Se fossi stato il responsabile delle comunicazione della Fiorentina, avrei lasciato parlare ieri Cesare Prandelli.
Lo dico con il massimo rispetto per chi svolge quel lavoro improbo, che io non farei mai a cifre normali.
Vorrei cioè un ingaggio da prima firma del giornalismo italiano per andare tutti i giorni a battagliare con quella categoria variegata e con non troppa preparazione culturale media di cui faccio parte anch’io.
Siamo tutti dotati di un ego ad espansione rapida, convinti di subire torti ad ogni mezza frase che non ci va bene e qualcuno di noi (qui però mi escludo) è pure convinto di essere indispensabile all’umanità solo perché sa mettere due parole in croce (ma esiste uno che fa il capo e che scrive il verbo avere senza l’acca e gli altri colleghi misericordiosi lo correggono…), oppure se qualcuno gli dice di averlo ascoltato.
Un lavoraccio, insomma, quello di tenere i rappoprti con i media, una specie di missione da non augurare a nessuno.
Detto questo, ieri era meglio se Prandelli parlava dopo l’articolo frizzante di Benedetto Ferrara, che ha messo a nudo qualche inevitabile nervo scoperto.
Inevitabile perché a questo punto la tensione si sentire, non potrebbe essere altrimenti.
Siccome Benedetto è tra i più seri e preparati tra noi, sono certo che niente del virgolettato di Prandelli è inventato e comunque non è che siano state scritte cose pesanti che potevano ipotecare il futuro rapporto tra il tecnico e la Fiorentina.
Su Prandelli si appoggia adesso l’intero progetto viola, nella tempesta assurda del processo di Roma tutti guardiamo a lui come pilastro per ripartire.
Anche Corvino certo, ma Prandelli è un’altra cosa e poi qui non è che ci si debba mettere a fare classifiche a chi è più bravo.
Ci fidiamo tutti di Prandelli, giocatori, stampa e tifosi: per questo è meglio sentire la sua voce, capire come la sta vivendo lui questa situazione da incubo.