Ho avuto anch’io una fase di grande pericolosità legata al gioco e a ripensarci oggi non ho neanche ben capito come abbia fatto ad uscirne senza danni.
La definirei, tanto per restare in tema, una botta di fortuna, perché tutto è avvenuto in modo naturale: piano piano me ne sono liberato ed oggi mi piacerebbe ancora fare un pokerino ogni tanto (ma chi ha il tempo?) e qualche volta vado a buttare 300/400 euro in un casinò, però è tutto sotto controllo.
Giocare è da idioti, esattamente come bere e fumare, su questo non ci sono discussioni e non sono disposto a fare sconti a nessuno sull’argomento.
Dai 22 ai 24 anni io sono stato un perfetto idiota che passava le nottate nelle bische clandestine che pullulavano a Firenze (chissà se ci sono ancora) ed un altro colpo di fortuna è aver lavorato sempre abbastanza, ma all’epoca molto meno di oggi per via appunto del vizio notturno, per potermi pagare le perdite.
Se avessi cominciato a chiedere soldi agli “amici” che stazionavano vicino a certi bar, mi sarei rovinato completamente, magari trascinando nel vortice dell’usura persone che mi volevano bene.
Per questo provo sgomento e schifo quando leggo della gente che si rovina col gioco, calciatori compresi.
Alcuni presi dal demone della perdita, che è infinitamente superiore, credetemi, al fascino della vincita, altri in preda all’avidità, vizio che regna sovrano nel calcio.
E per qualcuno, soprattutto Signori, mi fa impressione l’assoluta mancanza per se stessi, per chi si è stati e per cosa si è rappresentato per quindici anni.
Ma quel vizio è veramente una molla pazzesca, che ti fa pensare solo a come rifarti, a come riprovare il brivido di una pallina che gira o di una carta che deve uscire: si può essere più imbecilli?