Perché ci appassioniamo così tanto alla triste storia del decenne Leo (mi auguro che sia un nome di fantasia, ma non mi pare) portato via a forza da una scuola padovana?
Mi auguro che al di là del nostro lato più oscuro, che noi tutti abbiamo e che ci porta ad interessarci a tante cose inutili da voyer dell’esistenza, ci sia una domanda di fondo: noi come ci comporteremmo?
O come ci siamo comportati quando abbiamo attarevrsato il mare periglioso della separazione?
Io ho avuto la fortuna di farlo senza figli, è stato triste e piuttosto doloroso, ma inevitabile.
Sinceramente non ho risposte da dare, ma solo buoni propositi.
L’idea portante sarebbe quella di mettere i figli davanti a tutto, di non farne i capri espiatori di dolori personali, di non usarli come armi di ricatto.
Tutto questo in teoria, ma la pratica?
Come reagirei davanti a presunti torti, come sopporterei il dolore per me fortissimo di non vedere i miei figli, come resisterei alla tentazione di voler stare di più con loro perché mi mancano da morire?
Bisogna porsele queste domande, spietate e precise.
Perché è molto facile giudicare gli altri, sparare sentenze, ma soprattutto noi uomini siamo emotivamente poco attrezzati a gestire situazioni così delicate che segnerenno per sempre le altre vite a noi più care.
Ho visto coppie dilaniarsi, figli usati come clave per rimproverare tradimenti, ho letto nei bambini/ragazzi sofferenze profonde che spero vengano tirate fuori per evitare esistenze infelici.
Però poniamocele quelle domande, facciamolo soprattutto noi che (in teoria) non corriamo rischi.
E se possiamo non giudichiamo mai con superficialità.