In un Paese civile io dovrei essere libero di andare allo stadio con la bandiera della mia squadra senza rischiare la pelle.
In un Paese civile i dirigenti ospiti avrebbero il sacrosanto diritto di vedersi la partita in tribuna senza essere insultati da qualcuno, neanche da maleducati quasi adolescenti, e meno che mai devono subire lanci di monetine e/o di altri oggetti.
In un Paese civile i massimi responsabili di una delle più grandi industrie nazionali, cioè il calcio, dovrebbero contare fino a dieci prima di reagire, dopo di che contano di nuovo e dopo semmai se ne vanno senza rispondere agli insulti e ai vergognosi lanci di monetine e/o di altri oggetti.
In un Paese civile si individuano i responsabili di chi sta macchiando l’onorabilità di una città che non ha niente da imparare da nessuno e si procede a pene giuste. Non esemplari, perché basterebbero le sanzioni eque per far smettere certe manifestazioni idiote.
In un Paese civile una bomba carta fatta scoppiare a Roma vale quanto una bomba carta esplosa a Firenze.
In un Paese civile il responsabile della confindustria del pallone non sarebbe anche uno dei massimi dirigenti di uno delle più grandi banche italiane, che ha il 40% delle azioni di una delle società più capitalizzate.
In un Paese civile si farebbero titoli meno roboanti sulla presuna inciviltà di una tifoseria che ha sopportato di andare in C2 senza creare il minimo problema di ordine pubblico mentre altre società in condizioni ben peggiori sono state salvate per paura di scontri di piazza.
In una società civile Fiorentina e Milan convocherebbero una conferenza stampa congiunta per superare ciò che è avvenuto domenica all’ora di pranzo e annuncerebbero una prossima amichevole con incasso da destinare alla Fondazione Borgonovo.