Io non avevo detto niente alla redazione, poi stamani mi arriva il primo sms di Vinciguerra, che dopo deve avere avvertito in studio.
Ecco quindi che nel Pentasport a sorpresa parte l’augurio del trio Bardazzi-Loreto-Baragatti e a quel punto fioccano i messaggi di auguri.
Mamma mia, trent’anni di radiocronaca…
Sono quasi un fanatico del passato, non so se succede anche a voi, ma io spesso mi sorprendo a ricordare cosa facevo dieci, quindici, venti anni fa in quel mese.
E ancora fantastico con le proiezioni: dunque, oggi Valentina ha diciassette anni e quattro mesi, io alla sua età uscivo da quella determinata crisi, e così via…
E la Camilla all’età di Cosimo com’era, e io cosa stavo combinando nel settembre 2005?
Insomma mi trastullo mentalmente così, che è poi un modo per allenare la memoria che vi assicuro era veramente notevole e che ora perde dei colpi, con l’aggravante di essere stato uno che si ricordava quasi tutto (nel periodo di Natale, complice il rilassamento mentale ne ho combinate un paio niente male).
Figuriamoci dunque se non ricordo com’ero a 22 anni quattro mesi e 3 giorni e come andò quella giornata.
Le trasferte le facevo con Franco Picchiotti, delizioso giornalista di Canale 48 che sarebbe poi andato a La Nazione e che ad ogni viaggio comprava all’autogrill un regalo per il suo bambino, oggi ultratrentenne.
La domenica mattina stranamente Radio Blu trasmetteva ed io feci un paio di collegamenti per annunciare la grande novità: avremmo fatto la radiocronaca!
Ero molto concitato e ripetitivo, uno strazio, questo lo ricordo bene.
Della partita Udinese-Fiorentina invece non è rimasto in testa niente, nemmeno un’occasione da gol che forse non c’è neanche stata, nelle tracce del passato c’è posto solo per la mia vertiginosa caduta di ritmo dopo venti minuti sparatissimi.
Ero terribilmente voglioso di fare qualcosa nel giornalismo, ma non mi considerava nessuno nei quotidiani.
E neanche nelle televisioni fiorentine in cui imperversavano Isler e Macilletti, che mi guardavano dall’alto in basso.
Con la radio guadagnavo più o meno centomila lire al mese, ma dall’età di diciannove anni mi mantenevo vendendo vernici (bombolette spray della Sadim) e pubblicità per Janovitz, in più davo molti esami a Scienze Politiche perché avevo sfidato il mio futuro primo suocero sul fatto che mi sarei laureato (poi, per colpa del tedesco, ce l’ho fatta solo a 28 anni).
Facevo spesso tardissimo a giocare d’azzardo, perdevo com’è logico abbastanza (perché nel gioco non si vince mai), avevo un sacco di capelli, ero un po’ presuntuoso e prendevo moltissime usciate nel viso, ma è stato tutto davvero molto bello.
Perché “a vent’anni è tutto ancora intero, a vent’anni si ha tutto chi lo sa, a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”.
Ma soprattutto sono stato fortunato ad esserci ancora, trent’anni e quasi milletrecento radiocronache dopo.