Due facce italiane contro i miasmi che si respirano intorno e dentro il calcio di casa nostra: Prandelli e Trapattoni.
Due con cui certe cose neanche ti verrebbero in mente, due persone semplici, due maestri di calcio, sia pure interpretato in modo diverso.
Il titolo è però dedicato al Trap, che a me sembra uguale identico a quando l’ho conosciuto meglio tredici anni fa, nel ritiro di Abbadia San Salvatore.
Stessa grinta, stessa prontezza, stessa voglia di mangiarsi la vita, anche se ha 72 anni, è ricchissimo e non avrebbe sfide da vincere.
Credo che il dopoguerra sia stato un propellente straordinario per uomini e donne che hanno vissuto da bambini prima l’angosciosa incertezza della ripartenza e poi l’entusiasmante consapevolezza che ci sarebbe stato un futuro diverso rispetto alla loro infanzia.
Infatti non ne vogliono sapere di mollare e così ci troviamo pieni di splendidi settantenni che se non rincoglioniscono con le pillole blu, e si fanno di conseguenze fregare la vita da rapaci signore e signorine, ci insegnano ogni giorno qualcosa.