A qualcuno dicono qualcosa questi nomi: Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Oreste Leonardi?
Forse solo l’ultimo fa venire in mente il rapimento di Aldo Moro, ma ne dubito.
Ho fatto la verifica con me stesso, che pure ricordo tutto di quel giorno di esattamente 35 anni fa perché rimasi a casa per studiare tedesco, accesi la televisione e beccai in diretta l’edizione straordinaria del telegiornale che annunciava l’assalto di via Fani.
Fu un vero spartiacque della nostra esistenza di adolescenti, eppure nemmeno io, che pure seguo con grande interesse le vicende italiane, ricordavo come si chiamassero, a parte appunto Leonardi che era il caposcorta, le vittime dell’assalto delle Brigate Rosse, all’inizio definiti da tanti radical-chic e pensosi commentatori di sinistra “compagni che sbagliano” e non assassini, come invece era giusto etichettarli.
Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Oreste Leonardi sono vergognosamente morti di serie B, come ce ne sono stati a decine in quegli anni di pazzia dal 1974 al 1986 (la ferita di Lando Conti brucia ancora per Firenze).
Famiglie distrutte, figli e mogli devastati per sempre perché qualcuno aveva deciso di “giudicare in nome del popolo italiano” e di infliggere la pena di morte o, quando andava bene, la “gambizzazione” del nemico.
Pensiamoci oggi in questi giorni di grande confusione sotto il cielo italiano, riflettiamo almeno un minuto su chi è caduto in una guerra di cui ignorava l’esistenza e che veniva combattuta solo da dei pazzi criminali.