Sta finendo l’otto marzo e improvvisamente mi sono accorto che non ho comprato nemmeno una mimosa alle mie donne.
E’ stata una dimenticanza, la prima della vita, ma non ho notato malumori, forse perché sono tutte e tre molto impegnate tra pupi e influenze.
Non so, mi sbaglierò, ma ho come l’impressione che ci stavolta sia stata un po’ meno voglia di ostentarla questa festa della donna.
Mi mancano i numeri e le cifre degli incassi di chi organizza spogliarelli di fustacchioni (tristi quanto i “puttan tour”) o cene solo tra donne, ma forse qualcosa sta davvero cambiando.
E’ che mi pare e spero che noi uomini del ventunesimo secolo le abbiamo finalmente cominciate a rispettare le donne, ad amarle nella loro straordinaria diversità.
E non ci dovrebbe essere bisogno di quote rosa o di feste santificatrici per affermare una banalità: abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri, indipendentemente dal sesso.
Certo, poi Cosimo la notte piange svegliandosi di continuo e Letizia non dorme sei ore di seguito da oltre quaranta giorni e allora mi vengono quei vaghi sensi di colpa che cerco di affogare nel lavoro e nel tentativo di regalare benessere materiale e psicologico agli altri componenti della famiglia Guetta.
Forse trent’anni fa mio padre pensava che fosse giusto così, che le donne dovessero faticare il doppio o quasi: almeno in questo un passo in avanti lo abbiamo fatto.