Un tempo il calcio era lo sfogatoio domenicale di una settimana difficile.
Oggi no, oggi è diventato il pretesto per violenze verbali assortite e quotidiane.
Faccio riferimento al Pentasport di ieri, dove un alteratissimo ascoltatore ha attaccato con una cattiveria degna di migliore causa i Della Valle “perché avevano promesso lo scudetto” e perché “con la Fiorentina ci vogliono solo guadagnare”.
Il signore in questione è fra i numero uno della categoria, ma è certamente in buona compagnia, perché poi ci sono anche quelli che non potendo passare Montolivo per le armi (sai com’è, in Italia la pena di morte è stata abolita da qualche anno…), lo vorrebbero degradare, mettere in panchina, forse mandarlo in giro per il centro con un cartello attaccato alla schiena con sopra scritto “io sono un traditore”.
Ma questa gente cosa fa nella vita?
Io all’inizio pensavo che fosse un gioco delle parti, che insomma molti ci facessero e non fossero davvvero come appare nel miserevole modo in cui si rappresentano.
Dal 2001 ho cominciato a ricredermi perché certe follie le ho vissute sulla mia pelle, certe offese, certi sfoghi di gente con gli occhi fuori dalle orbite erano senz’altro (purtroppo) veri.
Esiste davvero una violenza verbale che tendiamo spesso a sottovalutare per comodità e per assuefazione e che invece dovrebbe essere la prima ad essere combattuta, perché è il primo seme dell’altra violenza, quella fisica.
Col passare del tempo anch’io, che sono un pacifista per natura e che avrò fatto a botte due volte in vita mia, intorno ai quindici anni, non riesco più a tollerare certe situazioni e certa gente che si presenta in un modo ed è tutt’altro (ultimo esempio, un insospettabile tipo che conosco da vent’anni e che qualche tempo fa senza alcun motivo mi ha chiamato al cellulare e urlato “ebreo di merda, vengo lì e ti stacco la testa”).
No, io la violenza verbale non la tollero più, e spero di non essere il solo.