E’ giusto ammettere senza mezze misure le proprie debolezze, o perlomeno quelle confessabili…
Sono un provinciale in tutto e per tutto: ne avevo gia’ avuto una vaga idea nel 1992, quando mi proposero di restare a Panorama per una collaborazione ben retribuita, ma non l’assunzione, e io ci pensai dieci secondi per dire di no perche’ volevo vivere a Firenze.
Professionalmente ho ripetuto la stessa scelta quattro anni dopo, quando avevo la possibilita’ di entrare nel gruppo dei telecronisti di Tele + e neanche per un minuto mi passo’ per l’anticamera del cervello l’idea di abbandonare Radio Blu e la Fiorentina.
Con questo viaggio in America insieme alle mie figlie e alla soglia dei 52 anni non ci sono piu’ speranze ed e’ ufficiale: sono nato e moriro’ provinciale, oltretutto quello della peggiore specie, l’uomo che vaga nervosmanete per le strade delle capitali del pianeta alla ricerca dell’italico caffe’ ristretto (ok New York, uno schifo a Washington) e del giornale italiano, uello che l’Italia gli sembra sempre meglio, il non cittadino del mondo che prova sempre un senso di estraneita’ se non e’ immerso nei suoi tre luoghi simbolo: Firenze uber alles, Armentarola, Tonfano.
E non contano niente le stelle degli alberghi o le bellezze da visitare, qui vale quel senso di appartenenza che mi frega tutte le volte che sono lontano da casa.
Nonostante tutto questo, ho viaggiato moltissimo, perche’ davvero sono in buonafede alla partenza.
E questa e’ un’avventura molto bella, anche se mancano Letizia e Cosimo, ma continuo a credere che la cosa migliore sia pensarci dopo di esserci stato nei posti, magari mentre sono a Grassina o a Radio Blu.
Oppure immaginarli prima certi itinerari, magari sognarli, ma se si va oltre alla settimana sbarello e mi viene una voglia terribile di tornare a casa.
Temo di aver lasciato qualcosa di simile anche nel DNA di Valentina e Camilla, pur augurnadomi vivamente per loro una maggiore apertura mentale.
Intanto leggo e mi documento: ma li’ a Firenze non succede niente?