Confesso di aver visto le prime quattro partite della Juve in B col gusto sadico di chi si prende una rivincita dopo trent’anni di sofferenze.
Ora mi sono stufato: vincono sempre, sono bravi e hanno persino dirigenti affabili e disponibili (Secco e Cobolli Gigli).
E hanno soprattutto a rappresentarli uno di loro, uno che ha sempre tifato Juve, uno che “il mio sogno è sempre stato quello di vestire questa maglia”.
Si chiama Valeri Bojinov, esattamente come quello che il primo maggio scorso mi telefonò per chiedermi come mai in televisione io avessi attaccato la sua vita privata e la sua storia con la cantante bulgara.
Era andata proprio all’opposto: io avevo difeso Bojinov dagli attacchi di Agroppi sulle frequentazioni dell’attaccante viola, dicendo che a noi doveva interessare solo il campo (dove faceva poco, veramente poco).
Ma si vede che qualcuno dei cortigiani che lo circondava deve avere un po’ confuso le voci, oppure gli ha riferito male apposta.
Questo nuovo profeta del verbo juventino, che fa il verso a Toni quando segna e che ha eletto Buffon, Nedved e Del Piero a propri modelli, ha pure una curiosa somiglianza fisica con quel ragazzo bulgaro strapagato dalla Fiorentina venti mesi fa che si fece tatuare il simbolo del Collettivo a simbolo del suo indistruttibile amore per Firenze.
Se è il fratello gemello tutto si spiega.
Se invece, per imperscrutabili ragioni delle umane vicende, si trattasse della stessa persona bisognerà smetterla di accusare il genere femminile di volubilità.
Nel calcio, specialmente dalle parti della Bulgaria, c’è chi fa molto, ma molto di più.