Ho letto l’interessante intervista rilasciata da Diego Della Valle al Pais e concordo sulla montagna di denaro spesa per ripianare i debiti della Fiorentina stagione dopo stagione, debiti dovuti alla volontà di portare i viola in alto e con, lo ricordo ancora, il quinto monte ingaggi d’Italia.
Magari non sono proprio 200 milioni, ma anche se fossero 150/160, come mi risultava fino a poco tempo fa, la sostanza non cambia perché in giro non avremmo trovato assolutamente nessuno disposto a spendere quella cifra.
E a quelli che dicono che se ora la società venisse venduta quei soldi i fratelli Della Valle li riprenderebbero tutti, io rispondo di trovarlo uno disposto ad investire così tanto per una squadra di calcio (da quanto tempo è in vendita la Roma?) e la cessione pezzo per pezzo degli uomini più pregiati oltre ad essere impensabile non porterebbe a quei risultati economici.
Una cosa però mi è oscura: ma noi il primo agosto del 2002 siamo falliti oppure no?
Perché se non fosse così, mi darei di bischero almeno una ventina di volte, visto che quello è stato il mio dolore più lancinante legato al calcio.
Me lo chiedo anche perché non è la prima volta che sento dire a Diego Della Valle che “nel 2002 il sindaco Domenici ci chiese di salvare la Fiorentina dal fallimento”, affermazione ripetuta anche stamani sul massimo quotidiano spagnolo.
A me pare vagamente di ricordare che il calcio italiano ci fece fallire per “appena” 22 milioni di euro e che la celestiale apparizione della famiglia Della Valle avvenne dopo il primo agosto, quando eravamo già in C2, ma può darsi che mi confonda.
Un paio di settimane prima la fu AC Fiorentina era stata messa in vendita (e quindi avremmo continuato a stare in B, là dove ci avevano portato quei mercenari della stagione 2001/02), ma che non si sia presentato nessuno per comprarci e, appunto, salvarci.