Vent’anni dopo l’immagine più nitida che ho è la seguente: io, accasciato sul divanetto del bilocale seminterrato (ma sul Ponte Vecchio) in cui da qualche mese ero scappato con Letizia, che dico “è finito tutto, non c’è domani”.
Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima…
Dopo il 6 a 2 al Foggia, la Fiorentina era stata appena scaraventata in serie B e non ero in alcun modo preparato alla catastrofe.
Crollava tutto, a cominciare dal mio essere tifoso per finire all’aspetto più prosaicamente lavorativo, anche se la Radio Blu di allora non era neanche minimamente paragonabile a quella di oggi.
Il giorno dopo mi avevano chiamato per andare al Processo del lunedì di Rai3 (quello che faceva milioni di ascolto) e il martedì avevo l’udienza decisiva per la separazione, ma io non avevo voglia di far niente: mi sentivo svuotato e distrutto.
Io la Fiorentina in serie B non solo non la volevo vedere, ma neanche l’avevo immaginata.
Nemmeno quando ci eravamo andati vicinissimi nel 1971 e nel 1978.
Credevo in una specie di angelo custode che mi salvasse dall’inferno calcistico, e in effetti per due volte aveva funzionato.
Nel 1993 non funzionò e ci ritrovammo tutti ad inventarci una nuova vita, non sapendo che il peggio doveva ancora arrivare nove anni dopo.
Ora che è tutto passato è quasi struggente ricordare quei momenti, ma quello fu un dolore vero, peggiore ancora dello scudetto rubato a Cagliari.