pantaleo si sarebbe già esaurita da tempo.
Il problema è che quel titolo è molto…fiorentino, perché un giocatore pur bravo che si chiama Osvaldo non può che suggerire un pizzico di iromia.
Anche perché richiama alla memoria, oltre che l’immagine stereotipata del cameriere, uno storico locale dalle parti di Ponte a Mensola che si chiama allo stesso modo.
Ma il discorso è più ampio e coinvolge la peculiarità tutta fiorentina di parlarsi addosso (spesso) e di prendere in giro il mondo (sempre), con soave distacco verso il prossimo.
Qui, per una battuta si è disposti a farsi spellare vivi, mentre dalle altre parti per la metà delle cose che ci diciamo volerebbero senz’altro gli schiaffi.
E però dobbiamo essere presi così, a tutto tondo, è inutile che qualcuno pensi di cambiarci.
Il calcio a Firenze è un fenomeno totalizzante: non so quanto sia un bene per il comune vivere civile, ma certamente accanto alla frizzante ironia che non sempre viene capita (e non sempre, diciamoci la verità, è axzeccata) esiste una smodata passione che ci fa amare la Fiorentina come se fosse davvero una parente stretta.