Mutuando una celeberrima frase del grande Manlio Scopigno (“mi sarei aspettato tutto nella vita, tranne che vedere Niccolai in mondovisione…”), io mi sarei aspettato tutto da casa Guetta, tranne che Letizia mi chiedesse chi avrebbe giocato stasera e quale fosse secondo me la formazione migliore da schierare contro la Spagna.
In quasi venti anni di vita insieme credo che abbia seguito la Fiorentina solo per spirito di appartenenza familiare, anche perché i vari impegni della squadra hanno sempre condizionato tutte le nostre scelte.
E invece ieri, a poche ore dal nostro ritorno dall’America, mi sono lanciato in una dotta, si fa per dire, dissertazione sulle condizioni di Abate e selle possibilità di mettere Chiellini in mezzo togliendo il pur ottimo (sul campo) Bonucci.
Valentina invece è combattuta sulla maglia azzurra da prendere e non sa scegliere tra Balotelli e Pirlo: io faccio finta di niente, ma per quanto il secondo sia straordinario, rimane pur sempre uno juventino, e quindi punto sull’effetto muscoli del primo.
In più è diventata scaramantica e vorrebbe rivedere, stile Fantozzi alla roulette con il conte, la finale nella stessa formazione delle due partite precedenti, ma alla fine cederà al maxi-schermo.
Perfino Camilla dimostra un minimo di interesse per il calcio, mentre Cosimo deve aver capito che quella di stasera è una partita particolare ed è pronto a schierarsi all’inno nazionale.
Questa impensabile conversione al calcio di casa Guetta ha una sola firma, Cesare Prandelli.
Ha davvero conquistato tutti, io ci speravo, ma non ne ero così convinto perché lo conoscevo come uomo che aveva bisogno di lavorare sei giorni su sette sulla squadra.
Un allenatore straordinario, oltre che uomo con cui è bello confrontarsi, ma non un selezionatore, e invece ha stupito.
Sulla Fiorentina cominciamo a riparlarne da martedì, tanto per ora non succede niente…