Questa ve la devo proprio raccontare perché supera i limiti della mia immagimazione e perché un po’, ma sì diciamolo, mi dispiace perché si sta parlando di uno dei miei giornalisti preferiti, che leggo sempre da almeno vent’anni: Gianni Mura.
Poiché è diventato direttore di E, mensile legato ad Emergency, a cui sono molto legato per via anche di Alberto, che alla sua morte ha donato all’associazione di Gino Strada tutti i suoi averi compresi i quadri, mi viene in mente che potremmo chiamarlo nel Pentasport per parlare della rivista che dirige e magari chiedergli qualcosa di calcio.
Va tutto bene fino a quando da Blu non dicono a Mura che anch’io, cioè il direttore della radio, sono legato a Emergency per quanto scritto sopra.
A quel punto Mura si irrigidisce e dice che non vuole assolutamente parlare con un’emittente diretta da me per via di quanto avevo scritto sul blog qualche anno fa.
Prima reazione: cavolo, ma allora questo blog che non ha finalità commerciali, esattamente come immagino E, ha un grande successo e viene letto nelle redazioni più qualificate.
Seconda reazione: ne ho già tanti che ce l’hanno con me per svariati motivi, adesso se ne aggiunge un altro e Mura è effettivamente un peso massimo, però mi spiace perché la mia stima nei suoi confronti resta la stessa, anche se, visto l’episodio, devo per forza dirottarla sul piano professionale.
Terza reazione: ma quanto siamo permalosi noi giornalisti.
Quarta reazione: non rinnego nulla di quanto scrissi nel luglio del 2007 (quasi quattro anni fa!) a proposito di una foto a Prodi, allora Presidente del Consiglio, immortalata su Repubblica.
Spero che Mura, che c’entra quasi di rimbalzo, abbia davvero letto e non abbia invece avuto il tutto riportato, comunque per lui e per voi ecco il pezzo “incriminato”: fatemi sapere se c’era qualcosa di così offensivo nei confronti della prima firma di Repubblica.

Marchette

Nessuno di noi che fa questo mestiere è sfuggito alla regola della marchetta, che sia di tipo commerciale o fin di bene, nel senso di amici a cui dare una mano.
Si faccia avanti chi non le ha mai fatte e comunque non c’è nulla di male, basta ammetterle e non pensare poi di essere i depositari del verbo giornalistico, come accade invece per tanti colleghi.
Ecco perché stamani mi ha colpito quella pubblicata a pagina 6 di Repubblica, come dire una delle massime autorità del settore, sempre molto attenta a fustigare le altrui malefatte.
Protagonista addirittura il nostro Presidente del Consiglio, immortalato in foto mentre sta per partire con la moglie per le vacanze.
Bagagli già caricati in macchina, sorriso da italiano medio soddisfatto e… cosa tiene in mano la signora Flavia?
La copia del romanzo giallo di Gianni Mura (per me, per inciso, con Sandro Picchi il numero uno in Italia tra i giornalisti sportivi)!
Ora vi sembra possibile che una normale famiglia che parte per il mare carichi tutti le valige in auto e lasci (casualmente) fuori proprio il libro del grande inviato di Repubblica?
Non sarà che il fotografo, approfittando del fatto che Prodi ha davvero acquistato il lavoro di Mura, abbia chiesto di “smarchettare” il tutto, con tanto di foto e pubblicità a costo zero?
Riamaniamo nel dubbio più che legittimo e leggiamoci il libro (che avrei comprato lo stesso anche senza il consiglio del nostro Presidente del Consiglio).

P.S. Poichè alla fine di tutte queste storie da quattro soldi Emergency è più importante di Guetta e Mura, e l’iniziativa di E mi pare veramente meritevole di attenzione, nel ricordo di Alberto, che da lassù se la starà ridendo raccontando a Manuela che me le vado sempre a cercare, ecco un richiamo al giornale tratto direttamente dal sito dell’organizzazione di Gino Strada

E, il nuovo mensile di Emergency. Per chi è stanco di farsela raccontare.
Nasce il nuovo mensile di EMERGENCY. Diretto da Gianni Mura e Maso Notarianni, parla del mondo e dell’Italia che vogliamo. Una rivista bella, utile e intelligente, che racconta storie vere e approfondisce l’attualità ispirandosi ai valori di EMERGENCY: uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale, libertà. Le cose in cui preferiamo credere. E queste non sono favole.