Ho tifato e sofferto anche per l’Italia di Lippi, figuriamoci se non lo faccio per quella di Prandelli, il miglior allenatore della Fiorentina degli ultimi trent’anni, e ancora attaccatissimo a Firenze.
Ognuno si regoli come gli pare, sui sentimenti non ci sono certezze, ma a me pare un controsenso non essere dalla parte del nostro Paese, anche al netto di errori di valutazioni oggettivi come quello di tenere in rosa Bonucci e mandare a casa Criscito.
Gli Europei tra l’altro rappresentano per me il primo ricordo vivo del calcio, perché ho qualcosa di vago in testa sull’eliminazione contro la Corea nel 1966, mentre resta vivo il sapore della sofferenza per la prima partita di finale contro la Jugoslavia nel 1968, quando stavamo perdendo meritatamente fino all’insperato pareggio di Domenghini a pochi minuti dalla fine.
Fare bene quest’anno sarebbe di aiuto un po’ a tutti, ed è vero che c’è molto marcio nel nostro calcio, ma se si decide di continuare a seguirlo si deve anche accettare che in campo vada, tanto per dire, Buffon, straordinario tra i pali e un po’ meno fuori.
E poi, ripeto, in panchina c’è il “nostro” allenatore, non un santo, come alcuni hanno voluto dipingere, ma certamente un’ottima persona e uno straordinario professionista.